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Vaccino italiano contro l’AIDS. Il destino dei brevetti, 19 anni dopo gli annunci
In occasione del 1° dicembre, Giornata mondiale contro l’AIDS, facciamo il punto sul progetto di ricerca portato avanti dall’Istituto superiore di Sanità dal 1998. I risultati clinici non ci sono ancora, nonostante 28 milioni di euro di finanziamenti pubblici. Mentre alcuni brevetti sono stati ufficialmente ceduti a una Srl privata. L’ISS: “Tutto legittimo”
“Contro l’Aids un vaccino made in Italy”, annunciava la stampa nazionale diciannove anni fa a proposito del traguardo scientifico promesso dalla dottoressa Barbara Ensoli, direttore del Centro nazionale Aids in seno all’Istituto superiore di Sanità. “La proteina virale Tat -spiegava Ensoli nel maggio del 1998 a Il Messaggero– potrebbe avere una duplice applicazione sia di tipo preventivo sia di tipo terapeutico”. Non si è ancora visto nulla di quanto promesso. Se non un epilogo paradossale. Facciamo un passo indietro.
La stagione degli annunci roboanti sul “vaccino italiano” iniziata nel 1998 s’interrompe nella primavera 2014, con la pubblicazione della nostra inchiesta “Aids, dov’è il vaccino” dalla quale emerge che l’ISS aveva riconosciuto una “opzione esclusiva della durata di 18 mesi per l’utilizzo dei brevetti” del cosiddetto “vaccino” a favore di una società chiamata “Vaxxit”. A fondarla era stata proprio Barbara Ensoli, in principio socio di maggioranza con il 70% delle quote. Ad amministrarla, invece, Giovan Battista Cozzone, esperto di brevetti che dal maggio del 2009 era stato consulente quadriennale per conto (e perciò nell’interesse) dell’ISS in materia di “trasferimento tecnologico”.
Lo “scandalo” del vaccino finanziato con risorse pubbliche per oltre 28 milioni di euro costrinse l’Istituto al passo indietro. La concessione prima garantita venne revocata all’inizio del novembre 2014 dall’allora commissario straordinario dell’ISS poi nominato presidente, professor Gualtiero Ricciardi. Motivo: “note di criticità emerse” e “significative riserve in ordine al riconoscimento della società Vaxxit Srl quale spin-off”. Ma la saga del “vaccino italiano” -clinicamente fermo- conosce oggi un altro capitolo che sembra smentire quel “passo indietro” voluto e deliberato dall’ex commissario Ricciardi. Vaxxit, nonostante l’Istituto superiore di Sanità abbia dichiarato che “non esistono spin-off dell’ISS relativamente allo sviluppo del vaccino e tantomeno esiste una collaborazione formale con Vaxxit”, continua ad avere in pancia due “diritti di privativa industriale” su altrettanti brevetti in parte riconducibili alla ricerca pubblica dell’Istituto: si tratta del PCT/EP2011/001606 “IMMUNE THERAPY” e del PCT/EP2014/051277 “VIRAL VACCINES”.
Presso l’European Patent Register, Vaxxit risulta “applicant” dei due brevetti e le procedure di riconoscimento risultano in corso e con aggiornamenti recentissimi. Per il primo, addirittura, l’avanzamento è al “Communication of intention to grant the patent” (luglio 2017). Come è stato possibile? Quando e attraverso quali atti la Vaxxit ha potuto beneficiare del trasferimento dei diritti di privativa industriale da parte dell’Istituto “stoppato” dalla “disposizione commissariale” del novembre 2014? L’ISS, per la prima volta, ha risposto a queste nostre domande. “La titolarità dei brevetti a cui si riferisce appartiene al ricercatore che lo ha inventato”, ha fatto sapere ad Altreconomia l’Istituto citando il Codice della proprietà industriale regolato da un decreto legge del 2005 (DL 30/2005). “La cessione non è stata dunque rilasciata alla Vaxxit dall’ISS, che non ha sostenuto alcun costo, ma dalla dottoressa Ensoli, autore e titolare, al fine di consentirne l’ulteriore sviluppo industriale, come auspicato dall’Europa e dai vari governi italiani per favorire la crescita e maggiore competitività dell’Europa e del nostro Paese, rispettivamente”.
Dunque, Barbara Ensoli ha ceduto quei brevetti a una società da lei co-fondata e di cui è stata socio di maggioranza fino al gennaio 2016 (oggi il 95,05% fa capo alla 3 I Consulting Srl di Cozzone e il restante è diviso tra sei soci). Era lei la “titolare”, dice oggi l’ISS. Non più tardi di tre anni anni fa, però, all’inizio del “caso Vaxxit” sollevato dalla nostra inchiesta, lo stesso Istituto superiore di sanità aveva diramato un comunicato stampa dove precisava che i “brevetti” in questione rimanevano assolutamente “in capo a ISS”. Che cosa è successo nel frattempo?
C’è di più. Il Codice della proprietà industriale che cita l’ISS prevede che “Le Università e le pubbliche amministrazioni, nell’ambito della loro autonomia, stabiliscono l’importo massimo del canone, relativo a licenze a terzi per l’uso dell’invenzione, spettante alla stessa università o alla pubblica amministrazione ovvero a privati finanziatori della ricerca, nonché ogni ulteriore aspetto dei rapporti reciproci”. E ancora, al comma 3, “Nel caso in cui le università o le amministrazioni pubbliche non provvedano alle determinazioni di cui al comma 2, alle stesse compete il trenta per cento dei proventi o canoni”. Tradotto: l’ISS, per legge, avrebbe comunque dovuto giocare un ruolo decisivo nella cessione dei brevetti, in tema di “canone relativo a licenze a terzi per l’uso delle innovazioni” ed “ogni ulteriore aspetto dei rapporti reciproci”. L’ha fatto? Sul punto l’ISS non ha risposto, limitandosi a dire che “La dott.ssa Ensoli, pertanto, in qualità di autore (o co-autore, come nel caso del secondo brevetto), ha lecitamente ceduto le proprietà a Vaxxit Srl”.
Quei brevetti sono andati, punto. Non solo. Fino all’inizio di novembre 2017, il portale dell’ISS dedicato al Centro nazionale AIDS, nella pagina “Brevetti”, rimandava il visitatore/utente ai riferimenti personali del dott. Giovanni Cozzone, già consulente dell’ISS (fino al 2012, però) ma oggi amministratore unico della società privata che detiene la maggioranza delle quote di Vaxxit (intestataria dei brevetti un tempo “in capo all’ISS”). Uno scenario paradossale. All’Istituto superiore di Sanità non se ne erano accorti. “Per quanto riguarda la presenza del riferimento del Dr. Cozzone sul sito ISS, essa era dovuta al mancato aggiornamento del sito, attualmente in corso di riorganizzazione. La ringraziamo, pertanto, per la segnalazione che ne ha accelerato la rimozione”.