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Se fosse un Comune, la Regione Lombardia sarebbe stata sciolta per mafia
Il Celeste, Roberto Formigoni (nella foto), fosse un sindaco, rischierebbe lo scioglimento per mafia. La Lombardia come il comune di Reggio Calabria. La legge sugli scioglimenti non è estesa alle regioni, ma gli elementi indiziari ci sono tutti. Però ci sarebbe la Costituzione…
Partiamo dai voti della cosca all’assessore regionale in cambio di soldi. Una pratica che non accade più, soprattutto a certi livelli, neanche nei feudi del crimine organizzato. L’articolo del codice penale, il 416 ter, che punisce lo scambio politico mafioso, è un reato del tutto inapplicato visto il cerchio ristretto di esigibilità.
Sanziona unicamente lo scambio di denaro mentre di solito la contro-partita per il clan è legata a posti, lavori, promessa di appalti.
Anche queste ultime pratiche presenti nel patto corruttivo tra Domenico Zambetti, Pdl, assessore alla Casa della giunta Formigoni, e i gruppi criminali che lo hanno sostenuto. Dalle carte emerge l’interesse per l’affare Expo, la promessa di agevolare la consorteria criminale per l’assegnazione di appalti, l’impegno e l’assunzione all’ente casa Aler della figlia del boss Eugenio Costantino. Il tutto condito dal clima di condizionamento e paura. I boss, al telefono, parlano di una lettera inviata all’assessore nella quale gli veniva ricordato la cronistoria del rapporto, gli impegni assunti. Eugenio Costantino al telefono con un sodale raccontava: "si è messo a piangere davanti a me e a zio Pino, e piangeva… si è cagato sotto… cagato completo… Ogni tanto solo così possiamo prenderci qualche soddisfazione… ogni tanto piangono anche loro…ecco perché sono dalla parte della delinquenza".
Il quadro descritto è lo stesso che caratterizza gli scioglimenti degli enti locali a guida mafiosa. Fosse un comune, la prefettura potrebbe inviare la commissione di accesso per verificare la sussistenza dell’infiltrazione, con conseguente relazione al Ministro e possibile scioglimento. La legge parla chiaro. Il testo unico degli enti locali all’articolo 143, nonostante la modifica restrittiva del 2009, prevede per avviare l’iter di scioglimento: "Concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la
criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori. Un primo elemento pienamente riscontrato“.
Condizionamenti degli amministratori, tali da terminare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi e (…) da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali”.
È il caso dell’assessore Zambetti che costruisce la cornice di condizionamento dentro la quale inserire gli elementi di corruttela, da verificare in sede penale, riguardanti altre inchieste che hanno interessato componenti del consiglio e della giunta Formigoni.
Lo strumento dello scioglimento è una misura preventiva e, nel caso di specie, sarebbe obbligatorio
procedere. Ma, come detto in premessa, il Celeste è salvo. Formigoni non è sindaco e neanche presidente della provincia. Con buona pace dei lombardi è governatore e la legge resta inapplicabile.
In realtà al di sopra della legge ordinaria c‘è la Costituzione che prevede la possibilità di mandare a casa un consiglio e un presidente di Regione.
L’articolo, in questione, è il 126 e recita: “Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge”. Se applicato si griderebbe allo scandalo, quello scandalo che nessuno vede in un dato: in Lombardia 4 mila voti ( al momento accertati) sono a controllo mafioso. Una democrazia a controllo criminale anche se passa per le elezioni.
*Nello Trocchia, giornalista, è autore di "Federalismo criminale"
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