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Ambiente / Approfondimento

La pressione dell’industria chimica europea per continuare a esportare pesticidi messi al bando

La Commissione europea si era impegnata ad affrontare una delle pratiche commerciali più problematiche dell’Ue, cioè l’esportazione di sostanze chimiche vietate verso Paesi terzi. Il nuovo rapporto del Corporate Europe observatory mostra l’attività di lobby dei produttori per preservare un “commercio mortale” e ostacolare proposte per fermarlo

Le principali industrie europee del settore dell’agrochimica hanno portato avanti per anni strategie di pressione per evitare una regolamentazione più stringente sull’export di pesticidi altamente dannosi (Highly hazardous pesticides, Hpp) prodotti in Europa e venduti a Paesi terzi. È ciò che emerge da un recente report intitolato “Deadly exports” che racconta come l’industria chimica abbia esercitato e continui a esercitare fortissime pressioni per continuare a esportare anche le sostanze chimiche più pericolose e vietate dall’Ue. Lo ha curato e pubblicato a maggio il Corporate Europe observatory, istituto di ricerca non profit che indaga le attività di lobbying delle grandi corporation sulle politiche europee.

Il report analizza nel dettaglio le strategie di influenza e le tesi prospettate da grandi aziende del settore chimico, dall’associazione di grandi compagnie CropLife, che comprende Basf, Bayer, Corteva, Fmc, Sumitomo e Syngenta, fino ad associazioni nazionali di rappresentanza, come l’italiana Federchimica.

Queste imprese europee avrebbero esportato nel 2022 almeno 81.615 tonnellate di 41 pesticidi altamente pericolosi per la salute e l’ambiente e perciò vietati all’interno dell’Ue, verso Paesi a medio e basso reddito come Sudafrica e Costa Rica.

I Paesi membri dell’Unione hanno vietato l’uso di alcuni tipi di pesticidi tramite una serie di regolamenti e direttive, tra le quali la Direttiva 128/EC sull’uso “sostenibile” dei pesticidi approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio nell’ottobre del 2009. I pesticidi vengono definiti come prodotti fitosanitari contenenti sostanze attive, antidoti agronomici o sinergizzanti e destinati sulla carta a “proteggere” i vegetali da organismi nocivi o a influire sui processi vitali dei vegetali. Tuttavia, gli effetti nocivi dei pesticidi sulla salute umana e sugli ecosistemi sono noti da tempo.

La Direttiva 128/EC vieta perciò la produzione di pesticidi altamente pericolosi e stabilisce un quadro normativo per regolare l’utilizzo di queste sostanze basato sulla collaborazione tra gli Stati membri, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) e le aziende dell’agrochimica. L’obiettivo principale di questa direttiva è promuovere un uso “sostenibile” dei pesticidi in agricoltura al fine di tutelare la salute umana e la sostenibilità ambientale.

Le norme europee miravano a vietare alcuni tipi di pesticidi e a regolamentare l’uso di quelli consentiti all’interno dell’Unione ma non regolavano l’export verso Paesi extra-Ue dei prodotti messi al bando. Infatti, secondo diversi report, le grandi aziende chimiche citate hanno sfruttato questo buco legislativo e hanno esportato per anni prodotti non commercializzabili nei Paesi europei.

Nel 2020 la Commissione europea ha dichiarato di voler affrontare questo vuoto e di volersi porre come esempio nella legislazione ambientale, senza però avanzare nessuna proposta negli anni seguenti. A fronte di questa mancanza d’azione, nel 2022 più di 300 organizzazioni non profit della società civile da tutto il mondo hanno chiesto in un appello comune lo stop dell’export di pesticidi vietati in Europa. Queste organizzazioni hanno criticato il doppio standard portato avanti dall’Ue, che regola (anche se con molti limiti) l’utilizzo dei pesticidi nel proprio settore agricolo ma non riesce a bloccare l’export di quelli più inquinanti, fallendo così nel suo dichiarato tentativo di porsi come guida nella regolamentazione ambientale.

Per aggiornare le norme sui pesticidi, nel 2022 la Commissione ha proposto il nuovo regolamento Sur relativo all’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, che voleva rendere più stringenti le regole sull’utilizzo dei pesticidi. Tuttavia, questo regolamento evitava di affrontare la questione spinosa dell’export di pesticidi, nonostante le pressioni dell’opinione pubblica e le dichiarazioni della Commissione di voler finalmente agire.

Il tentativo della Commissione di regolamentare l’export di pesticidi si è scontrato con un’intensa attività di lobbying da parte delle grandi aziende dell’agrochimica (la sola Croplife Europe ha speso un milione di euro nel 2022), come mette in luce il report “Deadly exports” del Corporate Europe observatory. In particolare, queste aziende sostengono che un divieto dell’esportazione di alcuni pesticidi porterebbe a una perdita economica e di posti di lavoro. Tuttavia il rapporto evidenzia come l’Unione europea nel 2022 abbia esportato 714mila tonnellate di pesticidi agricoli per un valore di 6,6 miliardi di euro. Di questa cifra, 81.615 tonnellate facevano riferimento a 41 tipi di pesticidi vietati nell’Unione (l’8% del totale).

La quantità delle esportazioni di pesticidi vietati non è ingente ma gli effetti sulla salute di questi prodotti sono rilevanti. Per esempio, l’Unione europea nel 2020 ha proibito l’utilizzo del Chlorothalonil per il rischio d’inquinamento dell’acqua potabile e per il rischio di causare il cancro. Tuttavia i Paesi europei hanno continuato a vendere all’estero questo pesticida anche dopo il divieto d’utilizzo interno. Per esempio, nel 2022 hanno esportato circa 900 tonnellate di Chlorothalonil in Costa Rica (302 tonnellate provenienti dalla Germania, 242 dall’Italia). Un’inchiesta di Unearthed, un progetto giornalistico di Greenpeace Regno Unito, ha mostrato che alcune regioni del Costa Rica hanno seri problemi di contaminazione dell’acqua potabile e sono costrette ad utilizzare le autobotti a causa degli effetti del Chlorothalonil.

L’uso di pesticidi altamente pericolosi ha un impatto negativo soprattutto sulla salute degli agricoltori. In Sudafrica l’organizzazione UnPoison monitora l’utilizzo di prodotti agrochimici nel settore agricolo provando a tracciarne gli effetti sulla salute. Nel Paese sono venduti infatti 57 tipi pesticidi altamente pericolosi, vietati in Europa ma esportati dalle aziende europee in questo Paese.

Il doppio standard portato avanti dall’Unione europea è stato criticato da Marcos Orellana, Relatore speciale delle Nazioni Unite su diritti umani e sostanze tossiche. Durante una visita in Sudafrica nel 2023, Orellana ha ascoltato le testimonianze di alcune lavoratici agricole regolarmente esposte a pesticidi pericolosi, che hanno denunciato gravi impatti negativi sulla loro salute. Orellana ha concluso la sua visita chiedendo al governo sudafricano di vietare l’import di questi pesticidi e all’Europa di terminare la vendita all’estero di prodotti vietati nell’Unione. Una forma di sfruttamento coloniale.

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