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Tace ancora il cemento in Sardegna – Ae 63

Numero 63, luglio/agosto 2005 Le spiagge, che in estate attirano migliaia di turisti, sono anche il luogo di scontro di due visioni opposte di sviluppo. “Il turismo non è vendere la terra. Né costruire”. Storia di una svolta inaspettata. Che continuaEstate…

Tratto da Altreconomia 63 — Luglio/Agosto 2005

Numero 63, luglio/agosto 2005 
Le spiagge, che in estate attirano migliaia di turisti, sono anche il luogo di scontro di due visioni opposte di sviluppo. “Il turismo non è vendere la terra. Né costruire”. Storia di una svolta inaspettata. Che continua

Estate tranquilla in Sardegna. Andateci con una certezza: non ci saranno ruspe o betoniere all’opera a ridosso delle spiagge, nessun nuovo cantiere sarà aperto a un passo dagli scogli.
La legge salva-coste, la 8/2004 varata lo scorso novembre dal Consiglio regionale dopo il decreto d’urgenza di un anno fa, blocca per la seconda estate consecutiva qualsiasi tentativo di costruire a meno di due chilometri dal mare. È una piccola-grande rivoluzione per l’isola.
Se Giulio Tremonti, commercialista e vicepresidente del Consiglio, sogna ancora di poter vendere le spiagge italiane per riempire le casseforti dello Stato, Renato Soru, l’imprenditore di Tiscali e presidente della Regione Sardegna, spiega: “Il turismo non è vendere la terra, né vendere le coste. E non è attività edilizia”.
Un anno fa, ad agosto, la sua giunta di centrosinistra si riunì per la prima volta dopo la vittoria elettorale e, a sorpresa, approvò, come primo provvedimento, un decreto che per tre mesi bloccava ogni nuova costruzione lungo i duemila chilometri di coste della Sardegna.
Era la fine improvvisa di un far-west urbanistico durato più di trent’anni. Megaprogetti di nuove urbanizzazioni (dai villaggi di Costa Turchese ai progetti di Is Arenas, alle lottizzazioni di Chia Teulada a quelle di Bosa) si arenarono, di colpo, contro la svolta voluta da Soru.
“Non potevamo crederci -dice Luigi Lai, Legambiente Sardegna-. Per la prima volta, in questa Regione, si pensava al futuro. Si metteva mano a una programmazione illuminata”. Ambientalisti quasi increduli per le nuove politiche di Soru. Furibondi, invece, gli immobiliaristi e molti sindaci: “Ci opporremo con tutti i mezzi a una decisione che arreca danni gravissimi all’economia sarda”, esplose, la scorsa estate, Settimo Nizzi (Forza Italia), sindaco di Olbia. Soru non si scompose e non cambiò idea: il decreto estivo divenne legge in autunno e il divieto di costruire a meno di due chilometri dal mare venne ribadito. È destinato a durare fino al maggio del 2006, in attesa che la Regione Sardegna approvi, entro quella data, il primo piano paesaggistico dell’isola. Le linee-guida sono già state varate a maggio di quest’anno.
 
