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Altre Economie

Terreni fertili per rifugiati

A Boveglio, in Lucchesia, alcuni giovani indiani e pakistani, in Italia in attesa dell’asilo, hanno recuperato terreni agricoli marginali e producono per un Gas

Tratto da Altreconomia 141 — Settembre 2012

Shekar, indiano, è emigrato in Libia da qualche anno quando scoppia la guerra civile. Fa il contabile, ha un buon lavoro. La caduta del regime di Muammar Gheddafi lo porta in Italia. “Non potevamo restare lì, perché tutti possedevano armi e gli stranieri avevano problemi: molti venivano derubati, picchiati e obbligati a combattere contro i ribelli”. Insieme a un gruppo di pakistani arriva a Lampedusa l’11 giugno del 2011. Una rapida carambola di spostamenti, per poi finire a Boveglio, un paese di 100 abitanti nel Comune di Villa Basilica al confine fra le province di Lucca e Pistoia.
In Toscana, dove è stato scelto un modello di accoglienza il più possibile diffuso sul territorio e con gruppi di poche persone. Gli abitanti di Boveglio, all’inizio, guardano con sospetto quella decina di uomini di pelle scura venuti da chissà dove. Il ghiaccio si rompe subito: ospitati nella canonica della chiesa di Boveglio, gestita dalla cooperativa Odissea che ha in carico diversi centri per la cosiddetta “emergenza nordafricana”, i nuovi arrivati non restano con le mani in mano, e creano una comunità che funziona, nonostante “l’emergenza”. All’inizio sistemano i locali della vecchia casa: ridipingono le pareti, montano la nuova caldaia a legna, liberano l’ambiente da muffe sedimentate da tempo, sistemano e posizionano i mobili che trovano nelle isole ecologiche. Li sostengono gli operatori della cooperativa “che -precisa il presidente Valerio Bonetti- ha utilizzato tutti i fondi messi a disposizione dalla Protezione Civile per progetti che potessero essere utili ai ragazzi, sia a Boveglio, sia negli altri centri gestiti in provincia di Lucca”. Per accompagnare Shekar e i suoi compagni -Iqbal, Sharif, Shabir Hussain, Waqas, Rasheed, Gulam Shabir e Rafiq- nei primi mesi in Italia, la cooperativa sceglie Silvia e Michela, due giovani operatrici che vivono nel paese, che si attivano subito per farli dialogare con gli abitanti.
“Dopo che avevano sistemato la casa -racconta ancora Valerio Bonetti-, si sono guardati attorno con curiosità e vivacità imprenditoriale. Intorno alla casa c’erano molti campi abbandonati da anni, che i residenti della zona non riuscivano più a seguire né a tenere puliti. Hanno così pensato che rimetterli a coltura potesse essere il loro compito, per non stare qua a perdere tempo. Grazie anche alla mediazione delle operatrici, gli ospiti si sono messi in contatto con i proprietari i quali hanno accettato di buon grado di autorizzarli a lavorare quei terreni”.
Attrezzi alla mano, Shekar e  gli altri iniziano a disboscare i terreni circostanti dall’abbandono di molti anni. Si informano dagli anziani del paese sui prodotti agricoli che hanno più possibilità di crescere in quell’ambiente, e così riprende vigore la coltivazione della patata e dei fagiolini tipici di Boveglio. I proprietari dei terreni fanno a gara per affidarli a loro. In cambio, chiedono solo che siano tenuti puliti e produttivi e mettono anche a disposizione motocoltivatori e utensili. Ma il grosso del lavoro è fatto a mano nei ripidi poggi che circondano il paese, così come la costruzione dei recinti per impedire ai tassi e ai caprioli di rovinare il raccolto. “Le persone qua sono gentili e aperte, spesso ci vengono a trovare per socializzare; ci hanno dato i campi e noi li curiamo meglio che possiamo” raccontano i ragazzi che nel frattempo stanno frequentando corsi per imparare l’italiano.
