Cultura e scienza / Intervista
Silvia Donzelli. L’agente dell’autore
Chi scrive un libro non è quasi mai amministratore di se stesso. È affiancato da un professionista che ne cura gli interessi, i diritti ed è presente in tutta la “filiera”
Quali sono per un autore i vantaggi di un agente letterario? “Quando lei ha mal di denti, si tira il dente da sola? No, immagino di no, e un autore scrive libri, non fa l’amministratore di se stesso, e il vantaggio principale è di usare un professionista che faccia quel che da soli non si sa fare”. La frase è di Erich Linder e risale al 1980. “Linder è stato il fondatore dell’Agenzia Letteraria Internazionale: un vero capostipite del nostro mestiere”. Il mestiere di Silvia Donzelli, 40 anni, milanese, è l’agente letterario. Oggi gestisce un’agenzia insieme alla collega Stefania Fietta.
Nella sua “scuderia” di autori ci sono Federica Bosco, Chiara Moscardelli, Francesco Sabatini, Andrea Vitali o Anna Todd, che rappresenta come sub-agente, autrice da un milione di copie solo in Italia. “Fare l’agente è il lavoro più bello del mondo, il migliore che potessi mai fare”, dice.
Come si diventa agente letterario?
SD Dopo la laurea in Lettere ho frequentato il Master della Fondazione Mondadori realizzato in collaborazione con l’Università Statale di Milano e l’Associazione Italiana Editori. Ho lavorato per due agenzie, sono diventata socia di una di queste e nel 2013 ho aperto la mia agenzia. Dal 2016 sono in società con Stefania.
E che cosa fa un agente letterario?
SD Il nostro lavoro è una cerniera tra autore ed editore. Una mediazione. Lo scopo principale è vendere i diritti di edizione di un testo, anche se la cosa può risultare più complessa di quel che sembri. I clienti possono essere diretti: autori con cui hai una relazione che si dice “primaria”, per la vendita dei diritti sul territorio di riferimento -detti anche “domestic rights”-. In questo caso si parla di diritti di edizione. Tuttavia se l’autore è di un altro Paese, è probabile che tra te e lui si inserisca un altro mediatore: altri agenti, o gli editori. Ad esempio noi vendiamo in Italia i diritti di autori che negli Usa pubblicano con HarperCollins, oppure siamo sub-agenti di agenzie come la Bookcase Literary Agency. Qui si parla di diritti di traduzione. A volte vendiamo anche diritti su libri non ancora compiuti, o diritti cine-televisivi. Quindi i nostri clienti sono autori, editori, agenzie. L’agente ha un accordo di rappresentanza con i propri clienti. Non è mai proprietario dei diritti, anche se appare nei contratti di cessione di questi. Il nostro lavoro è remunerato con una percentuale di questo accordo. In realtà però se si pensa alla storia di un libro, l’agente è presente in ogni fase: dall’ideazione fino al lettore. A volte lavoriamo anche sulla fase “creativa”, anche direttamente, spesso con l’aiuto di editor del cui lavoro ci avvaliamo. In qualche modo noi forniamo assistenza a un progetto di prodotto editoriale. C’è anche lo scouting, ovvero la ricerca di autori o prodotti interessanti, da sottoporre alle case editrici. Quando sei di fronte a un progetto di cui hai colto le potenzialità, lo proponi agli editor per conto degli autori. Se il progetto piace, si affronta la fase di trattativa, per vendere al meglio i diritti. Può capitare che su uno stesso progetto gli interlocutori interessati siano più d’uno. Quel che conta è che l’autore ha sempre l’ultima parola. Si redige un contratto -o si elabora quello proposto dalla casa editrice-, interloquiamo anche sul lancio del libro, si assiste insomma l’autore fino alla pubblicazione, fino al lettore.
“È difficile costruire la carriera di un autore. Che invece è il nostro compito principale, al di là di portare a casa un buon contratto. Il lavoro dell’agente è molto personale”
Oggi rappresenti 30 autori, più 12 clienti stranieri, tra agenzie ed editori.
SD Ma fatto 100 gli italiani che si rivolgono alla nostra agenzia, riusciamo a rappresentarne solo 2. In Italia ci sono una dozzina di importanti agenzie, strutturate, cui vanno sommati molti agenti che si mettono in proprio, di solito dopo un’esperienza in casa editrice. Ma mentre nel mondo anglosassone è una figura molto diffusa e non c’è autore che non abbia un agente -fatta eccezione per il campo sempre più ampio del self publishing, l’editoria fai da te-, in Italia è un ruolo meno consolidato, anche perché in proporzione le case editrici sono molte.
In questi anni si è affermata l’idea del libro “one-shot”: un successo editoriale che arriva come una fiammata e magari lascia poche tracce.
SD Dipende certo dal fatto che ci sono meno lettori, e il mercato langue. Quel che accade però è che è difficile costruire la carriera di un autore. Che invece è il nostro compito principale, al di là di portare a casa un buon contratto. Il lavoro dell’agente è molto personale: un autore non “appartiene” a un’agenzia, ma è legato alla relazione col proprio agente. Il pensiero a lungo termine di un bravo agente dovrebbe essere questo, il suo valore aggiunto: pensare all’autore, non al libro come singolo prodotto. È un pensiero importante nell’aporia di un Paese dove diminuiscono i lettori ma aumentano gli scrittori, o aspiranti tali.
Su che tipo di autori o generi si punta oggi?
SD Oggi la vita di un libro è molto breve, e il ciclo medio è di 3 o 4 mesi. Il nostro compito è anche pungolare gli editori affinché considerino un autore come patrimonio della propria azienda. C’è stato un momento, qualche anno fa, in cui sembrava che ogni editore dovesse puntare su un esordiente. Adesso sono tutto più conservativi. Funziona raccontare una vita, anche la propria vita: c’è attenzione particolare sull’auto-fiction, il racconto di sé, la biografia e l’autobiografia.
Una sorta di attenzione alla vita reale. Si tratta di una tendenza media però: se si guarda ai primi dieci titoli in classifica i generi sono altri. Rispetto agli anni Ottanta e Novanta c’è più spazio per gli italiani, ma è appunto una tendenza che parte da lontano. Noi lavoriamo molto con autori stranieri: costruire la carriera di un italiano è una grande sfida per un agente.
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