Storia da raccontare e da seguire con attenzione, questa della Sardegna contro-corrente. Perché è un banco di prova importante per l’Italia: sull’isola si scontrano due visioni inconciliabili dell’idea di sviluppo e di turismo. Ed è una storia che va a strattoni.
“È stata anarchia edilizia fino al 1989 -ricorda Gian Valerio Sanna (Margherita), ingegnere e assessore all’urbanistica regionale-. Fino ad allora nessun vincolo, niente programmazione. I costruttori facevano pressioni sui sindaci e promettevano una ricchezza illusoria. Nasce così il turismo elitario della Gallura. Arrivano le multinazionali del turismo e spuntano infiniti villaggi turistici. Allo stesso tempo, la Sardegna si riempie di seconde case. Per lo più vuote dieci mesi su dodici”. L’inganno è che con il turismo arrivi la crescita economica. “Ma è un modello che non ha funzionato -avverte ancora Sanna-. I sardi, al più, sono assunti a stagione come camerieri, giardinieri, qualcuno fa l’impiegato”. Non riesce nemmeno a mettere in moto indotti di agricoltura o artigianato. “Tutto o quasi arriva da fuori -racconta Luigi Lai-. Spesso, negli hotel o nei villaggi, non si vuole nemmeno che chi lavora alla reception abbia una accento sardo”.
Negli anni ’90, si varano intricati piani paesaggistici: sono undici, ma, in cinque anni, dieci vengono cancellati (per carenza di vincoli ambientali) da sentenze dei tribunali amministrativi. Si spalanca un vuoto legislativo: e riemergono, all’improvviso, immensi progetti accantonati da più di dieci anni. Torna in vita il fantasma della “città costiera”: un’unica striscia di case e villaggi turistici lungo tutti gli scogli dell’isola.
“Accidenti, se c’era urgenza di intervenire! -ha spiegato Soru ai sindaci sardi, lo scorso settembre ad Alghero-. Non c’era più nessun vincolo, rimaneva solo un caos normativo”. Da qui il decreto immediato e poi la legge di moratoria.
Ma non vi è pace per le coste sarde: è il governo Berlusconi (la villa del premier, la Certosa a punta Lada, è oramai celebre per capi di Stato in vacanza e sospetti di abusivismo) a impugnare, a gennaio, la legge davanti alla Corte costituzionale. Per eccesso di potere. “È scandaloso -dice Vincenzo Tiana, presidente di Legambiente della Sardegna-. Il governo è stato zitto quando sono caduti tutti vincoli e, ora che ci sono delle regole, fa di tutto per smantellarle”.
L’assessore Sanna è convinto che il nuovo piano paesaggistico arriverà prima del giudizio della Corte costituzionale. La moratoria urbanistica nei due chilometri dalla costa rimane in piedi.
Lo scorso aprile, elezioni amministrative, la linea Soru viene premiata: numerosi Comuni passano al centrosinistra. Come di centrosinistra diventano sette Province sarde su otto.
La paura per gli impatti economici della legge salva-costa sembrano scomparsi.
Il grande sconfitto di questa sfida politica è Mauro Pili (Forza Italia), ex-presidente regionale. “È vero. Non sono stato ascoltato -dice oggi Pili-. Ma sarà questa legge a produrre anarchia urbanistica sull’isola. Blocca ogni nuova attività edilizia, ma consente, grazie alle ristrutturazioni, di costruire anche a meno di 300 metri dal mare, limite che era sempre stato invalicabile. Sa cosa accadrà? Chi ha soldi oggi comprerà terreni costieri a prezzi che stanno scendendo e poi farà pressioni sulla giunta regionale per avere deroghe, durante la redazione del piano paesaggistico, ai due chilometri di divieto”.
La battaglia urbanistica diventa scontro polemico: “Sono state le amministrazioni di centrosinistra a cementificare l’isola -continua Pili-. Vada ad Arbus o a Villasimius. Vedrà solo seconde case vuote”.
 
