Opinioni
Se il terrorismo abusa di parole e temi a noi familiari
Le cronache ci dicono che la mattina di lunedì 7 maggio, a Genova, Roberto Adinolfi è stato raggiunto da un colpo di pistola al polpaccio destro, esploso da un uomo a volto coperto che è poi fuggito con un complice su di un motorino.
Roberto Adinolfi, 59 anni, è amministratore delegato di Ansaldo Nucleare dal 2007. Si è da subito parlato di attentato terroristico in “stile Br” e le dimostrazioni di solidarietà al manager non sono tardate. A queste aggiungiamo ovviamente la nostra, seppur tardiva.
Pochi giorni dopo, una busta è stata indirizzata alla redazione del Corriere della Sera. Conteneva la presunta rivendicazione del gesto, a firma del “Nucleo Olga. Federazione anarchica informale. Fronte rivoluzionario internazionale”.
Non sappiamo se si tratti di un documento autentico. Non possiamo oggi avere la certezza su chi lo abbia prodotto, quindi nemmeno sul perché sia stata recapitato. Potrebbe in effetti trattarsi dell’opera di chi ha premuto quel grilletto, oppure di un mitomane, oppure di qualcun altro. Le indagini chiariranno la vicenda e, si spera, consegneranno i responsabili alla giustizia.
Vera o falsa che sia, quella rivendicazione tuttavia non può essere sottovalutata. A leggerla, tra alcuni sproloqui, molti errori -anche di ortografia- e insensatezze, si rimane francamente colpiti da una serie di passaggi. Nel giustificare l’attentato, si legge: “Il capitalismo con l’aiuto della scienza tende ad annullare i conflitti; gli individui oggi sono liberi di realizzare la propria soggettività solo attraverso il consumo e la produzione di merci”.
O ancora: “Accordi sempre più stretti tra Stati, capitalismo, scienza senza scrupoli e tecnologia criminale stanno uccidendo inesorabilmente il Pianeta”.
Con un brivido ci rendiamo conto di comprendere queste parole.
Alle quali seguono -numeri alla mano- un atto d’accusa contro l’energia nucleare -rappresentata da Adinolfi-, un attacco a Finmeccanica -che alla fine del testo viene dichiarata oggetto di una campagna di lotta generalizzata-, uno all’Alta velocità “coi suoi treni che devastano il territorio”, uno ai “mortali caccia bombardieri F35”.
Vera o falsa che sia, di quella rivendicazione dobbiamo temere le conseguenze. Fa un pessimo effetto vedere abusate parole e temi a noi familiari. Fa un pessimo effetto vederli accostati -addirittura usati come pretesto- a crimini da condannare senza esitazione. È semplicemente inaccettabile. Ma inaccettabile è anche tollerare (o alimentare) ambiguità.
Il 15 maggio, a Milano, un gruppo di giovani del Collettivo Politico “Gramigna” di Padova ha espresso solidarietà -in aula, di fronte ai giudici e ai giornalisti- agli 11 imputati delle “Nuove Brigate Rosse”, condannati in primo grado nel 2010 a 150 anni, per aver incendiato, secondo l’inchiesta del pm Ilda Boccassini, la sede milanese di Forza Italia, quella padovana di Forza Nuova e per aver progettato il ferimento di un manager della Breda e del giuslavorista e senatore Pietro Ichino. I reati contestati sono quelli di banda armata e associazione sovversiva con finalità di terrorismo. Anche in questo caso non possiamo dire con certezza le motivazioni del gruppo di ragazzi del collettivo Gramigna. Che però sul loro sito si scagliano contro il governo “dei banchieri”.
Forse la crisi economico-sociale-ambientale (cui dobbiamo definitivamente aggiungere quella della democrazia rappresentativa) ha contribuito a questa esasperazione. Senz’altro lo hanno fatto l’attacco al territorio, l’ingiustizia sociale, la precarietà. Ma niente può giustificare l’uso delle armi.
Non possiamo accettare che le ragioni dell’economia solidale, del consumo critico e della sostenibilità siano stravolte e strumentalizzate. Non possiamo accettare che le nostre parole ci vengano rubate.
La scelta non violenta è semplicemente inevitabile.
Non ci sarà nessuna altraeconomia, nessuna sostenibilità se non sarà in ottica non violenta. Non ci interessano le rivoluzioni di sistema, né le riforme di sistema. Ci interessano le trasformazioni del sistema.
E queste -come ci hanno insegnato Danilo Dolci e Alex Langer- non contemplano l’uso della forza. Perché sarebbe una contraddizione insanabile, perché sarebbe un fallimento definitivo che non ci possiamo permettere. —