Opinioni
Risorse e limiti della riforma
Anche gli aspetti che oggi appaiono più innovativi nella bozza della nuova Pac potrebbero essere stravolti. A tutto vantaggio dell’agricoltura industriale, ignorando le esigenze dei contadini
Per noi agricoltori, e in particolare per quelli biologici, la proposta della nuova politica agricola comunitaria (Pac) fa emergere proposte interessanti.
Per la prima volta, ad esempio, in una bozza di documento agricolo europeo si riconosce l’agricoltura biologica come soggetto del mondo della produzione agricola. Nella forma di sostegno alle aziende agricole si propone, inoltre, il disaccopiamento dalle colture, obbligando alla rotazione di coltivazione, incentivando in questo modo la diversificazione colturale. Viene proposto, infine, un contributo minimo di 1500 euro ai piccoli contadini, che sino ad ora non esisteva
Si propone, infine, lo sviluppo delle filiere corte.
Detto questo, e premesso che si tratta di una bozza che verrà discussa durante il 2012, in commissione Agricoltura a Bruxelles si confronteranno i vari gruppi d’interesse, dove noi agricoltori che vogliamo fortemente un’agricoltura biologica e rispettosa dell’ambiente e dell’uomo siamo poco rappresentati e con poco peso. Proprio per questo, però, dobbiamo sin da oggi far sentire la nostra voce attraverso le associazioni alle quali apparteniamo, e dobbiamo informare il consumatore, anche attraverso il contatto diretto. Se non creiamo opinione, ciò che sembra indirizzato verso un’agricoltura più rispettosa verrà “mascherato”, per continuare a finanziare il modello di agricoltura industriale che distrugge il pianeta.
Paesi come l’Inghilterra da 10 anni vogliono tagliare i finanziamenti all’ agricoltura, sostenendo che il nostro settore gode di troppe risorse. Questa posizione è condivisa da altri Paesi, e se vi saranno tagli di sicuro sarà penalizzata l’agricoltura biologica.
Veniamo agli aspetti negativi: sappiamo che le lobby dell’agricoltura industriale stanno spingendo i finanziamenti verso un’agricoltura non alimentare, ma destinata a produrre “energia verde”, ad esempio biomasse, una scelta disastrosa per l’ambiente che ha già alterato il mercato degli alimenti e degli affitti di terreno.
Dove si nascondono, quindi, i pericoli di questa bozza. Laddove indirizza ad avere almeno tre colture diversificate per migliorare la rotazione, il testo non vincola questi piani e questi finanziamenti a produrre per il mercato agricolo. Diversificare la produzione non è un problema per chi coltiva derrate per la filiera delle biomasse.
Inoltre, già oggi l’affitto dei terreni è talmente alto che i piccoli agricoltori non avrebbero convenienza ad incassare il contributo di base di 1.500 euro annuali: gli affitti sono a 2mila euro ad ettaro per anno. Questo combinato produrrà accorpamenti verso grandi aziende agro-industriali di energia verde, favorendo la sparizione di un tessuto di piccole/medie aziende che non avranno più la forza di ripartire, anche una volta che dovessero riavere i loro terreni dopo averli affittati.
Dobbiamo perciò portare in commissione una proposta che migliori i piani di rotazione, vincolandoli all’agricoltura per l’alimentazione.
Altra proposta insidiosa è la creazione di filiere corte in cooperazione. Già dal titolo ci fa capire che i finanziamenti saranno erogati a una “filiera corta agro-industriale”, un modello già diffuso, ad esempio, per le filiere agro-alimentari del latte, del pomodoro, del comparto ortofrutticolo.
Per evitare che il settore agricolo venga sempre più danneggiato dalle politiche comunitarie, allora, dobbiamo proporre che questa Pac finanzi non solo le caratteristiche ambientali e colturali, ma anche lo sviluppo di un mercato agricolo diretto nuovo, dove il singolo agricoltore abbia la possibilità di una vendita diretta reale. I finanziamenti, cioè, dovrebbero essere vincolati a produzione e vendita diretta territoriale/locale, distinguendo le misure di sostegno dell’agricoltura industriale dalla reale agricoltura territoriale, che è quella che rispetta l’ambiente e valorizza il territorio stesso.
Oggi, a causa dell’organizzazione del mercato, ai contadini arrivano solo briciole di sostegno. Dobbiamo proporre un sistema di incentivi comunitari capace di creare un mercato alternativo: solo attraverso un nuovo modello di mercato diretto possiamo sperare di sostenere una miriade di medio-piccoli produttori agricoli europei che non possono essere inglobati nell’unico modello agro-alimentare-distributivo. Il nostro futuro, insomma, dipende da noi: ognuno proponga queste ed altre idee ai propri sindacati agricoli, ai quali chiedo di ascoltarci e di portare una posizione univoca al tavolo delle trattative per un’agricoltura del futuro che può essere solo agricoltura biologica, nel rispetto dell’ambiente, delle risorse e dell’uomo. —
* MAURIZIO GRITTA, CONTADINO. FONDATORE DI IRIS, SOCIETÀ COOPERATIVA AGRICOLA DI PRODUZIONE E LAVORO (www.irisbio.com)