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Vicenza in campo contro la militarizzazione

Dal 2015, la città veneta ospiterà un nuovo polo Nato, lo Stability policing Centre of excellence. Si tratta dell’ennesima "struttura", la più conosciuta è senz’altro la base "Dal Din", costruita sull’ex aeroporto Dal Molin. Gli attivisti del movimento "No Dal Molin", nato per impedirne la costruzione, continuano la propria azione "seminando" il terreno del Presidio, che diventa uno spazio dedicato all’orticoltura condivisa e alla biodiversità

Se digitate sul motore di ricerca Google “Del Din Vicenza” sullo schermo del vostro computer compariranno due notizie. C’è un’immagine, sulla destra dello schermo, che raffigura una mano che attacca un adesivo “No Dal Molin” sopra al cartello di divieto d’accesso a una zona militare. Sotto, invece, la prima notizia dà il benvenuto alla pagina in italiano del sito della Us Army Vicenza. La migliore rappresentazione, in una sola schermata, di quel che succede nella città veneta, ancora divisa tra militarizzazione e resistenza alle servitù militari.

L’area dell’ex aeroporto “Dal Molin”, dalla quale il movimento aveva preso il suo nome e dov’è stata costruita la nuova base militare statunitense – 320mila metri quadrati per un appalto da 245 milioni di euro vinto dalle cooperative “rosse” Consorzio cooperative costruzioni (Ccc) di Bologna e Cooperativa muratori e cementisti (Cmc) di Ravenna – è stata ribattezzata "Del Din", ma la sostanza non cambia: sono ancora in tanti in città a mobilitarsi per costruire una Vicenza libera dalle servitù militari.

Tanto più ora che Vicenza si candida a diventare la città più militarizzata d’Europa: nei primi giorni di marzo palazzo Trissino, sede del Comune, ha ospitato la prima conferenza internazionale sul nuovo Stability policing Centre of excellence (Sp Coe), un polo Nato che metterà “a disposizione dell’Alleanza atlantica le professionalità (…) per assistere la Nato nella stesura, sviluppo, sperimentazione e validazione di nuovi concetti e procedure”, ovvero “garantire lo stato di diritto e la protezione dei diritti umani nelle operazioni di pace e nel contribuire al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica”, come spiegato dall’Arma dei Carabinieri, capofila del progetto per conto dello Stato maggiore della Difesa con il supporto dell’Allied command for transformation (Act) della Nato.

L’Sp Coe dovrebbe essere operativo dall’inizio del 2015, nella caserma Chinotto che già ospita dal 2005 il Coespu (Center of excellence for Stability police units), un centro di formazione per le “forze di pace” dell’Arma dei Carabinieri, e  dal 2006 la Forza di Gendarmeria europea (Eurogendfor), un’iniziativa multilaterale tra Francia, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Romania per “rafforzare le capacità di gestione delle crisi internazionali”, come si legge sul sito www.eurogendfor.org.

Per orientarsi tra le numerose strutture militari presenti a Vicenza e provincia (basti pensare a quel che si nasconde sotto i colli Berici, come Site Pluto, costruita nel 1954 a Longare come deposito di munizioni nucleari per gli Usa), il Presidio No Dal Molin ha predisposto la mappa “Militare verso civile”, consultabile anche on-line a questo link.

Ma l’approdo della mobilitazione contro le servitù militari resta sempre lo stesso: il terreno del Presidio, 3.400 metri quadri acquistati collettivamente nel maggio del 2009 da 530 cittadini con quote da 100 euro ciascuno. È da qui che riparte oggi il movimento – dopo aver dismesso i tendoni montati 8 anni fa nel campo di sorgo che guardava al Dal Molin -, con un nuovo progetto per trasformare quel terreno in uno spazio dedicato all’orticoltura condivisa, alla biodiversità, alla tutela e alla riscoperta dei frutti della terra. “Vogliamo riprogettare quello spazio a partire dal rifiuto della guerra e dalla volontà di costruire percorsi attivi per la pace – spiegano i No Dal Molin -; dalla tutela del territorio e dalla valorizzazione dei beni comuni; dalla ricerca di pratiche e forme di democrazia che impediscano all’imposizione di diventare strumento di governo del territorio, come è avvenuto alla città del Palladio nella vicenda Dal Molin”.
Il primo passo è stato fatto con la “semina collettiva biodiversa” promossa dal Gas No Dal Molin lo scorso 16 marzo, per preparare l’orto estivo del Presidio: oltre a uno spazio per l’orticoltura condivisa, il Presidio ospiterà un giardino delle aromatiche, un campo sperimentale per la coltivazione dei cereali antichi del Veneto (in collaborazione con l’Associazione veneta dei produttori biologici, A.ve.pro.bi.) e uno spazio al coperto per ospitare assemblee, laboratori e momenti di didattica alla pace e di educazione ambientale.

Queste idee saranno presentate pubblicamente tra il 24 aprile e il 1° maggio al “Terre resistenti festival” (tutti i dettagli su www.nodalmolin.it), una settimana di incontri itineranti, attraverso diversi spazi resistenti della città di Vicenza, ma che avrà il suo cuore al Presidio No Dal Molin. Per l’occasione in quel campo sarà montato di nuovo un tendone, abbracciato dalla prima porzione di terra coltivata a orto, “perché la terra libera dalle servitù militari diventi spazio da coltivare secondo pratiche di resistenza”, spiegano i promotori.

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