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Altre Economie

Rinconversione sulla terra

In Italia esistono 9 bio-distretti, distribuiti in 7 regioni. Riuniscono oltre 1.800 aziende agricole biologiche, che operano su oltre 8.300 ettari. È un progetto di Aiab, che il 13 marzo ha riunito tutte le esperienze a Roma. Il reportage di Altreconomia racconta l’esperienza del viterbese, dove una ventina di realtà danno vita al “Bio-distretto della via Amerina e delle Forre”. L’obiettivo è far rinascere un territorio in crisi. Tra Orte, Gallese, Civita Castellana e Corchiano —

Tratto da Altreconomia 155 — Dicembre 2013

Sono quasi mezzo milione gli italiani che vivono nei 9 bio-distretti, distribuiti in 7 regioni e 93 comuni, per una superficie totale di 6.400 chilometri quadrati. Più di 1.800 le aziende biologiche che vi operano per un totale di oltre 8.300 ettari di superficie agricola utilizzata. L’idea di bio-distretto – una intuizione dell’AIAB- definisce un’area geografica nella quale si costituisce un’alleanza tra agricoltori, cittadini, operatori turistici, associazioni e pubbliche amministrazioni per la gestione sostenibile delle risorse, sulla base del modello biologico di produzione e consumo. Dal numero di dicembre 2013 di Altreconomia il nostro reportage dal 
“Bio-distretto della via Amerina e delle Forre”, nel viterbese.


A fine ottobre nei campi della cascina degli Ercolini, lungo la via Flaminia a Civita Castellana (Vt),
si semina il farro (www.bioercolini.it). Nella stessa mattina, a pochi chilometri da lì, nel comune di Gallese (Vt), Alessio Cupidi e la moglie Roberta si preparano ad accogliere una scuola: la Fattoria Cupidi produce 8.500 uova biologiche al giorno, ma l’azienda è anche una fattoria didattica (www.fattoriacupidi.it). Intanto poco più a Nord, nelle campagne di Orte (Vt), Barbara Vitali scrive la mail con cui ricorderà ai “consumatori critici” di Roma e dintorni che l’azienda agricola Biobagnolese sta per macellare, e che entro fine novembre ci sarà una consegna di carne (www.biobagnolese.it), biologica e certificata.
Le tre aziende che Altreconomia ha visitato lavorano in rete: a marzo 2013 nel comprensorio della via Amerina, che prende il nome dalla strada romana diretta ad Amelia (in Umbria) e abbraccia il territorio di dieci comuni in provincia di Viterbo, da Calcata a Orte, è nato il “Bio-distretto della via Amerina e delle Forre”, con il sostegno dell’Aiab (Associazione italiana per l’agricoltura biologica, www.aiab.it) e la partecipazione attiva delle dieci amministrazioni comunali dell’area falisca, così conosciuta per il nome che gli antichi romani davano a Civita Castellana, “Falerii”.
“L’idea era nata due anni prima, nel gennaio del 2011, quando a Corchiano ospitammo un workshop Aiab. I nostri Comuni vivevano già l’esperienza del Comprensorio della via Amerina e delle Forre (www.viaamerina.eu), nato per fomentare la vocazione turistico-culturale del territorio, e abbiamo pensato che insieme avremmo potuto incentivare anche l’agricoltura sostenibile, i prodotti locali e il chilometro zero” racconta Livio Martini, che è vice-sindaco del Comune di Corchiano, uno di quelli che fanno parte dell’associazione “Comuni virtuosi” (www.comunivirtuosi.org), ed è stato scelto come presidente del “Bio-distretto”: “La nostra è un’associazione senza fini di lucro -spiega Martini-, che riunisce il pubblico, cioè le amministrazioni il cui ruolo è fornire indirizzi e prospettive, e il privato, cioè produttori e trasformatori ma anche le associazioni del territorio che si riconoscano nel ‘manifesto’ del Bio-distretto, dall’Arci alle pro loco. Ognuno dei dieci consigli comunali ha deliberato la propria adesione all’associazione: è una scelta consapevole e ‘pesata’, frutto di due anni di assemblea, riunioni, incontri”. Nei 10 Comuni esistono circa 200 aziende biologiche, per una superficie complessiva di 4.266 ettari.

