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Se Pisa dà il buon esempio
L’assessore è stato rinviato a giudizio, e il presidente della Provincia gli ha chiesto di lasciare la Giunta: lo prevede la “Carta di Pisa”, un codice volontario il cui obiettivo è difendere la credibilità delle istituzioni
Lunedì 13 gennaio, durante la riunione del consiglio provinciale, a Pisa si è compiuto un normale atto di straordinaria amministrazione: il presidente Andrea Pieroni (del Pd) ha applicato quanto previsto dalla “Carta di Pisa”, il codice etico-comportamentale elaborato dall’associazione Avviso Pubblico per rafforzare la trasparenza e la legalità nella pubblica amministrazione, revocando le deleghe all’assessore all’Ambiente Valter Picchi (anche lui del Pd) a seguito di una comunicazione dello stesso che informava di essere stato oggetto di un rinvio a giudizio, in relazione ad un’inchiesta della Procura di Massa sull’attività di gestione e trattamento dei rifiuti da parte di due aziende.
In molti hanno chiesto a Pieroni se -così facendo- non fosse entrato in collisione con quanto previsto dall’articolo 27 della nostra Costituzione, secondo il quale l’imputato non è considerato colpevole fino alla sentenza definitiva di condanna. Ma il Presidente non s’è lasciato scomporre: “Con la Carta di Pisa -ha spiegato- gli amministratori locali, dopo anni di impegno sui temi della legalità e della responsabilità etica, hanno inteso alzare l’asticella costituita dalle norme di legge. A Pisa si è aderito con convinzione a un codice il cui obiettivo è dare palese dimostrazione di quanto si voglia essere trasparenti, esigenti e rigorosi con se stessi”. Roberto Montà, sindaco di Grugliasco (Torino) e neo presidente di Avviso Pubblico, ha commentato: “La pronta applicazione delle previsioni della Carta di Pisa da parte dell’amministrazione provinciale della città toscana è la concreta testimonianza dell’importanza e dell’efficacia di questo strumento a garanzia della credibilità delle istituzioni in un momento delicato nel rapporto tra politica e cittadinanza.
Situazioni come quella verificatasi a Pisa ci fanno capire che chi ricopre una carica istituzionale ha certamente il diritto-dovere di difendersi in sede giudiziaria, ma non può continuare ad occupare una carica amministrativa pro tempore. È necessario eliminare dubbi e sospetti sull’integrità e l’immagine delle pubbliche amministrazioni”.
A quasi due anni dalla sua presentazione nella sala stampa della Camera dei Deputati, la Carta di Pisa -è possibile scaricarla dal sito www.avvisopubblico.it-, è stata adottata da una ristretta minoranza di comuni e di amministratori pubblici. Eppure, è un codice etico-comportamentale composto di ventidue articoli che prevedono precisi divieti e la messa in pratica di comportamenti che concretamente consentono di documentare in modo trasparente l’attività svolta all’interno delle pubbliche amministrazioni.
I motivi di questo “ritardo” sono diversi. L’unica certezza è che mettere la firma sotto questo documento non vuol dire schierarsi genericamente dalla parte dei buoni e della legalità. Più puntualmente, significa assumersi precise responsabilità, individuali e collettive, come dimostra la storia che abbiamo raccontato in questa pagina.
La Carta di Pisa interroga la politica nel nostro Paese: è riformabile? È possibile, ogni tanto, ragionare con calma e lucidità sull’importanza e sul significato che hanno certi messaggi e certi comportamenti tenuti quando si ricopre un incarico pubblico?
In questa rubrica, lo scriviamo da tempo: dire che “tutti i politici sono uguali” non solo è una cosa sbagliata ma, addirittura, dannosa per coloro che si impegnano con onestà e fatica ad amministrare le loro comunità.
Fare di tutta l’erba un fascio, infatti, contribuisce a isolare e ad esporre a rischi concreti persone che sentono forte dentro di sé l’esigenza del cambiamento, dello spendersi in prima persona per l’affermazione dei diritti e il contrasto ai privilegi, all’illegalità e all’ineguaglianza sociale. Abituati a leggere di ruberie e corruzione, di rapporti con le mafie e di sprechi indicibili, di “cricche” e “caste”, questa storia è una notizia. Sì, perché in questo caso è stata la politica a prendere una decisione, ad assumersi una responsabilità, a dimostrare come la credibilità delle istituzioni non ammetta uno scollamento tra parole e azioni, tra l’enunciazione di principi e la realtà. —