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Senza biglietto

Un Comune dell’hinterland torinese sceglie di coprire interamente il costo del servizio di trasporto pubblico locale. Per favorirne l’uso da parte di tutti i cittadini

Tratto da Altreconomia 145 — Gennaio 2013

“Si parte” esclama la signora Rita dopo quasi mezz’ora di attesa. Il piccolo bus da 10 posti (nelle due foto in queste pagine) si mette in moto e inizia il suo circuito di circa 15 chilometri intorno a Settimo Torinese, comune di 50mila abitanti della cintura di Torino.
Non ha timbrato il biglietto, però: questa e altre due linee da settembre 2012 sono gratuite. Il biglietto da 65 centesimi non serve più.
Una scelta in controtendenza rispetto alla logica dei tagli ai trasporti pubblici piemontesi. Una scelta condivisa dall’amministrazione comunale, su proposta dell’assessore alla mobilità Nino Daniel: “Di fronte alla riduzione attesa dei trasferimenti della Regione nel 2013, e alla sfiducia dei cittadini nelle istituzioni, abbiamo pensato che fosse utile anticipare i tagli razionalizzando le linee sottoutilizzate e spostando le risorse dove necessarie”.
E così, dopo uno studio commissionato dall’Agenzia dei trasportii, si sono individuate le corse da eliminare e il servizio è stato ridimensionato: “Le nostre tre linee urbane costano circa 490mila euro l’anno -continua Daniel- e la Regione Piemonte ha sempre coperto gran parte della spesa con 300mila euro. Ma nel 2011 c’è stata una riduzione del 3% che è schizzata a -15% nel 2012. Le previsioni per il 2013 sono di un ulteriore -17%. Tagliare il servizio non era nelle nostre intenzioni, ma qualcosa andava fatto. Dopo un’analisi dettagliata abbiamo soppresso una decina di corse dalla bassa frequentazione, alcune con due passeggeri di media, passando da 50 corse giornaliere a 40. Le corse dirette all’ospedale e gli scuolabus però non sono state toccate”.
Salvo rare eccezioni, il 35% del costo del trasporto pubblico locale viene coperto dai proventi del biglietto. Il resto è di competenza della Regione e degli Enti locali. Rendendo gratuito il biglietto per i passeggeri, e con la progressiva riduzione dei trasferimenti regionali, il Comune di Settimo dovrà sopperire alla parte mancante degli introiti: “Un peso sopportabile, qualche decina di migliaia di euro -spiega l’assessore alla Mobilità di Settimo-. Per un Comune dal bilancio di 70 milioni di euro è un investimento sostenibile. Tenendo conto che la nostra scelta permette un risparmio di 50mila euro per gli addetti al controllo dei biglietti”.
La speranza è anche quella di dare un segnale, un investimento per il futuro: “Un servizio per le persone anziane e per quelle con difficoltà motorie, ma anche un importante gesto nel rispetto dell’ambiente”. Inoltre, Daniel spera nella realizzazione del nuovo passante ferroviario che garantirebbe un treno ogni 20 minuti tra Torino e Settimo: una sorta di metropolitana leggera.
Benché, come accennato, siano state mantenute le corse nei giorni di mercato e nelle ore di punta, nel resto della giornata si aspetta almeno 45 minuti tra una corsa e l’altra. Forse troppo per spingere la gente a usare di più i mezzi pubblici. “Per me non è un problema -è invece la risposta della signora Rita, una habitué del bus numero 2-. Basta organizzarsi e rispettare gli orari”. La signora Rita non ha la patente e questo mezzo le fa molto comodo. Ma non è l’unica: c’è chi lo usa per recarsi al posto di lavoro perché gli orari coincidono e c’è chi, dal momento che è gratuito, lo usa per spostarsi da una parte all’altra della città per commissioni. “Ma la gente non rinuncia a usare la macchina -è il commento dell’autista-. Sicuramente è una buona cosa ma la mentalità e le abitudini delle persone sono difficili da scalfire”.
Eppure l’idea di un trasporto pubblico locale gratuito per i passeggeri è già stata applicata da diverse amministrazioni europee, ad esempio a Chateauroux in Francia, ad Hasselt in Belgio o a Mariehamn in Finlandia, dove le bici salgono gratuitamente sui traghetti. A Parigi e a Madrid il 63% degli spostamenti motorizzati avviene tramite mezzi pubblici, a Milano sono solo il 47%, a Torino il 37% e a Roma il 32%: muoversi in città, secondo la fondazione Caracciolo, costa alle famiglie 1.500 euro in più rispetto agli altri Paesi europei. È lo “spread” della mobilità.

