Esteri / Approfondimento
Stop alle auto, nel Regno Unito si ritorna a giocare in strada
Da Bristol a Londra genitori e vicini di casa organizzano le play streets in collaborazione con gli enti locali: per una giornata si blocca il traffico per dare ai bambini la possibilità di divertirsi all’aria aperta e socializzare. Sono più di 1.300 in una settantina di località in tutto il Paese: solo Londra ne conta 130
Samira Musse vive con il marito e i figli in una delle torri di Barton Hill, complesso residenziale di Bristol, nel Regno Unito. Gli abitanti sono soprattutto giovani famiglie e ci sono molti bambini in età scolare: per loro però nel quartiere ci sono solo una piccola area giochi e poco verde. Il risultato è che i più piccoli trascorrono la maggior parte delle giornate in casa, tra tablet e televisore, quando invece avrebbero bisogno di uscire all’aria aperta, giocare con i coetanei, fare attività fisica. Ma a Barton Hill -come in buona parte delle città inglesi- giocare per strada non è possibile: le automobili hanno occupato e reso poco sicuro tutto lo spazio disponibile.
Così nel 2019 Samira -che da anni anima iniziative per promuovere la socialità nel quartiere- ha coinvolto amici e conoscenti per attivare una play street: cioè chiudere temporaneamente una strada per trasformarla in un’area di gioco sicura. “È stato bellissimo: i bambini sono usciti e hanno iniziato a chiacchierare, a correre, a giocare a nascondino, con la palla -racconta Samira-. Anche le loro mamme hanno iniziato a conoscersi e fare amicizia. Diverse persone si sono fermate a dare una mano per far transitare in sicurezza i residenti che avevano bisogno di usare l’auto”.
Samira ha potuto contare sull’aiuto di “Playing out” un’associazione nata a Bristol nel 2009. “Sul nostro sito mettiamo a disposizione i materiali e le informazioni necessarie ai genitori che vogliono sperimentare una play street -spiega la co-direttrice Ingrid Skeels-. Per prima cosa bisogna coinvolgere gli altri residenti, poi bisogna ottenere dal proprio Consiglio comunale il permesso per chiudere la strada e comunicare le date. Infine spargere la voce, coinvolgere i vicini e organizzare le attività”. Come molti genitori cresciuti a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta ricorda con una certa nostalgia i pomeriggi trascorsi a giocare per strada: “Era la cosa più naturale: ci dava la possibilità di essere attivi, divertirci, fare amicizia ed essere indipendenti. Ma i nostri figli non potevano farlo perché le strade erano invase dalle auto”.
Ingrid e altri genitori hanno deciso di cambiare le cose: nel giugno 2009 due amiche e vicine di casa, Alice Ferguson e Amy Rose, hanno organizzato la prima play street di Bristol. Il successo è stato tale da spingerle a chiedere un finanziamento per sperimentare l’iniziativa in altre strade. Il passaparola ha fatto il resto e nel giro di pochi anni le play streets si sono diffuse in tutto il Regno Unito. Ingrid, Alice e Amy hanno fondato l’associazione Playing Out per sostenere questo processo di cambiamento: oltre 1.300 comunità, in circa 70 aree comunali, hanno organizzato regolarmente play streets di cui hanno beneficiato circa 40mila bambini e 20mila adulti si sono impegnati per realizzarle. Solo a Londra ci sono 130 strade per il gioco distribuite in 25 dei 33 distretti della città.
Le strade vengono chiuse al traffico per alcune ore o un’intera giornata con una frequenza variabile: una volta a settimana o una al mese. Da un punto di vista pratico la gestione è semplicissima: “Alcune municipalità forniscono una segnaletica temporanea da affiggere ai due ingressi della strada -spiega spiega Paul Hocker, direttore di London Play, charity che promuove attività all’aria aperta-. Servono volontari per presidiare gli ingressi e spiegare agli autisti di passaggio che il transito è vietato. Mentre i bambini giocano gli adulti possono bersi una birra e chiacchierare. E quando tutto è finito si raccolgono eventuali rifiuti, si toglie la segnaletica e si riapre la strada”.
Uno dei principali benefici di queste iniziative è offrire a tutti i bambini la possibilità di svolgere gratuitamente attività all’aria aperta. “Le linee guida del ministero della Salute raccomandano un’ora al giorno di attività fisica piuttosto vigorosa: ma a oggi solo il 20% dei bambini lo fa. E il problema si è acuito con il Covid-19, in particolare per le famiglie più povere che non avendo alternative hanno tenuto i figli in casa”, spiega William Bird, medico di base e fondatore di “Intelligent health”, un ente che promuove l’attività fisica come strumento per la prevenzione delle malattie e la tutela della salute. E di attività fisica c’è davvero bisogno in un Paese dove, secondo i dati del National health system, il 14,4% dei bambini di età compresa tra i quattro e i cinque anni è obeso e un ulteriore 13,3% è sovrappeso. Mentre tra i 10 e gli 11 anni le due condizioni salgono, rispettivamente, al 25,5% e al 15,4%. “Le play streets rappresentano un’ottima opportunità per far svolgere ai più piccoli attività di gioco libero davanti alla porta di casa, senza dover obbligare i genitori a guidare per chilometri per portarli a fare sport”, aggiunge Bird. Il gioco all’aperto, inoltre, favorisce la socialità a differenza delle attività svolte in casa.
Ma i benefici delle play street non riguardano solo la salute né solo i più piccoli: “I bambini svolgono un’azione che definisco ‘impollinazione sociale’: vanno di casa in casa per cercarsi e fanno uscire gli adulti, li fanno entrare in relazione”, aggiunge Hocker. Anche in Italia, come nel Regno Unito, le automobili si sono mangiate la quasi totalità delle strade: “Le play street rappresentano un ottimo esempio di come sia possibile ‘riprendersi le strade’ rimettendo al centro la socialità -riflette Matteo Dondé esperto di mobilità ciclabile e moderazione stradale-. Purtroppo in Italia realizzare iniziative come quelle inglesi è particolarmente difficile: spesso a opporsi sono proprio i genitori”.
© riproduzione riservata