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Diritti / Attualità

La collaborazione tra l’Università di Bologna e il complesso militare industriale israeliano

L'occupazione dei binari della stazione di Bologna in solidarietà con il popolo palestinese, 28 maggio 2024 © Michele Lapini

Un gruppo di docenti dell’ateneo ha lanciato una petizione online in cui chiede di sospendere immediatamente i progetti di ricerca e collaborazione con il gruppo Thales e l’istituto israeliano Technion. Avrebbero “forti e dirette connessioni con la violazione dei diritti umani dei palestinesi a Gaza e nei crimini descritti dalla Corte internazionale di giustizia”

Un gruppo di docenti dell’Università di Bologna ha lanciato una petizione online in cui chiede all’ateneo più antico del mondo di sospendere immediatamente i progetti di ricerca e collaborazione con il gruppo Thales e l’istituto israeliano Technion, in quanto avrebbero “forti e dirette connessioni con la violazione dei diritti umani dei palestinesi a Gaza e nei crimini descritti dalla Corte internazionale di giustizia”. Ovvero l’ipotesi di condotta genocidiaria, avanzata dal Sudafrica contro Israele, attualmente sotto la lente del più alto Tribunale delle Nazioni Unite.

Finora sono circa 300 i docenti, i ricercatori e il personale tecnico amministrativo che hanno firmato la petizione: si aspettano che l’ateneo bolognese si faccia realmente “portavoce degli ideali di pace e di giustizia nella Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui)”, dando seguito e concretezza all’impegno preso di “discutere il tema del coinvolgimento delle università italiane nei territori palestinesi occupati, nei contesti di guerra e, più genericamente, nella filiera bellica”. 

È con queste parole, infatti, che il Senato accademico dell’Università di Bologna, il 21 maggio scorso, si è espresso, approvando una mozione sulla guerra a Gaza, presentata dai rappresentanti della componente studentesca. 

“La petizione arriva a seguito dei risultati dell’interrogazione sulla due diligence del marzo scorso -spiega Pierluigi Musarò, Professore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi dell’Unibo- e risponde agli obblighi previsti dal diritto umanitario internazionale, cioè evitare qualsiasi complicità con soggetti responsabili delle violazioni dei diritti umani, in questo caso della popolazione palestinese”.

Il 19 marzo, infatti, un gruppo formato da rappresentanze studentesche, docenti e personale amministrativo ha chiesto formalmente alla governance di ateneo di rendere pubblico lo stato delle proprie collaborazioni e delle partnership con realtà militari industriali, in particolare in relazione alla condotta di Israele a Gaza dall’ottobre 2023. 

Ne è risultata una dettagliata disamina dello stato della cooperazione scientifico-tecnica portata avanti da diverse strutture dell’ateneo con istituti universitari israeliani e con alcune aziende che i docenti definiscono “altamente problematiche, poiché direttamente connesse con i crimini di guerra che l’esercito e lo Stato israeliano stanno commettendo nella Striscia di Gaza”. 

Tra queste, ci sarebbero il gruppo Thales e il centro di ricerca israeliano Technion. Il primo, si legge nella petizione, è controllato dal governo francese e partecipato dall’impresa bellica Dassault: è l’undicesimo produttore di armi globale, il quarto in Europa, con proventi legati alla vendita di armi per circa otto miliardi di euro nel 2023. Opera nel settore delle tecnologie aerospaziali, in quelle di difesa e sicurezza (radar e sonar; sensori di target aerei; sistemi di comunicazione radio tattica; sistemi di comando e controllo; veicoli blindati; sistemi navali; missili e droni) e nelle tecnologie di identificazione biometrica e di identità digitale. 

“Con la compagnia israeliana Elbit System -scrivono i docenti- Thales produce il killer drone Hermes 450, utilizzato dall’esercito israeliano contro la popolazione civile e responsabile della strage dei sette volontari dell’Ong World Kitchen, avvenuta a Gaza il 3 Aprile 2024”. O ancora: “la partnership Thales-Elbit System, tramite la sussidiaria Uav tactical system, produce l’ultima generazione di droni-killer Orbiter, utilizzati dall’esercito israeliano in Cisgiordania sin dal 2008 e ora a Gaza”.

Technion, invece, è l’istituto israeliano di tecnologia e “da decenni un centro di ricerca scientifica e tecnologica inscindibilmente legato all’apparato militare israeliano e all’occupazione dei territori palestinesi”. Oltre che “un’istituzione cruciale per lo sviluppo delle tecnologie utilizzate dall’esercito israeliano contro i palestinesi in azioni regolari e diffuse di sorveglianza, furto di terreni, sfratti ingiustificati, restrizioni alla libertà di movimento e repressione violenta”.

Technion è coinvolto anche nello sviluppo per la tecnologia dei droni -si legge ancora- come lo Stealth, che può volare fino a 1.850 miglia e sganciare bombe da 500 chilogrammi tramite controllo remoto.

Il documento passa in rassegna numerosi prodotti e soprattutto le relazioni tra le due aziende in questione con altre società del settore bellico israeliane e di altri paesi come Francia e Gran Bretagna. Il tutto rapportato al conflitto in corso e alle precedenti offensive nella Striscia di Gaza, per le quali, si ricorda, il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali hanno accusato Israele di crimini di guerra. 

Alla luce di tutto questo, ribadiscono i docenti, “si profila la necessità di un maggiore livello di attenzione da parte dell’ateneo, circa le implicazioni etiche delle proprie partnership, al fine di evitare qualsiasi possibilità di complicità con enti e aziende coinvolte nella violazione dei diritti umani della popolazione palestinese e nella potenziale condotta genocidiaria dello Stato di Israele”. 

Si chiede pertanto che l’ateneo si impegni a “sospendere tutte le collaborazioni con soggetti commerciali, industriali e di ricerca, legati all’industria bellica israeliana, a partire, con esito immediato, dal gruppo Thales e dall’istituto Technion”. Di non rinnovare accordi con università israeliane che risultano “complici nella violazione dei diritti umani dei palestinesi, fino a quando il governo israeliano non rispetterà il diritto internazionale”. E infine, di creare un vero e proprio “Osservatorio etico, per il monitoraggio e la valutazione sistematica e continuativa nel tempo di tutte le relazioni che l’ateneo intrattiene con imprese che fanno parte del complesso militare/industriale/energetico, nel campo della ricerca o nella normale gestione operativa e nei rapporti istituzionali, indipendentemente dagli Stati coinvolti”. 

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