Non bisogna cercare Tom Barrack, il nuovo signore americano della Costa Smeralda dopo l’Aga Khan. Né Marina Berlusconi che progettava, su antichi progetti paterni, gli insediamenti di Costa Turchese a sud di Olbia. Conoscono il linguaggio della diplomazia. Sanno bene cosa dire: “Non sono qui per spalmare di cemento le coste”, spiegò Barrack al Corriere della Sera un anno fa. Sa bene che il turismo d’élite comincia a fuggire di fronte ai grattacieli sul mare.
Per capire bisogna andare a trovare, invece, sulle spiagge orientali dell’isola, Mario Mela. Diploma di geometra, si fa le ossa nelle lottizzazioni di Costa Paradiso, poi fa il mediatore, apre un’agenzia. Infine diventa costruttore. Ora è un immobiliarista con un piccolo regno edilizio. Anche lui ha imparato le parole della cautela: “Ci sta bene anche la moratoria urbanistica, purché ci diano regole e tempi certi. Ci dicano dove e come costruire e noi rispetteremo ogni decisione”.
Ma, sicuramente Mela e l’assessore Sanna hanno visto (e hanno in mente) un’isola diversa. “Qui non c’è mai stata una giungla urbanistica -sbotta il geometra-. Per costruire abbiamo sempre dovuto aspettare anni e anni e penare per avere almeno otto fra permessi e concessioni. Mai un territorio è stato così tutelato come in Sardegna”.
E ancora: “Certo, possiamo lasciare al loro posto rocce e piante, ma se vogliamo fare economia, bisogna pur costruire. E nessuno avrebbe potuto far meglio di quanto è stato fatto in Costa Smeralda”.
E i due chilometri? “Tanti. Troppi. Penalizzanti. Un turista non viene in Sardegna per stare lontano dal mare: rischiamo di perdere il mercato del Nord Europa, i turisti che cercano il sole e il caldo fuori dal pieno della stagione. Perderemo la competizione con la Spagna o con il Nord Africa”.
Pili sembra ascoltare le parole del geometra Mela: “Questa legge è un diserbante. Blocca la costruzione di centri congressi, di centri benessere o di impianti sportivi. Il turismo andrà dove queste cose già ci sono e noi ce li sogneremo i turisti fuori stagione. La Sardegna diverrà un deserto”. 
Non è d’accordo un altro imprenditore turistico di Costa Paradiso (richiesta di anonimato, bisogna pur viverci su quest’isola): “La legge salva-costa era indispensabile. I Comuni, qui, non sono mai andati oltre la punta del loro naso: vedevano l’affare immediato, qualche posto di lavoro per i loro abitanti e lasciavano via libera al cemento senza regole. Soru ha fatto un atto di pura salvaguardia. Assolutamente necessario e urgente”.
“Il turismo non deve essere una monocultura: qui sono stati costruiti villaggi turistici come presepi di cartapesta, disabitati per dieci mesi l’anno”, dice Soru.
“Il valore aggiunto della Sardegna è l’ambiente, la sua bellezza, la sua gente, il suo mare. Sono patrimoni da difendere -ripete Sanna-. Non saremo rigidi: la fascia di due chilometri sarà flessibile, ci sono borghi marinari cresciuti alla rinfusa dove dovremo intervenire. Ogni zona ha le sue particolarità. Ma il turismo è uso attento del territorio. Deve integrarsi con un’agricoltura specializzata, con l’artigianato. Crediamo negli alberghi diffusi, nell’ospitalità, nelle comunità locali che riprendono in mano la loro economia. Il modello Gallura è finito. Non porta nemmeno ricchezza per l’isola. E per riconquistare competitività abbiamo bisogno di norme di tutela e di difendere l’identità della Sardegna”. 
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Eletto presidente della Sardegna  il 12 giugno dello scorso anno con il 59,16% dei voti,  Renato Soru ha 48 anni
(li compie il 6 agosto). Nel 1998 fonda Tiscali  (il nome deriva da un antico villaggio sardo di nuraghe) che si sviluppa come network europeo di servizi internet.
Nel 2004 il gruppo, di cui Soru resta azionista di riferimento anche se ha lasciato la presidenza, ha registrato ricavi per oltre un miliardo di euro, con una crescita del 20% rispetto al 2003.
 
Bloccate anche le centrali a vento

La legge salva-coste non è il solo braccio di ferro che divide Cagliari da Roma. Il governo (con Berlusconi che ha interessi rilevanti in Sardegna e il ministro Pisanu che è sardo) impugna la legge salva-coste davanti alla Corte costituzionale: la Regione avrebbe travalicato le sue competenze.
“Non capisco cosa vuole il governo -si difende Soru-. A meno che non vogliano mettere in discussione i nostri poteri e la nostra autonomia”. La giunta Soru contesta anche i piani energetici per le fonti eoliche. “Non è possibile che tutta l’energia eolica italiana, quel 3% previsto dalle leggi che ratificano il protocollo di Kyoto, debbano essere prodotti in Sardegna”, dice l’assessore all’urbanistica Gian Valerio Sanna. Le nuove centrali a vento sono state bloccate dalla giunta regionale. “Non siamo una colonia”, dicono in Sardegna. Con al centro lo scontro, riaperto da Soru, sulle servitù militari: il 60% dei vincoli in grigioverde italiani assediano l’isola.

Domus amigas, l’ospitalità è donna
Albergo diffuso, ospitalità, convivialità: sono già, da tempo, le “linee-guida” di Domus Amigas. Piccola storia al femminile (perché qui l’idea l’hanno avuta le donne, le mogli e le compagne dei vecchi minatori) di turismo sostenibile nel Sulcis-Iglesiente. Domus Amigas è una rete di bed&breakfast, di luoghi di “ospitalità in famiglia” che, da sei anni, allaccia almeno una trentina di “casette” della Sardegna sud-occidentale. Da Carloforte a Portixeddu, da Capo Teulada a Sant’Antioco. È una bella microstoria controcorrente rispetto al modello turistico di gran parte della Sardegna. “Per fortuna siamo arrivati tardi -spiega Teresa Piras, presidente di Domus Amigas-. Qui c’erano le miniere. Non si pensava al turismo. È stato un bene: adesso vi è più consapevolezza. L’idea di albergo diffuso che la giunta Soru vuole favorire fa già parte della nostra cultura. La legge salva-coste è un passo importante per questa regione: speriamo che i progetti che vi stanno dietro diventino una realtà”. Info: Domus Amigas, Teresa Piras, tel. 0781-42.150; Teresa Figus, tel. 0781-45.567;
www.domusamigas.it

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