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Ambiente / Reportage

Un paradiso di mangrovie rifiorisce in aree deforestate dello Sri Lanka

Thilina Kumarasiri, ricercatore senior della Ong Wnps e manager del progetto di restaurazione delle mangrovie mentre controlla la crescita delle piante nel Santuario della fauna di Anawilundawa © Monica Pelliccia

Nel santuario della fauna di Anawilundawa, a due ore dalla capitale Colombo, le famiglie di pescatori, le università e le Ong lavorano per ripristinare gli ecosistemi danneggiati per far spazio ad allevamenti intensivi di gamberi

Tratto da Altreconomia 274 — Ottobre 2024

“Non conoscevo i benefici delle mangrovie. Le tagliavo per estrarre il tannino dalla corteccia e usarlo come colorante per reti da pesca più durature”, racconta il pescatore Marcus Thissera, mentre sorseggia un tè chai speziato e mangia un dolce al cocco con sua moglie, dopo aver scaricato dei gamberi appena pescati. Thissera, 48 anni, vive nel villaggio di Pathupanthiya, all’interno del santuario della fauna di Anawilundawa, nella parte Nordoccidentale dell’isola dello Sri Lanka.

Per i pescatori di questa zona in passato era comune tagliare le mangrovie, come faceva anche il vicino Sampath Thissera, 41 anni, che le utilizzava come legno da costruzione. Nel santuario di Anawilundawa questi alberi erano già molto scarsi a causa della deforestazione avvenuta tra gli anni Ottanta e Novanta per lasciare spazio agli allevamenti intensivi di gamberi in acquacoltura.

Col passare degli anni però molto è cambiato. Dal 2020, Marcus e Sampath sono tra i leader del progetto per la conservazione della fauna selvatica che ha recuperato 45 ettari di specie autoctone di mangrovie in Anawilundawa. L’obiettivo è ripristinare l’ecosistema in quest’area di 1.379 ettari protetta dalla Convenzione internazionale per le aree umide di Ramsar, che ospita oltre 150 specie di uccelli acquatici. Si tratta del progetto “Accelerazione della rigenerazione naturale delle mangrovie” del dipartimento per la Conservazione della fauna selvatica del governo dello Sri Lanka, dell’Ong Wildlife & nature protection society (Wnps), con il supporto del Lanka environment fund, dell’Università di Wayamba e di altri finanziatori. Ha vinto il World restoration flagship award delle Nazioni Unite che celebra le migliori iniziative di recupero degli ecosistemi per approccio scientifico e per inclusione delle comunità circostanti, presenti da prima che l’area fosse dichiarata santuario della biodiversità dal governo nel 1997.

L’attuale presenza di mangrovie in Sri Lanka è stimata tra i 15mila e i 19mila ettari, circa lo 0,3% della superficie nel Paese. Una percentuale bassa che mette l’isola a rischio per gli impatti della crisi climatica e dei disastri naturali, ai quali è molto vulnerabile secondo la classifica del Global climate risk index. Lo tsunami che ha colpito lo Sri Lanka nel 2004, risparmiando alcuni villaggi protetti dai mangrovieti, ha dimostrato l’importanza delle mangrovie come barriere naturali per mitigare l’energia degli eventi estremi. E non solo. Hanno anche un ruolo cruciale per l’assorbimento di anidride carbonica, in percentuale maggiore di quello delle foreste tropicali. Dal 2015, il governo dello Sri Lanka è stato il primo a proteggere legalmente tutte le sue foreste di mangrovie. Un progetto che si è scontrato con la distruzione di oltre il 50% di questo habitat mentre infuriava la guerra civile a fine anni Novanta. A quel tempo, estesi mangrovieti sono stati deforestati e cementificati per far spazio agli allevamenti di gamberi in acquacoltura trattati con pesticidi.

Nello Sri Lanka tra gli anni Ottanta e Novanta la deforestazione ha ridotto le foreste di mangrovie allo 0,3% della superficie del Paese. Facendo venir meno un’importante barriera contro eventi meteorologici estremi e catastrofi naturali, come lo tsunami che ha colpito il Paese nel 2004

Durante gli anni del conflitto anche Marcus Thissera e altri pescatori hanno lavorato in questi allevamenti. “Ho partecipato fin dall’inizio alla raccolta di semi, alla gestione del vivaio e alla piantagione, come lavoratore salariato”, racconta Marcus, seduto nel giardino di casa tra le reti da pesca all’ombra di palme tropicali. Sua figlia, ventenne, è coinvolta nelle attività complementari del progetto di formazione alla micro-imprenditoria femminile, mentre suo figlio, come tanti giovani cingalesi, è emigrato in Giappone in cerca di opportunità.

Le prime attività di semina del progetto sono iniziate nel 2021 durante la profonda crisi economica. Lo Sri Lanka ha infatti dichiarato la bancarotta nel maggio 2022: in quel periodo mancavano generi primari come cibo, medicine, carburante ed elettricità. A oggi l’economia mostra una moderata ripresa secondo la Banca mondiale e si sono appena svolte le elezioni politiche, lo scorso 21 settembre.

