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Se la libreria è un laboratorio
Un mese fa Cristina Di Canio ha lanciato l’hashtag #librosospeso. È solo l’ultima iniziativa promossa dalla giovane libraia milanese, che predilige le case editrici indipendenti, cura la scelta dei volumi con un "Comitato segreto" e organizza presentazioni al buio: chi interviene non conosce il nome dell’autore invitato. È un’altro indirizzo (il 1.002) nella lista di "Tutta bio la città. Milano"
Cristina Di Canio ha trent’anni e a novembre 2010 ha aperto “Il mio libro”, a due passi dalla vecchia redazione di Ae, in via Sannio a Milano (un altro indirizzo, il numero 1.002, da aggiungere ai mille di “Tutta bio la città. Milano”, dopo “La bottega di Lambrate”, che è il 1.001).
Lei la chiama “scatola lilla”, perché occupa un fondo di una stanza, trenta metri quadrati stipati di libri, con un salottino per ospitare le presentazioni e chiunque si voglia sedere a bere un caffè e parlare di libri.
Da un mese, Cristina e la sua libreria sono diventate famose: il 25 marzo, dopo che un cliente aveva scelto di acquistare un libro e di lasciarlo in negozio, a disposizione della persona che sarebbe entrata dopo di lui, ha creato l’hashtag #librosospeso, e questo ha contribuito a rendere virale su Facebook e Twitter un’iniziativa semplice e dirompente come donare un libro a uno sconosciuto. “Ricevo chiamate da tutta Italia: dall’Abruzzo, da Matelica (nelle Marche), da Aosta, da Firenze, da Palermo. Tutto questo è bellissimo” racconta Cristina.
Mentre “Il mio libro” lanciava l’hashtag #librosospeso, la “pratica” era già in corso alla libreria Ex Libris di Polla, in provincia di Salerno. “Credo che il ‘libro sospeso’ possa dare una boccata d’ossigeno alle librerie indipendenti” spiega Cristina. È un po’ contrariata perché il 23 aprile -in occasione della Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore- Feltrinelli ha promosso il libro sospeso nelle librerie del gruppo, fino al 5 maggio. “Perché limitare, temporalmente, un’azione che dovrebbe essere spontanea?” si chiede Cristina.
Dal 25 marzo, solo nel suo negozio sono stati “sospesi” oltre 200 libri. Che non sono pochi, specie pensando che prima del marzo 2014 da “Il mio libro” passavano -nei giorni più fortunati- venti clienti al giorno.
“Nell’agosto 2013 ero delusa, e in difficoltà con i conti. Un’amica mi chiese di pensare a quali erano stati i momenti più riusciti in libreria, ed io ho subito pensato alla ‘Notte bianca dei libri’, il 21 giugno. Quella sera entrarono in molti, e ci furono molti acquisti”. È nata così l’idea di ‘Segreta è la notte’, presentazioni organizzate al buio, cioè dopo l’orario di chiusura della libreria e senza rendere pubblico il nome dell’autore coinvolto.
Nell’autunno del 2013 in via Sannio hanno presentato i propri libri Massimo Carlotto, Marco Malvaldi, Daria Bignardi.
Cristina Di Canio ha fatto de “Il mio libro” un laboratorio. Predilige gli editori indipendenti, e una parete della libreria è occupata dai libri consigliati da un “Comitato segreto”: “I consigli dei lettori sono diventati il mio assortimento. Del ‘Comitato’ fanno parte lettori forti, e persone che con i libri lavorano (giornalisti, editori, scrittori). Mi ero resa conto che i clienti non entrano alla ricerca delle novità, che chiedono altro. Ed io ho i miei gusti, un tempo limitato, visto che sono qui da sola, e non posso stare al passo con tutti i settori, dalla narrativa alla saggistica ai libri per bambini. Ho pensato di coinvolgere clienti abituali della libreria, perché anche il tuo consiglio può diventare utile”.
Cristina ha scelto di lavorare senza distributori. Non accetta che il libro venga trattato come un qualcun prodotto, perché -spiega- “in realtà è il sogno e il lavoro di qualcuno: non scade, come se fosse uno yogurt. Perciò, ogni articolo dovrebbe essere trattato in modo diverso”.
La “rivoluzione” tra gli scaffali s’è realizzata poco a poco, “ma l’avevo in mente sin dall’inizio, altrimenti non avrei mai aperto in via Sannio, che è una strada piccola e non di passaggio (dietro la fermata Lodi di M3 e a due passi da Porta Romana FS, ndr). Se mi fossi seduta a tavolino, ed avessi scelto in modo razionale, non avrei mai potuto aprire in un locale più piccolo di 75 metri quadrati, perché questo t’insegnano nelle scuole libraie” racconta Cristina. Senza una superficie adeguata, la libreria non sarebbe “degna di nota”, perché non potrebbe garantire ai lettori un assortimento adeguato. Oggi Cristina -che dopo esser stata intervistata da “la Stampa” ha parlato anche ai microfoni della Radio Vaticana- dimostra il contrario.