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TAV Torino-Lione, i conti non tornano
Gli 813 milioni di euro di finanziamento europeo concesso a fine giugno non rappresentano che il 3 per cento dell’investimento necessario per la realizzazione dell’Alta velocità tra l’Italia e la Francia. Coprono -e in parte- solo quelli della tratta transfrontaliera del tracciato. In un documento di febbraio 2015, inoltre, un organo della presidenza del Consiglio dei ministri avvertiva che il costo complessivo dell’opera era ancora indeterminato
A fine giugno la Commissione europea ha annunciato un finanziamento pari a 813 milioni di euro per la realizzazione della tratta Alta Velocità Torino-Lione. In molti hanno sottolineato come l’UE abbia così deciso di "finanziare" il 40 per cento dei lavori, rispettando le previsioni. Ma il costo stimato dei lavori per il Tav Italia-Francia è di circa 26 miliardi di euro, di cui 813 milioni rappresentano appena il 3%. Ciò significa, nuovamente, che c’è molta confusione intorno ai conti -che non tornano- della AV ferroviaria, e che la vicenda sia un pochino più complessa.
Intanto è necessario dire che il cofinanziamento europeo riguarda solamente la tratta transfrontaliera, cioè la parte di tunnel a cavallo tra i due Stati. Il costo totale di tale galleria è di almeno 8,84 miliardi anche se, come abbiamo provato a spiegare sul numero di febbraio, sarebbe più corretto parlare di 11,97 miliardi.
Per questa tratta trasnfrontaliera i proponenti assicuravano di poter contare su un contributo europeo del 40%, quindi all’Italia sarebbe restato da pagare poco più di 4 miliardi e alla Francia poco più di 3 (questo in virtù del fatto -è bene ricordarlo- che l’Italia copre il 58% dei costi di questa tratta, nonostante sia per il 78% in territorio francese).
Ora, il 24 febbraio 2015, pochi giorni dopo la costituazione di TELT (Tunnel Euralpin Lyon Turin) -il soggetto giuridico che gestisce il progetto TAV, dopo averlo ereditato da LTF- viene inviata una lettera di richiesta di cofinanziamento alla Commissione europea, firmata dai ministeri delle Infrastrutture e dei Trasporti italiano e francese, in cui si dichiara che per quanto riguarda il periodo 2014-2020 i due Stati avrebbero speso 3,06 miliardi di euro per costruire la prima parte della tratta transfrontaliera.
Per questo motivo, la richiesta di cofinanziamento all’UE è di 1,28 miliardi (il 40% di 3,06 miliardi). Invece la Commissione, come si può leggere nella lista dei progetti cofinanziati in tutta Europa, "valuta" e considera ammissibile per quella prima tratta non una spesa di 3,06 miliardi ma "solo" 1,9. Ne consegue che il contributo scende a 813 milioni. Decisamente meno rispetto a quanto si aspettavano i proponenti: stiamo parlando infatti di 467 milioni di euro in meno rispetto alle previsioni: il contributo, cioè, è pari al 26,57% del costo "certificato" da TELT, e non al 40%.
Continuiamo con i calcoli: se il 40% del contributo vale 813 milioni, ne consugue che l’opera totale dovrebbe costare -cioè aggiunte le risorse francesi e italiane- 2,03 miliardi al 2020 invece dei 3,06 dichiarati. Manca un miliardo, rispetto alle stime del proponente.
Mario Virano, direttore generale di TELT dopo esser stato presidente dell’Osservatorio sulla Torino-Lione, in un comunicato stampa preferisce soffermarsi sull’ottenimento del finanziamento europeo invece di spiegare questa “mancanza”: "Stratta di un risultato straordinario che conferma l’importanza strategica della Lione-Torino per l’Europa. Ci impegneremo per iniziare i lavori principali entro il 2017".
