Ambiente / Opinioni
Serve una scuola libera ed ecologica per affrontare le sfide della crisi climatica
Agli insegnanti non spetta solo il compito di insegnare, devono soprattutto mobilitare i giovani in difesa della natura. La rubrica di Paolo Pileri
Settembre è il tempo che fa rima con scuola. Non una qualunque ma quella libera e pubblica, plurale e aperta a tutti (articolo 34 della Costituzione), che promuove lo sviluppo della cultura nello spirito dell’articolo 9, che educa al più alto e responsabile senso di cittadinanza. Una scuola che insegna a non vergognarsi di avere uno sguardo non conforme sulla realtà. Dove si impara a essere competenti e non convenienti. Che spiega il dolore delle disuguaglianze e il valore della nostra Costituzione, nata dalla Resistenza al pensiero unico: quello del fascismo.
Questa scuola non qualunque si trova oggi davanti all’urgente sfida ecologico-climatico-sociale e deve fare la sua parte con nuova energia, mettendo da parte ogni paternalismo e banalizzazione, evitando le insidie delle soluzioni tecnologiche pronto-effetto e l’assillo di dover trovare a tutti i costi un qualche compromesso per tenere in vita un modello di sviluppo fallito, caro solo a molti nostri governanti.
Questo inizio di anno scolastico è più pesante del solito: più consumo di suolo (+34%) in barba a chi diceva che la pandemia aveva spento le betoniere; migliaia di ettari incendiati in più rispetto alla media degli ultimi 15 anni; una siccità mai vista prima; temperature estive da Paesi tropicali; ghiacciai crollati; acqua salmastra che risale i fiumi asciutti sterilizzando le campagne. Non è il bollettino del “Signor no”, come le confraternite del mercato amano dire degli attivisti ecologici, ma la traccia per i prossimi programmi scolastici di una scuola che non può più accontentarsi solo di spiegare che cos’è la natura, ma deve mobilitare i ragazzi a difenderla e a difendersi da fake news subdole e fuorvianti.
2022-2023, un nuovo anno scolastico. La scuola è un argine al declino dove si impara a partecipare alla vita pubblica. Ma oggi è anche il luogo privilegiato dove piantare radici per invitare i giovani a stare dalla parte della natura.
Abbiamo già ricordato su Altreconomia gli inguardabili spot dei Suv elettrici che sgommano nei boschi o quelli di Amazon che, nonostante gli impatti devastanti della logistica, si erge a paladina della transizione ecologica coprendo ettari di suolo con pannelli solari che potrebbe mettere sui propri tetti. Noi insegnanti possiamo dare ai ragazzi gli strumenti per distinguere il vero dal manomesso, per respingere le superficialità ingannevoli e per imparare a domandare il massimo rispetto della natura. Possiamo farlo in forza del marchio di libertà della nostra scuola pubblica, voluto da quegli insegnanti perseguitati ma inarrendevoli che ottant’anni fa trovarono mille modi per “Insegnare libertà” (come recita il titolo del libro di Massimo Castoldi).
Oggi, tempo di grave crisi climatica, quei mille modi vanno trovati anche per insegnare ecologia (oltre a libertà) e poiché sono tante le implicazioni sociali, occorre farlo con il massimo impegno civile e politico, dalle elementari all’università. Non possiamo permetterci di essere insegnanti apolitici se non accettando il rischio, come diceva don Lorenzo Milani, di divenire utili idioti che il padrone arma di registro e pagella. L’indifferentismo politico di noi insegnanti diventerebbe la premessa per l’indifferentismo alla politica dei giovani, un male gravissimo che ci condurrebbe verso tempi sempre più bui, come spiegava Piero Calamadrei nel discorso sulla Costituzione (1955).
Oggi oltre a vigilare sulla libertà occorre vigilare sulla sorte che la natura subisce per l’irresponsabilità delle azioni e delle grigie idee di questo tempo. La scuola è un argine sicuro solo se noi insegnanti lo manteniamo libero e in funzione, caricandoci sulle spalle una parte della sfida ecologica alla quale dare voce alta.
Paolo Pileri è ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “L’intelligenza del suolo” (Altreconomia, 2022)
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