Opinioni
Sinistra al bivio tra riformismo liberista e democrazia
Una politica economica alternativa: chi la realizzerà? La “Rete europea degli economisti progressisti” (European Progressive Economists Network), che raccoglie studiosi e associazioni, ha proposto una prospettiva di cambiamento radicale delle politiche economiche dell’Unione europea, ponendo in primo piano sei punti.
Il primo prevede l’inversione della linea di deprimente austerità voluta dai governi attuali, dalla Banca centrale europea e, di fatto, dalle oligarchie della finanza a danno non solo dei popoli, della democrazia e dei diritti umani, ma anche dello stessa ripresa economica. Contro il vincolo del cosiddetto “fiscal compact” -che impone agli Stati di rendere costituzionale il pareggio di bilancio attraverso tagli brutali ai servizi pubblici, alle tutele collettive e agli stipendi- la Rete chiede il rilancio del modello sociale europeo e il recupero del ruolo determinante dello Stato nel processo che stimola la domanda di beni e servizi e dunque l’occupazione.
Il secondo punto chiede un impegno sistematico nella riduzione della diseguaglianze e in riforme fiscali che garantiscano un prelievo proporzionale alla ricchezza reale, spostando il fulcro del peso fiscale dal lavoro alle rendite e ai grandi patrimoni.
Il terzo punto sottolinea che la Banca centrale europea deve avere il ruolo di prestatore di ultima istanza per i titoli di Stato, riportando alla responsabilità democratica e comune dell’Unione il controllo sul debito pubblico.
Il quarto punto è davvero decisivo. Chiede una riduzione drastica del potere e della libertà di manovra della finanza, anzitutto tramite l’imposizione di una tassa non simbolica sulle transazioni finanziarie e un efficace controllo dei movimenti dei capitali. Il sistema finanziario dovrà essere ricondotto alla funzione del credito per le attività produttive, per le imprese e per le famiglie. Esso potrà sostenere così investimenti sostenibili dal punto di vista sociale e da quello ambientale.
Il quinto punto guarda a una ristrutturazione complessiva del modello di sviluppo, in maniera che si vada verso un equilibrio tra attività economica e mondo naturale e che siano tutelati i beni comuni, evitando la loro privatizzazione. In questa prospettiva occorrerà ricoprire ruoli professionali che traducano un sistema di sostenibilità e questo promuoverà l’occupazione a livelli qualificati.
Il sesto punto ha il valore di un criterio fondante e ricapitolativo. Il testo afferma: “In Europa la democrazia deve essere estesa a tutti i livelli”. Ciò esige un’inversione radicale di tendenza, dalla concentrazione del potere nelle mani di oligarchie e di Stati egemoni, come la Germania, alla sua diffusione equa per tutti i membri dell’Unione.
Il Parlamento europeo deve avere una funzione più forte e visibile, tale da far crescere nei diversi Paesi il senso della cittadinanza europea.
Il problema di fondo consiste nell’individuare chi sarà il soggetto politico in grado di vedere queste priorità di una politica economica alternativa, di comprenderne il significato essenziale e urgente e di realizzarle. Il manifesto della Rete parla di “un’alleanza tra società civile, sindacati, movimenti e forze politiche progressiste”. Un elenco a prima vista ragionevole, ma se si prende in esame la situazione di ognuno di questi soggetti si coglie presto lo stato di dispersione, di arretramento, di confusione in cui essi si trovano tuttora.
Tra tutte queste diverse forme di soggettività, vorrei evidenziare il ruolo delle forze politiche progressiste, proprio perché è quello in cui purtroppo la portata del ruolo da svolgere e la condizione di crisi sono inversamente proporzionali: il ruolo è cruciale, la crisi è profonda.
In Italia il bivio dinanzi al quale si trovano oggi il Partito democratico e il centro-sinistra è non tanto quello della scelta del leader che scaturirà dalle primarie, quanto quello della scelta tra una ideologia “riformista” pur sempre interna al neoliberismo, e una visione veramente democratica della società. Molti, da tempo, danno per perso il Pd, ritenendolo una forza di centro funzionale ai progetti neoliberisti. Eppure, anche se il Pd stesso ha fatto e fa del suo peggio, io credo che, quanto meno per la sua importanza centrale nello schieramento che compete con la Destra, si debba ancora agire ostinatamente per aiutare quanti, al suo interno, possono promuovere una svolta e restituire alla sinistra italiana un soggetto essenziale. —