Nonostante l’ottimismo del Direttore rimane da spiegare perché l’Europa non abbia valutato il costo dell’opera da qui al 2020 in 3,06 miliardi. Secondo l’ufficio stampa della società italo-francese, interpellata da Altreconomia, in realtà, la “Commissione, dovendo gestire un numero elevatissimo di adesioni (681 richieste, nda) ha deciso di anticipare, per tutti i progetti, l’orizzonte di riferimento al 2019 anziché al 2020, prevedendo però, già nel 2018, il lancio di una nuova tornata di finanziamenti”.
Perciò, secondo TELT, il resto della cifra verrà assicurata da nuove tranche che completerebbero la parte mancante della copertura finanziaria richiesta in origine, arrivando così a coprire i 3,06 miliardi domandati all’UE. Tali tranche aggiuntive tra il 2018 e il 2019 sarebbero “garantite dall’impegno politico-programmatico della UE per l’intera opera”.
Di questo impegno però non c’è traccia. Nel documento “Proposal for the selection of projects” reso pubblico il 10 luglio e contenente le valutazioni dei progetti, non c’è alcun riferimento al fatto, come sostenuto da Virano, che i fondi sono da intendersi solo fino al 2019. Lì c’è scritto "end date December 2020".
Abbiamo chiesto direttamente alla Commissione europea, ma al momento della pubblicazione di questo articolo non ci è pervenuta alcuna risposta.
E non è nemmeno stato possibile -come da noi richiesto- consultare il dossier della richiesta all’UE da parte della TELT. Tutto ciò che ci è dato sapere, come riporta nella sua risposta l’ufficio stampa, è che “ha risposto al bando europeo che chiedeva di evidenziare anno per anno le opere ed il conseguente fabbisogno finanziario per il periodo 2014/2020, ovvero il periodo di vita istituzionale dell’attuale Commissione Juncker” e di come la cifra richiesta (3,06 miliardi) sia stata certificata “a opera di un raggruppamento di engineering belghe scelte a valle di una procedura pubblica di selezione a livello europeo”.
"Lo studio di 440 pagine sul Corridoio mediterraneo che la Commissione europea ha pubblicato a dicembre 2014 -spiega Luca Giunti, guardaparco e attivista NoTav- afferma che il percorso tra la Spagna e l’Ungheria presenta criticità diffuse che vanno dal diverso scartamento ai software di segnalazione, dai nodi urbani alle interconnessioni, dalle tratte mai progettate alle scelte divergenti che ogni Paese adotta". Insomma, il pezzettino tra Torino e Lione non sembra l’unico incerto, anzi. "Spulciando i dati raccolti, si apprende poi che tra Spagna e Italia le merci oggi viaggiano via mare per i 2/3, e quindi non è ragionevole spostarle sulla ferrovia. Oppure che tra Francia e Italia le merci percorrono per il 60% distanze minori di 200 chilometri, e quindi non è plausibile che in futuro sfruttino i treni". Intanto l’Europa riduce i fondi, come aveva già fatto nel 2013 per il cunicolo di Chiomonte e in Francia la Corte dei Conti prima e il Comitato di Mobilità poi hanno declassato la Torino-Lione a opera “non prioritaria”.
