Opinioni
Ricostruzione? La forza dell’economia solidale
Una solidarietà concreta, continua, organizzata e razionale, a partire dal lavoro di reti sempre più presenti nel tessuto sociale —
Le prime scosse a Calvatone (Cr) sono arrivate dopo il 20 maggio. Ma pensando di essere in una zona esente da pericolosità (a 30 chilometri da Mantova e 60 da Cavezzo, Mirandola e Finale Emila) non ci siamo preoccupati. Il nostro pensiero è corso invece ai tanti amici che si trovavano nell’area direttamente colpita. Abbiamo telefonato, senza riuscire a metterci in contatto. Poi -poco a poco- abbiamo potuto parlare con tutti, a sentirci e subito è scattata la mobilitazione per cercare di aiutarli il più possibile.
Sino al 29 maggio, comunque, nessuno della cooperativa Iris pensava che il terremoto potesse essere anche un nostro problema: quando una situazione non ti tocca direttamente è molto difficile capirla fino in fondo, e questo deve far riflettere chi -come noi- desidera una società più equilibrata, in cui è necessario essere più umili, capire e aprirsi veramente all’altro quando ha bisogno.
Quando il 29 maggio la forte scossa sentita in Emilia si è estesa con la stessa intensità sino alla sede e al pastificio di Iris, la prima reazione umana è stata quella di fuggire all’aperto: ansia, preoccupazione, occhi che cercano altri occhi, e un turbinio di preoccupazioni con il pensiero che corre subito agli amici già in gravi difficoltà.
Quando a mezz’ora dalla scossa il responsabile del pastificio, Piero, mi ha telefonato, prima che parlasse ho pensato: “È crollata qualche struttura!”. Invece, voleva avvisarmi che la linea di produzione degli spaghetti -che era in funzione- si è danneggiata gravemente, ma per fortuna né le persone né la struttura hanno subito danni. Solo tanta paura e tutti in strada per circa un’ora. Ho preso l’auto per correre al pastificio, a Piadena (Cr), e nel frattempo ho chiamato gli amici già terremotati di Finale Emilia, Solara, Bomporto, per sapere quanto fosse peggiorata la situazione da loro. Mi spiegano che ci sono stati altri crolli, soprattutto di strutture già lesionate, che ci sono nuovi sfollati e molta paura, ma sento forte la loro voglia di continuare a rimanere sulla loro terra e non scappare. Un amico mi dice: “Cosa devo fare Maurizio? Le botti dell’aceto balsamico sono rotolate ma non si sono rotte, se mi dai una mano le mettiamo in vendita per aiutarci nella ripresa”. La dottoressa Emma (che sento al telefono) gestisce “La Lucciola” a Solara di Bomporto (Mo), una struttura per la formazione e la crescita di minori con disagi psichici e sindrome di Down. Racconta: “La casa scuola è e sarà inagibile, non so come faremo il prossimo inverno, ma abbiamo già montato le tende e sono contenta che i bambini possano venire da me ora”. Un altro amico segnala i gravi danni subiti da Mantova. Quando arrivo al pastificio, Piero mi mostra la linea di produzione spaghetti bloccata e mi spiega che è impossibile farla ripartire, e che tutto il prodotto dentro la macchina dev’essere scartato. Non riesco a capacitarmi: in pochi secondi tutto ciò che faticosamente abbiamo costruito in un percorso di economia solidale può essere a rischio di continuità; ma è solo un attimo, e la volontà e il pensiero che altri siano in difficoltà, come e più di noi, mi dà la forza di valutare razionalmente la situazione.
Richiediamo l’intervento di una ditta specializzata per valutare il danno. Dopo due giorni ci confermano che il danno è dovuto al sisma, che ha spostato la linea di produzione mettendo fuori asse gli impianti che si sono rotti di conseguenza.
Il danno è rimediabile e questo ci rincuora un po’, ma non ci possono dire l’importo esatto dell’intervento, perché, essendo un danno a catena, solo smontando si renderanno conto di cosa sostituire e aggiustare. Il tempo di fermo è di almeno 15 giorni, per ripristinare ciò che è possibile riparare subito, per poi ricominciare la produzione e prevedere un altro fermo di 15 giorni per sistemare le parti che devono essere prima ricostruite. Iniziati immediatamente i lavori, il mio pensiero corre a tutte le famiglie cui Iris garantisce uno stipendio. Come faremo? Un mese di fermo significa mancata produzione, e di conseguenza mancato reddito: il danno non è coperto da assicurazione sul terremoto, perché ci hanno sempre detto che era inutile.
I soci della cooperativa si riuniscono, prendono atto dell’impegno che ci spetta e, con grande preoccupazione, confidano di poter almeno ripartire con un po’ di sicurezza. Ma il nostro “guaio” non ci ha fatto dimenticare chi è al centro del sisma: tramite le reti dei Gas e le numerose cooperative di solidarietà con le quali siamo in contatto ci attiviamo per inviare pasta e altri prodotti biologici per le cucine da campo, cercando di programmare anche il post-terremoto. Quando sarà terminata l’emergenza (speriamo al più presto) gli sfollati che sono nei campi avranno ancora più bisogno di noi: dobbiamo pensare a come mantenere un sostegno reale, concreto e diretto di consegna dei prodotti di prima necessità. Costruire una rete di mutuo-sostegno ci sembra indispensabile e dovuto.
Mentre scrivo, a metà giugno, noi della cooperativa Iris siamo ripartiti, e tutto sembra andar bene. Speriamo di terminare l’intervento, e nel frattempo, di continuare a garantire la pasta biologica e solidale da tanti apprezzata. Confidiamo di farcela ma, se ne avremo bisogno, anche Iris chiederà aiuto in rete. Pensiamo che oggi l’economia solidale sia una realtà in crescita. La solidarietà vera è la mutualità di tutti i giorni, che nei momenti complicati sa essere concreta, continua, organizzata e razionale. Anche con il cuore.
* Maurizio Gritta, CONTADINO, PRESIDENTE DI IRIS BIO, COOPERATIVA NATA NEL 1978, ed EDITORIALISTA DI “ALTRECONOMIA”