Che può essere constratato, ad esempio, come fa la Provincia di Cuneo, che dal luglio del 2011 ha attivato un servizio di “road-pricing”, che copre la direttrice che attraversa il centro storico della città: chi lascia la macchina a uno dei tre ingressi principali, può usufruire gratuitamente del trasporto pubblico locale all’interno del centro storico. “Questo sistema premia i parcheggi di scambio cittadino -dice Vincenzo Pellegrino, tecnico provinciale-. Siamo passati da una media di 1.600-2mila passeggeri al giorno a 3mila-3.300 nel settembre 2011, con un aumento del 47% nei giorni ordinari e del 109% il giorno di mercato), per poi passare ancora nel gennaio 2012 a .3280-4.650 passeggeri. Quindi dall’introduzione del servizio sono, in pratica, raddoppiati gli utenti”.
Mettere i mezzi pubblici a disposizione della collettività può essere un modo per migliorare la quantità di passeggeri, ma non necessariamente la qualità del servizio. “Parlare di mobilità gratuita è improprio -commenta Giovanni Nigro, presidente dell’Agenzia per la mobilità metropolitana torinese.- Il sistema di trasporto pubblico urbano è un servizio che richiede risorse come tutti gli altri servizi, per cui qualcuno questi costi li deve sostenere. Il Comune di Settimo ha fatto una valutazione costi-benefici, e da questa valutazione è prevalso un investimento sempre più controllato e a carico del Comune, ancora in fase di sperimentazione. Allo stesso tempo, come Agenzia, stiamo investendo in sgravi fiscali, incentivi ai giovani e agli studenti e alla creazione di un tessera unificata per tutti i mezzi pubblici provinciali. Senza contare gli sforzi che stiamo facendo per allargare la rete metropolitana ‘leggera’ su 5 direttrici diverse che toccano differenti direzioni, dai comuni dell’hinterland torinese alla Val di Susa fino a Bra”.
È ancora troppo presto, cioè, perché i risultati di Settimo parlino da soli, con i numeri. Ma l’idea di un trasporto pubblico più vicino alle persone fa breccia fra i programmi delle amministrazioni più virtuose, che purtroppo devono fare i conti con i tagli alle risorse:  “Eppure la mobilità dev’essere un servizio garantito per tutti, come lo sono la sanità o il welfare -chiosa la signora Rita-: lo Stato non può obbligare le persone ad avere un’automobile, e nemmeno rendere la vita impossibile a chi vuole usare i mezzi”. Se la saggezza popolare diventasse un indice economico, la signora Rita sarebbe considerata un’esperta in materia. —

Mancano 5 miliardi
Gli autobus italiano sono vecchi. Hanno, in media, un’anzianità di servizio di 11 anni alle spalle. Ben più della media europea.
Un dato peggiorato sensibilmente, a partire dal 2005,“a seguito del blocco dei finanziamenti pubblici per il rinnovo del parco bus”, come sottolinea l’Aci, Automobile Club d’Italia, che ha affidato alla Fondazione “Filippo Caracciolo” la realizzazione dello studio “Il trasporto pubblico locale in Italia: stato, prospettive e confronti internazionali”. 
L’Aci suggerisce alcune misure strutturali per migliorare la qualità del servizio riducendone i costi: aumentare le corsie preferenziali, le Ztl, i parcheggi di interscambio, utilizzare le nuove tecnologie su larga scala, pensare a nuovi servizi più flessibili e adeguati ad aree e fasce orarie di domanda debole. Secondo lo studio, per adeguarsi agli standard europei sui trasporti pubblici bisognerebbe investire oltre un miliardo di euro di risorse aggiuntive in servizi e oltre 4 miliardi di euro all’anno per dieci anni in infrastrutture e materiale rotabile. Manca, purtroppo, una politica nazionale del trasporto pubblico e della mobilità urbana sostenibile.

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