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Economia / Opinioni

Bene il salvataggio di Mps, ma la Finanziaria ora è da riscrivere

Il presidente del Consiglio Gentiloni e il ministro dell'Economia Padoan durante al conferenza stampa nella notte tra il 22 e 23 dicembre - www.governo.it

Il governo si è assicurato la possibilità di intervenire nel capitale del Monte dei Paschi di Siena e di altre banche in difficoltà. Quei 20 miliardi di euro, però, rappresentano un’ipoteca sulle misure contenute nella legge di Stabilità appena approvata. L’elenco delle priorità va modificato

Finalmente è intervenuto lo Stato a “salvare” il Monte dei Paschi di Siena. si poteva forse agire molto prima, evitando una inutile sequenza di tentativi di aumenti di capitale il cui successo era assai difficile, anche solo da immaginare. Azioni che hanno distrutto valore e hanno minato alle radici la credibilità di una banca di storiche tradizioni.
Si poteva prendere più rapidamente questa scelta, senza aspettare altre scadenze che con le vicende bancarie ben poco avevano a che fare, evitando soprattutto una sequenza di nomine costate molto care e destinate a costare ancora molto in termini di liquidazioni. Si è scelto tuttavia  di rispettare le “leggi del mercato”, e i tempi della politica, e dunque si è giunti al salvataggio “precauzionale” pochi giorni prima del baratro e dopo i danni sopra ricordati. Un intervento che intende far salvi tutti i risparmiatori coinvolti e dunque rappresenta un onere importante per le finanze pubbliche.

In realtà, la recente manovra approvata dal Parlamento prevede la possibilità per lo Stato non solo di salvare Mps: essa consente infatti al governo di indebitarsi fino a 20 miliardi di euro per mettere in sicurezza l’intero sistema bancario italiano. Neppure nel peggiore degli scenari il costo del salvataggio dell’istituto senese potrebbe necessitare di simili cifre e quindi l’obiettivo dell’esecutivo Gentiloni, nel momento in cui richiede al Parlamento una disponibilità così ampia, è quello di poter dare una mano ad istituti traballanti come la Popolare di Vicenza, Veneto Banca e Carige, e di chiudere alcune partite ancora pericolosamente aperte, a cominciare dalla definizione del Fondo di risoluzione che rendono non del tutto sicuri i bilanci di numerosi altri istituti del nostro Paese.

In altre parole, è ormai evidente che Mps costituisce la parte maggiormente visibile di un problema più generale del mondo del credito italiano che è il risultato di un pesante carico di sofferenze e di crediti non esigibili, e che necessita di un intervento più complessivo per scongiurare una spirale progressiva.
In un sistema di fatto sottocapitalizzato, con bilanci appesantiti dalle sofferenze e in presenza di una scarsa rimuneratività del mercato in termini di tassi d’interesse per effetto dell’azione della Banca Centrale Europea, il tracollo di un istituto cruciale come Mps causerebbe un effetto a catena di rapida diffusione e non più controllabile.
Salvare Mps significa così salvare gran parte del mondo bancario italiano; per realizzare un simile scopo servono allora moltissime risorse e un forte indebitamento, tanto marcato, come accennato, da rendere obbligatoria -ai sensi della nuova disciplina dell’articolo 81 della Costituzione che impone il pareggio di bilancio- l’autorizzazione parlamentare destinata ad assumere i caratteri della “Finanziaria anticipata”.

Il punto centrale della questione del salvataggio Mps diventa allora proprio questo; un nuovo indebitamento, fino a 20 miliardi, messo a disposizione del governo da parte del Parlamento senza indicazioni troppo precise e senza finalità specificate, al di là del salvataggio Mps, graverà in maniera pesante sul bilancio del 2017, secondo quanto ha dichiarato lo stesso ministro dell’Economia Padoan, e obbligherà, inevitabilmente, a rivedere in profondità l’impianto della “Legge di Stabilità” approvata di corsa prima di Natale nel burrascoso clima post-referendario.
Per essere ancora più espliciti, appare evidente che dopo il varo di un provvedimento da 20 miliardi, non contemplato in alcun modo nella manovra finanziaria per il 2017 approvata appena pochi giorni fa e popolata di misure di varia natura, le premesse della seconda fase della “Renzinomics”, della politica economica dell’ex premier, avranno bisogno di una significativa revisione.
Sarà indispensabile pertanto riscrivere l’elenco delle priorità dato che la prima di tali priorità, finora non prevista negli atti ufficiali -per quanto ampiamente prevedibile-, è diventata il salvataggio non di Mps ma di ampi spezzoni del sistema bancario nazionale.

In quest’ottica, la narrazione costruita sull’“ottimismo della volontà” deve misurarsi con un’ipoteca tanto importante da condizionare tutte le altre misure concepite dal precedente governo. Forse, dopo la definizione delle cifre necessarie per i salvataggi bancari, si è aperta davvero una nuova fase politica, quantomeno di politica economica, ed anche il rapporto con l’Europa non potrà che risentirne: è difficile ambire a fare i primi della classe e dover sorreggere le proprie banche.

* Alessandro Volpi, Università di Pisa

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