Ogni ospite ha in affidamento una parcella di terra, mentre dietro la casa canonica tutti insieme puliscono i poggi pieni di rovi e si mettono subito all’opera per creare un orto comunitario, utile anche ad alleggerire le spese di vitto della cooperativa e a provvedere in parte alla loro sussistenza. Nell’opera vengono aiutati dall’associazione di volontariato “La cicoria” nata proprio per accompagnare le comunità di immigrati nella scoperta dei valori, e delle capacità, dell’agricoltura.
Nelle cantine utilizzano le vecchie gabbie per i conigli per allevare i pulcini, che poi finiscono nel pollaio rimesso a nuovo. “Appena arrivati -racconta ancora Shekar- la cooperativa ci ha parlato delle convocazioni delle commissioni per la richiesta di asilo, e ci ha detto che sarebbe stato necessario molto tempo. Questo periodo per noi è complicato perché non guadagniamo niente e le nostre famiglie hanno bisogno di soldi. Non ci siamo arresi e stiamo risolvendo con l’aiuto della cooperativa i nostri problemi economici, con tanti progetti, come l’agricoltura, l’avicoltura, la sartoria, la preparazione di cene e i lavori in Pizzorna”.
La Pizzorna è un altipiano che sovrasta la piana di Lucca, ambìto d’estate da chi vuole passare piacevoli giornate al fresco. In cima c’è un parco, un parcheggio e un’area in cui spesso viene organizzato un mercato all’aperto. Sapendo della necessità dei ragazzi di lavorare, e della loro umiltà e disponibilità, il sindaco di Villa Basilica Giordano Ballini prende al balzo l’occasione.
“Abbiamo seguito fin dall’inizio il percorso di integrazione -spiega-, senza riscontrare alcun tipo di problema. E abbiamo proposto alla cooperativa un piccolo progetto: affidare ai ragazzi la gestione del parcheggio estivo tramite la vendita dei ‘gratta e sosta’. Oltre a distribuire e controllare i tagliandi, gli ospiti della comunità si sono resi disponibili a sorvegliare i nuovi bagni posizionati sull’altipiano e anche a fare servizio di spazzamento il lunedì, dopo che la domenica la zona è invasa dai turisti. Il Comune ha messo loro a disposizione scope, sacchi, giacchetti e scarpe antinfortunistiche, per svolgere il lavoro nella massima sicurezza”. “Lavorando con la comunità delle Pizzorne -aggiunge Ballini- abbiamo anche favorito il dialogo con i proprietari delle case, che adesso fanno a gara per affidare ai ragazzi i lavori di giardinaggio, oppure di sistemazione delle staccionate. Vorremmo coinvolgerli anche nel servizio di spazzamento di due frazioni del Comune. Sottolineo che eravamo in difficoltà a trovare persone che prendessero in carico la gestione di questi servizi, in particolare dei bagni pubblici”.
I ragazzi adesso vogliono rimanere, ma molto dipenderà dall’evoluzione della “emergenza” (vedi l’articolo a p. 22). “Ci piacerebbe potessero restare -conclude il sindaco-. La nostra zona è particolare: offre occasioni di lavoro, anche nelle officine meccaniche, e chi lavora bene viene premiato”. “Si sono attivati intorno all’agricoltura -racconta Valerio Bonetti di Odissea- e ne sono entusiasti, il paesaggio e l’ambiente sono migliorati, la convivenza fra la comunità e il paese è eccellente, e nell’agricoltura vedono anche una possibile prospettiva di vita una volta che otterranno, come si spera, l’autorizzazione a rimanere in Italia”.
Intanto le patate e i fagiolini crescono velocemente. “I nostri sono prodotti biologici -spiega ancora Shekar-, e siamo riusciti a fare un accordo con un gruppo d’acquisto solidale per venderli. Ci piacerebbe avere altre occasioni di commerciare i prodotti: oggi intanto le uova delle galline le distribuiamo in paese.
Grazie a tutto questo viviamo con più dignità e possiamo mandare alle nostre famiglie un po’ di soldi”. —

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