Secondo Massimo Crescenzi, assessore alle Attività produttive a Corchiano e membro del direttivo del Bio-distretto, l’agricoltura bio è “un pretesto”, e “serve a focalizzare l’attenzione sul lavoro e sull’occupazione, anche perché questo territorio sta affrontando la crisi del distretto della ceramica, dislocato tra Civita Castellana e Fabrica di Roma: oggi occupa circa 5mila persone, tra industria e indotto, ma fino a un decennio fa dava lavoro a 20mila persone, in un territorio che fa 60-70mila abitanti”. A una riconversione ecologica del territorio lavora già Corchiano, dove l’amministrazione sta realizzando il recupero ambientale delle due aree protette regionali presenti sul territorio, il Monumento naturale delle Forre, che si estende su 44 ettari, e il Monumento naturale Pian Sant’Angelo, che si sviluppa su 262 ettari. “Nel mese di ottobre abbiamo ricevuto in visita una delegazione di una trentina di persone, tra ricercatori e operatori del settore turistico provenienti da numerosi Paesi dell’Unione europea -racconta Martini-: lo sviluppo degli itinerari turistici lungo la via Amerina beneficerà di finanziamenti europei nel settennio 2014-2020, e chi ha visitato il nostro territorio, anche i funzionari della Regione Lazio che facevano parte della delegazione, si è reso conto che qua oltre al Comprensorio c’è anche il Bio-distretto, e che l’integrazione tra queste due reti è un valore aggiunto per un territorio culturalmente ricchissimo, con tre aree protette -i due Monumenti naturali di Corchiano e il Parco regionale del Treja, a Calcata-, centri storici medievali e rinascimentali importanti e -da un punto di vista archeologico- i resti dei periodi falisco, etrusco e romano”.

“Quello della provincia di Viterbo è un territorio agricolo particolarmente vocato, ed è per questo che Aiab Lazio lo ha individuato come sede del primo distretto del biologico a livello regionale -racconta Stefano Dell’Anna, che segue la segreteria del Bio-distretto per conto dell’Associazione italiana per l’agricoltura biologica-. Oggi, però, le aziende agricole ‘bio’ per il 95 per cento servono la capitale. C’è anche un problema di ‘conversione del territorio’, visto che molte aziende stanno andando verso la monocoltura del nocciolo”, una produzione intensiva che occupa 18mila ettari nel territorio provinciale e sarebbe alla base del degrado della qualità delle acque del lago di Vico, nel viterbese. Tra le azioni del Bio-distretto, racconta Dell’Anna, c’è anche una collaborazione con la Firab (la Federazione italiana per la ricerca in agricoltura biologica e biodinamica, www.firab.it), “che garantiscono assistenza e formazione alle aziende che aderiscono e a quelle che potranno farlo scegliendo di convertirsi all’agricoltura biologica”. Perché ciò accada, “fatta salva l’importanza del mercato romano, è necessario creare possibilità di commercializzazione a livello locale -spiega Dell’Anna-: in provincia di Viterbo ci sono 3 gruppi d’acquisto solidale, ma ciò cui stiamo lavorando riguarda la ristorazione collettiva, e in particolare le mense scolastiche, che garantirebbero continuità agli agricoltori”. “Sono due le mense che hanno già inserito un 55-60% di prodotti ‘bio’ di filiera corta-aggiunge Livio Martini-, Corchiano e Civita Castellana”. Sono oltre 20mila pasti all’anno, con l’obiettivo di arrivare a scrivere un capitolato unico per tutti i Comuni soci. Il Bio-distretto offre un paniere di prodotti completo, a partire dalle uova della Fattoria Cupidi: “La nostra è un’azienda con 150 anni di storia, che abbiamo convertito al biologico nel 2000 -racconta Alessio Cupidi-. La nostra è la quarta generazione”. Al mattino le galline sono in batteria: “Al coperto ci sono 6 animali per metro quadrato; ogni giorno, verso mezzogiorno, escono, ed hanno a disposizione 6 metri quadri a testa per razzolare all’aperto. Abbiamo piantato per loro un noceto di 8 ettari, perché il noce è un albero della famiglia delle latifoglie, che d’estate garantisce ombra. Altrimenti -spiega Cupidi- non uscirebbero”.
Mentre le galline ascoltano la musica di Radio Subasio, arriva un camion a caricare la produzione di giornata: “Per il momento vendiamo quasi tutto all’ingrosso, a Ovito di Spoleto, che paga 14 centesimi di euro ogni uovo. C’è qualche ristorante che acquista direttamente le nostre uova, a 0,22 euro l’una. Adesso però abbiamo registrato la nostra etichetta, ‘Ovo bio-Angelino’, e a breve, anche grazie al Bio-distretto, inizieremo a commercializzarla”.