Delle indeterminatezze italiane, invece, si parla poco. Alcune sono indicate all’interno degli Appunti che il Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica ha indirizzato al Governo il 19 febbraio 2015, nell’ambito dell’approvazione del Progetto definitivo del "Nuovo collegamento internazionale Torino Lione Parte comune italo-francese Sezione transfrontaliera Tratta in territorio italiano". "Le opere che compongono il progetto della tratta in territorio italiano non hanno, da sole, i requisiti di funzionalità -spiega il CIPE- posto che quest’ultima è assicurata dalla realizzazione della tratta in territorio francese della Sezione internazionale". L’del progetto, inoltre, "non consente comunque l’avvio dei lavori definitivi della parte comune italo-francese, che resta subordinato all’approvazione di un protocollo addizionale "che dovrà tenere conto in particolare della partecipazione definitiva della UE al progetto". È piena di se, la strada dell’Alta velocità tra Torino e Lione. Sempre il DIPE, riporta poi in grassetto sul suo documento: “Rimane pertanto indeterminato l’importo a carico dell’Italia dell’intera Sezione transfrontaliera di cui il progetto costituisce uno stralcio non funzionale”. E dopo aver contestato l’utilità della stazione di Susa, finisce raccomandando, ancora in grassetto: “Occorre che siano indicati i costi, ancorché stimati, e la relativa fonte di provenienza, della Sezione internazionale e della Parte comune italo-francese”. Luca Giunti fa notare che pure il ministro Padoan è stato severo con l’opera: nell’Allegato infrastrutture al Documento di finanza 2015 il ministro afferma che l’opera non può essere finanziata dai privati, considerato il troppo basso tasso interno di rendimento per investitori di mercato ma che “occorrono contributi pubblici comunitari e nazionali a fondo perduto accompagnati da condizioni favorevoli di indebitamento”.
Le voci critiche non si fermano qui. “La TELT dovrebbe impegnarsi a spendere 2 miliardi di euro (condizione per poter ottenere il cofinanziamento naturalmente, nda) in 2 anni e mezzo quando in precedenza LTF ha speso 700 milioni in 14 anni!”scrive il Movimento NoTav Presidio Europa.
Mentre secondo il quotidiano economico francese Les Echos la decisione di ridurre il costo ammissibile dell’opera da qui al 2020 può essere spiegato in due modi: prima di tutto che Bruxelles avrebbe stabilito che francesi e italiani avevano una visione molto ottimistica dello stato di avanzamento dei lavori all’orizzonte 2020 e gli importi da sostenere entro quella data sarebbero stati più vicini ai 2 miliardi di euro, considerato che un certo numero di difficoltà giuridiche sono ancora da superare. Secondo l’autorevole giornale francese, però, questa prudenza di bilancio servirebbe anche per inviare un messaggio alla Francia: infatti, per poter beneficiare di sovvenzioni comunitarie, i governi devono specificare come intendono finanziare la propria quota.
Così, se da una parte l’europarlamentare Karima Delli, membro dei Verdi, ha commentato la decisione europea dichiarando che “la somma di cofinanziamento annunciata sembra fuori luogo e non garantisce il progetto a meno di non mettere in pericolo le nostre finanze pubbliche per decenni”, dall’altra, come si può leggere nella domanda di finanziamento, l’Italia avrebbe già “archiviato” 2,5 miliardi: sono i fondi stanziati ogni anno da qui al 2027 così come previsto da una Legge finanziaria del Governo Monti. Intanto in Francia si pensa piuttosto di pagare il tunnel aumentando le tasse ai trasportatori su gomma (eurovignette) che già utilizzano i trafori di Ventimiglia, Frejus e Monte Bianco.
C’è, infine, una ultima criticità, come spiega nuovamente il comitato NoTav Presidio Europa: se i due Stati iniziassero i lavori adesso potrebbero violare due articoli del Trattato di Roma da loro stessi sottoscritto il 30 gennaio 2012, quello che regola la realizzazione della tratta Torino-Lione: il primo sarebbe l’articolo 16, in quanto “i due Governi hanno deciso di iniziare i lavori senza disporre della totalità dei finanziamenti, quindi in assenza di costi vincolanti e di impegni di spesa certi, come lo esigerebbe “una gestione sana e attenta del denaro pubblico” (Articolo 126 del TFUE); l’articolo 18, invece, sarebbe stato disatteso affidando certificazione dei costi “a un subappaltatore invece che a un soggetto terzo indipendente: il subappaltatore in questione è la società GDF Suez Tractebel, che dichiara di aver lavorato per Lyon Turin Ferroviaire dal 2002 al 2006 e dal 2009 al 2013”.