Nel santuario di Anawilundawa il progetto è riuscito a trasformare un’area erosa e cementificata in un piccolo paradiso di mangrovie, situato a due ore di macchina dalla capitale Colombo. Il lungo lavoro scientifico è iniziato grazie al supporto della Marina militare che ha effettuato una mappatura a livello idrologico delle paludi per capire i dislivelli dove ricostruire i canali e iniziare il lavoro. Gli altri studi preliminari sono serviti a individuare le specie di mangrovie adatte, coinvolgendo dieci comunità locali.

Il pescatore Sampath Thissera mostra i gamberi pescati nella laguna vicino al villaggio di Pathupanthiya. Il ripristino delle mangrovie ha favorito il ritorno di diverse specie animali e vegetali © Monica Pelliccia

“Quando abbiamo iniziato le famiglie di questi villaggi non conoscevano molto delle mangrovie, erano solo preoccupate dall’erosione costiera, mentre adesso si prendono cura del progetto in ogni sua parte e vengono retribuite”, spiega Thilina Kumarasiri, ricercatore senior della Ong Wnps e manager del progetto. Sono in corso anche altri studi scientifici a lungo termine, come quelli di Samangi Alawattegama, Gavindya Kawshani e Deshika Sooryakumari, tre giovani ricercatrici di diverse università del Paese che stanno studiando la fioritura delle mangrovie, la copertura forestale con immagini satellitari e la presenza di specie come il mollusco Terabraria palustris che si nutre delle foglie delle mangrovie.

Dopo tre anni di lavoro nei 45 ettari interessati dal progetto sono stati costruiti tre canali dove le mangrovie ormai cresciute dominano il paesaggio e si specchiano nelle paludi. Le radici emergono da terra e nella parte opposta della pianta le foglie si mescolano con specie spontanee come la felce Thepesia popoluea e le siepi frangivento di Tamarix indica. Mentre il ricercatore Gavindya Kawashani misura il pH dell’acqua, come parte dei controlli di routine, sul canale volano diverse specie di uccelli acquatici, parte del ricco ecosistema. Sulla riva invece vivono oltre settanta specie di farfalle, venti di mammiferi e quattro di serpenti velenosi che strisciano tra le mangrovie, che i ricercatori e le ricercatrici attraversano pestando i piedi per evitare di incontrare. Al lato dei canali costruiti in Anawilundawa, rimangono però tante zone deforestate da recuperare dove ci sono ancora le dighe abbandonate che venivano usate per l’acquacoltura. “Sono stati piantati oltre 20mila semi di mangrovie che hanno attratto più di 25 specie di animali; infatti sono fondamentali per il ripristino degli ecosistemi come elemento di accelerazione del ritorno di altri tipi di piante e animali. Finora abbiamo recuperato 13 specie di mangrovie (tra cui la Rhizophora mucronata) e queste hanno attratto altrettante specie spontanee (come la Avicennia marina e la Avicennia officinalis) -conclude Kumarasiri-. Il nostro impegno è continuare a piantare migliaia di semi in futuro e così accelerare la rigenerazione naturale dell’ecosistema”. Mentre si cercano nuovi finanziamenti per far avanzare il progetto nel santuario faunistico, i prossimi passi saranno la divulgazione in 13 scuole circostanti, la costruzione di un polo di ricerca scientifica e la promozione dell’ecoturismo per creare opportunità lavorative.

“Il progetto funziona grazie all’importante lavoro di ricerca scientifica e al coinvolgimento delle comunità locali per prendersi cura a lungo termine delle foreste di mangrovie -spiega Mehak Sangani, responsabile mangrovie del Lanka environment fund-. In Sri Lanka, dopo lo tsunami del 2004, sono sorti numerosi progetti di recupero ecosistemico delle mangrovie ma sono durati poco a causa della mancata partecipazione delle comunità”. Tra le motivazioni che spingono le famiglie a partecipare c’è anche la pesca, indebolita dalla crisi climatica e dall’erosione costiera su cui hanno inciso anche i lavori in corso del Port City Colombo, complesso mercantile di proprietà cinese costruito per ampliare gli scambi con l’Asia. “Recentemente siamo tornati a pescare nei canali a seguito della crescita delle foreste di mangrovie”, conclude Marcus.

Come lui, molti vicini hanno ripreso a pescare gamberi e pesci scavando con le mani nude nelle acque paludose dei canali, per poi conservarli in taniche di plastica prima di consumarli a casa o vendere le eccedenze al mercato. Anche le nuove generazioni sono coinvolte come Sasheen, 17 anni, figlio del pescatore Samphat Thissera. Il ragazzo, dopo la scuola, inizierà a lavorare col padre per la nuova stagione di semina. “A partire da metà settembre abbiamo iniziato a raccogliere i semi -conclude Samphat-. Poi saremo pronti a costruire il nuovo vivaio per lavorare insieme tra le mangrovie: buone per l’ambiente e per far tornare i pesci nelle nostre reti”.

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