La Fattoria Cupidi, che oltre alle uova produce olio e vino, dà lavoro a 5 persone, “tre delle famiglia più due collaboratori esterni”, fattura circa un milione di euro ed è alimentata solo da fonti di energia rinnovabile, tanto da aver ottenuto la certificazione “CO2 free” da Bios (www.certbios.it).       
È Icea (Istituto per la certificazione etica ed ambientale, www.icea.info), invece, a certificare le carni biologiche prodotte dall’azienda Biobagnolese, che nell’antico borgo agricolo di Castel Bagnolo, a 5 chilometri da Orte, alleva una novantina di bovini, gestendo la macelleria e un agriturismo. L’azienda si estende su una settantina di ettari, “che i miei genitori hanno acquistato negli anni Sessanta, grazie alla Cassa per la formazione della proprietà contadina -racconta Barbara Vitali-: abbiamo 57 ettari di seminativo, e 13 di bosco. Da qualche anno non lavoriamo più per conto terzi, e tutta la produzione è orientata all’allevamento dei nostri animali: non vogliamo dipendere dall’esterno per l’acquisto degli alimenti necessari, perchè questo inciderebbe anche sul prezzo finale delle carni”. Biobagnolese ha scelto da anni la vendita diretta, ed oggi serve circa 200 nuclei familiari, prevalentemente (il 95%) a Roma, gasisti e famiglie che ritirano la carne presso un negozio alla Città dell’AltraEconomia del Testaccio e due botteghe del commercio equo e solidale gestite da Pangea-Niente troppo (www.commercioequo.org). “Le consegne sono mensili, e passano circa tre settimane tra l’apertura di un ordine e l’arrivo della carne”, che può essere di bovino, di suino e di pollo o tacchino.

Barbara mostra la piccola macelleria-spaccio e stampa un’etichetta: “La trasparenza per noi è fondamentale: c’è scritto chi ha controllato, chi ha macellato, chi ha sezionato ogni singolo capo. E quando: cerca le stesse informazioni sui prodotti in vendita tra i banchi della grande distribuzione organizzata”.
Negozi specializzati nei prodotti biologici non esistono nei dieci comuni del Bio-distretto (il più grande, Civita Castellana, fa circa 10mila abitanti), ma lo spaccio aperto 3 anni fa dall’azienda Ercolini è già una vetrina per altre aziende che aderiscono al percorso: oltre a verdure, ortaggi e legumi prodotti nei campi e nelle serre che sono letteralmente “a vista”, tra i banchi ci sono i formaggi di mucca dell’azienda Lucciano (www.fattorialucciano.com) e quelli di capra di Cattani, i vini di Ciucci (agricolaciucci.it), la pasta dell’azienda agricola Cavalieri (agricavalieri.it) e le creme spalmabili di DeaNocciola (www.deanocciola.comwww.deanocciola.com). Marina Ercolini e il marito gestiscono quest’azienda di ottanta ettari da 4 anni.
“La proprietà era già di mio nonno, ed è stato mio padre -nel 2000- a convertire la produzione al biologico”. Un’idea che è scritta da sempre sui muri della casa colonica che ospita l’azienda degli Ercolini. La costruzione risale al periodo fascista, e un motto del Ventennio spiega: “Bisogna dare la massima fecondità a ogni zolla di terra”. La risposta, moderna, è l’agricoltura biologica, che produce e non stressa il terreno. Perché dalla fertilità del suolo dipende il futuro, anche quello del Bio-distretto. —

Distretti fratelli
Nei prossimi mesi nasceranno due nuovi Bio-distretti, quello della Val di Gresta, nel territorio della Provincia autonoma di Trento, e quello delle Valli Valdesi, in Piemonte. Si aggiungeranno ai cinque che già esistono, che oltre a quello della Via Amerina e delle Forre sono in Cilento (in Campania), quello Grecanico (Calabria) e -infine- i due toscani a Greve in Chianti (“il territorio dell’eccellenza vitivinicola di Panzano in Chianti”) e a Gaiole in Chianti (“Chianti storico”).
“Dopo 25 anni di agricoltura biologica, non ha più senso parlare di conversione aziendale, perché l’importante è una conversione dei territori” spiega ad Ae Salvatore Basile, che è il responsabile del progetto bio-distretti per Aiab (www.biodistretto.net).
Nel mese di ottobre, intanto, è stato firmato un accordo tra i bio-distretti italiani e quello francese della Bio Vallée, nella valle della Drôme (www.biovallee.fr), “un gemellaggio che in embrione rappresenta l’avvio di una rete europea” spiega Salvatore Basile.
Da un punto di vista “operativo”, in base a questo accordo verrà avviato -già a partire dal Natale 2013- uno scambio commerciale dei prodotti dei bio-distretti, grazie alle piattaforme “Spazio bio” presso la Città dell’Altra Economia di Roma e “La Carline” presso la cittadina di Die, nella Drôme (in Francia).
La nascita del Bio-distretto delle Valli Valdesi, invece, permetterà di immaginare anche itinerari turistici in comune, creando bio-sentieri attraverso le Alpi. 

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