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Dieci anni fa veniva assassinato Juan Gerardi, il vescovo che denunciò i crimini di governo ed esercito nella guerra civile guatemalteca. La sua storia nel nuovo libro di Ae

Tratto da Altreconomia 100 — Dicembre 2008

L’Accordo di pace, in Guatemala, compie dodici anni. Ma quella firmata il 29 dicembre del 1996 è una “pace di carta”. Nel 2007, Amnesty International ha registrato 195 attacchi nei confronti di attivisti per i diritti umani, e nell’autunno 2008 ha promosso un appello a favore di Fredy Peccerelli, direttore della Fondazione di antropologia forense del Guatemala. Peccerelli è stato minacciato di morte perché lavora all’identificazione dei cadaveri nelle fosse comuni scavate nel periodo del conflitto interno, contribuendo così all’azione legale contro l’ex governo militare.
Restano valide, così, le parole pronunciate il 24 aprile del 1998 nella cattedrale di Città del Guatemala dal vescovo emerito Juan Gerardi: “Finché non si conoscerà la verità, le ferite del passato resteranno aperte e non si cicatrizzeranno. È necessario restituire la memoria, considerando il ruolo della memoria uno strumento di ricostruzione sociale”: Gerardi quel giorno presentava il rapporto sul genocidio, Guatemala, mai più, risultato di tre anni di ricerche e di oltre 6mila testimonianze raccolte tra le vittime del conflitto interno iniziato nel 1960. “Inventore” dell’Ufficio per i diritti umani dell’Arcivescovato e promotore del progetto Recuperación de la Memoria Historica, Gerardi -che aveva 75 anni- venne assassinato nella sua parrocchia il 26 aprile, per le sue parole e per i contenuti dei quattro volumi del rapporto. “Vescovo massacrato in Guatemala” titolò allora il Corriere della Sera, definendo Gerardi un “crociato dei diritti dell’uomo”. A dieci anni di distanza, Ae pubblica Il vescovo che ruppe il silenzio, il libro che ricostruisce la vicenda umana di Juan Gerardi, il cui omicidio -ha ricordato Alvaro Ramazzini, vescovo della Diocesi di San Marcos, in occasione del decimo anniversario- “si è trasformato in una coraggiosa denuncia di un sistema che per anni ha spogliato i guatemaltechi della loro dignità  e del loro diritto a vivere con gioia e tranquillità. Gerardi conosceva molto bene la realtà indigena e contadina dai suoi anni giovanili come sacerdote e poi come vescovo di Verapaz e del Quiché”.
La Chiesa che sta dalla parte dei poveri subisce ancora minacce di morte, come quelle toccate a Ramazzini nel marzo del 2008, per aver accompagnato le proteste delle comunità della sua Diocesi contro l’apertura di una miniera d’oro a cielo aperto. Resta attuale, cioè, “il sogno immenso del vescovo Gerardi, quello di raggiungere una pace stabile e duratura”.

Maggiori informazioni sul libro di Margarita Carrera, Juan Gerardi. Il vescovo che ruppe il silenzio al link: http://www.altreconomia.it/aeshop/index.php?main_page=product_info&cPath=1&products_id=97

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