Ambiente / Opinioni
La sfida dei cambiamenti climatici non è (solo) tecnologica. È politica
Per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi occorre una visione a lungo termine. Che l’Italia non ha. La rubrica di Stefano Caserini
La sfida per raggiungere gli ambiziosi obiettivi scritti nell’art. 3 dell’Accordo di Parigi (“Mantenere l’aumento delle temperature medie globali ben al di sotto dei 2°C e fare sforzi per contenere l’aumento entro 1,5°C”,) non è solo tecnologica. È essenzialmente politica. Costruire miliardi di pannelli solari, milioni di pale eoliche, di accumulatori, di sistemi per gestire e risparmiare energia, centinaia di milioni di auto e biciclette elettriche non è facile, ma rientra nell’insieme delle cose che si possono decidere o no di fare. Come costruire in 15 anni il Partenone con i suoi fregi, metope e triglifi, 2.500 anni fa. O scavare nella terra un canale di 170 chilometri per collegare due mari, 150 anni fa.
La vera difficoltà è costruire un quadro politico-istituzionale in grado di valutare, progettare e implementare i cambiamenti necessari, nella realtà di questo mondo turbolento e diseguale, in cui il cambiamento climatico sta già facendo sentire i suoi effetti; in cui tante altre sono le urgenze, ben riassunte dai 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile al 2030: porre fine alla povertà in tutte le sue forme, garantire sicurezza alimentare, salute e benessere per tutti, ecc.
4%: è la riduzione delle emissioni climalteranti prevista dalla Strategia energetica nazionale nel periodo 2015-2030, per il settore civile e dei trasporti. Un obiettivo poco ambizioso
Coordinare le azioni ai diversi livelli amministrativi, trovare le risorse finanziarie, sviluppare le competenze per gestire questa grande trasformazione, tener conto dei diversi interessi a breve e lungo termine, richiede di alzare in modo drammatico il livello di ambizione politica con cui si affronta la questione del cambiamento climatico. In tutti i Paesi. In Italia il mondo politico è impreparato alla sfida climatica. Il tema non è di fatto nell’agenda della politica, confinato in qualche sottoparagrafo, citato quando le temperature si fanno torride o un’alluvione causa gravi danni. Non condiziona gli atti strategici dei ministeri o delle Regioni. L’ultimo esempio è la Strategia Energetica Nazionale (SEN) 2017. Nonostante sia un avanzamento rispetto alle precedenti, il documento proposto delinea uno scenario poco ambizioso, in cui l’Italia fa con il bilancino il suo compitino per raggiungere gli obiettivi per il 2030 imposti dalle Direttive europee sulla quota di energia rinnovabile, sull’efficienza energetica e sulle emissioni climalteranti. È assente una lettura del contesto, lo scenario di rapida e completa decarbonizzazione del sistema energetico necessaria per fare bene la propria parte per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi; Accordo che l’Italia ha formalmente ratificato con un voto quasi unanime del Parlamento il 4 novembre 2016. La SEN2017 non sembra curarsi che gli obiettivi del 2030 concordati a livello comunitario siano solo il primo passo, e che nei prossimi anni inevitabilmente ne saranno approvati altri più impegnativi: non solo per il 2030, ma anche per il 2040 e il 2050 (o 2035, 2045). Numerosi studi hanno mostrato come anche l’obiettivo di riduzione delle emissioni climalteranti proposto dall’Europa nell’ambito dell’Accordo di Parigi sia insufficiente, e dovrà essere visto al rialzo nell’ambito dei rilanci quinquennali previsti; a cascata, l’allineamento all’accordo di Parigi si tradurrà in obiettivi più impegnativi per gli Stati membri dell’Unione, fra cui l’Italia. Con uno sguardo al 2050, molte delle azioni della Strategia Energetica Nazionale 2017 assumerebbero una prospettiva diversa. Una gestione rapida e controllata della fuoriuscita dal mondo dell’energia fossile, questo sarebbe il compito di una strategia energetica che mantiene gli impegni presi da Governo e Parlamento davanti al mondo e ai cittadini.
Stefano Caserini è docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “Il clima è (già) cambiato” (Edizioni Ambiente, 2016)
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