Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Ambiente

Rio+20. Un summit nel pallone

"Comunque vada sarà un successo". E’ la sindrome di Cancun, da una delle ultime Conferenze delle Parti Onu sul clima, secondo la quale salvaguardare il processo val bene l’annacquamento dei contenuti.  Uscire con un nulla di fatto sarebbe un disastro, l’ennesimo in un mondo sempre meno multilaterale, e tutti si adoperano per dimostrare che qualcosa di buono uscirà. Ed in effetti su Unep e protezione degli oceani passi in avanti ci sono, ma la crisi mondiale è ben più complessa di un documento di scarsa ambizione.

In Brasile i giochi sono ancora tutti aperti. Ma la novità è arrivata ieri, con la vittoria del Cruzeiro sulla Figueirense per 1 a 0 la testa della classifica del campionato brasiliano rimane ancora al Vasco de Gama, ma forse ancora per poco. Volendo un po’ di emozioni, in questo scorcio di Brasile globale, basterebbe distrarsi dai tavoli negoziali di Rio+20 e rivolgersi altrove.
Nel frattempo, mentre Wellington Paulista segnava il goal del vantaggio, a Rio de Janeiro il portavoce del Ministero degli esteri brasiliano, Luiz Alberto Figueiredo, esprimeva tutto il suo ottimismo, "concluderemo  le discussioni domani sera", ha sottolineato il diplomatico, "la strada per un buon accordo finale è spianata".
Potremmo chiamarla "sindrome di Cancun", che si è poi contagiata anche a Durban durante la scorsa Conferenza Onu sul cambiamento climatico. Parte dall’assunto che "comunque vada sarà un successo", perchè la diplomazia internazionale non può sopportare stop o deragliamenti, e tanto meno lo può accettare il Paese ospitante. Se si dovesse trovare un neologismo capace di descrivere il fenomeno, questo potrebbe essere "opti-washing", una bella verniciata di ottimismo, anche se poi dal punto di vista sostanziale gli avanzamenti raggiunti sono molto al di sotto delle aspettative.
Il testo di compromesso diffuso ieri dal Governo brasiliano non si scosta dalla linea delle bozze precedenti: contenuti generali, promesse poco impegnative, basso livello di ambizione.
Ci sono novità, che comunque potrebbero cambiare lo scenario dei prossimi anni. Prima di tutto l’UNEP, il Programma sull’Ambiente delle Nazioni Unite, viene rafforzato sia come risorse, visto che non dovrebbe più basarsi solo su donazioni volontarie ma anche su un budget stabilito, che come membership che diventerà universale, come per le altre agenzie ed organizzazioni Onu. Se poi questo metterà UNEP sullo stesso livello degli altri organismi Onu sarà tutto da vedere. Così come sarà da vedere il taglio che prenderanno le politiche della nuova Agenzia, se così verrà confermata, perchè ad un rafforzamento delle prerogative di uno spazio politico ed economico corrisponde un relativo aumento delle pressioni e degli interessi particolari.
Non sarebbe la prima volta che il settore privato si fa avanti per sovradeterminare e condizionare le politiche di organismi Onu, basterebbe pensare il ruolo rivestito da consulenti come Pavan Sukdhev, già Deutsche Bank ora anche Special Advisor ed Head delle politiche sulla Green Economy di UNEP (è l’autore del "Green Economy Report", che segna la linea sull’economia verde di UNEP), che ha appena fondato Corp2020 "un movimento che propone alle multinazionali un nuovo modo di operare, in un nuovo scenario regolatorio". Nei fatti è una nuova lobby, dove sono a loro agio il direttore esecutivo di Puma, Jochen Zeitz; o Julie Katzman, vice direttrice esecutiva dell’Inter American Development Bank; o ancora Partha Bhattacharyya ex presidente di Coal India, la più grande multinazionale del carbone al mondo, ora Managing Director di Haldia Petrochemicals.
Un altro capitolo su cui ci potrebbero essere cambiamenti sostanziali è quello sugli oceani e sulla protezione della biodiversità marina, dove la Comunità internazionale dichiara di volersi impegnare (to commit) nel bloccare la pesca illegale e non regolata, di abbattere i sussidi, e di rafforzare gli ambienti Onu (come Unclos) che si occupano del tema. Un passaggio sull’ocean fertilization e sui suoi rischi (legati al tentativo di combattere il cambiamento climatico fertilizzando la crescita di fitoplancton con tonnellate di solfati di ferro) fa ben sperare che i vari progetti di geo-engineering, cioè di interventi massicci su atmosfera ed ecosistemi, per combattere il climate change possano essere messi al bando.
Sulla biodiversità l’invito ai Governi è quello di ratificare il Protocollo di Nagoya sulla protezione e l’accesso alle risorse genetiche, ma senza sottolineare che siamo a 4 ratifiche e che ne servirebbero ancora 46 entro la prima decina di luglio perchè il Protocollo possa diventare operativo senza ulteriori ritardi durante la prossima Conferenza delle Parti Onu sulla biodiversità, ad Hyderabad, India, nell’ottobre 2012. Come tutto ciò potrà andare di pari passo alla dichiarazione di dover applicare in pieno  le regole del negoziato Wto sui Diritti di Proprietà Intellettuale, che parla specificamente di protezione dei brevetti, è tutto da capire.
Ed infatti non poteva mancare un passaggio specifico sulla Wto, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, e sulla necessità di concludere il round negoziale di Doha.
I commenti della società civile si riassumono in poche battute di Asad Rehman, di Friend of the Earth, una delle più grandi Ong presenti a Rio "stiamo affrontando una triplice crisi" determinata dal cambiamento climatico, l’utilizzo ineguale delle risorse e livelli di consumo insostenibile, "il testo non è né adeguatamente ambizioso, né dimostra la volontà politica necessaria per risolvere i problemi del nostro pianeta".
 

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.