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Economia / Opinioni

Regole energetiche molto poco perfette

© Raimond Klavins - Unsplash

Per il mercato 1 kWh da fonti rinnovabili è identico a quello prodotto dalle fossili. Così sarà difficile raggiungere i target al 2050. Un’idea alternativa. La rubrica di Giacomo Prennushi

Tratto da Altreconomia 272 — Luglio/Agosto 2024

Gli obiettivi del Green Deal europeo sono molto ambiziosi, portando il sistema di generazione elettrica nel 2050 a essere quasi interamente basato sulle fonti rinnovabili, con una domanda, in virtù della progressiva elettrificazione degli usi finali (industria, riscaldamento e trasporti), che potrebbe anche più che raddoppiare (da 320 TWh/anno a 650 TWh/anno). Le fonti rinnovabili sono intermittenti e non programmabili, solo quando è disponibile la fonte (sole, vento e acqua) si può produrre energia. Esistono delle stime di produzione sulla base delle previsioni di nuvolosità o di ventosità o sull’apporto pluviometrico stagionale, sempre con dei margini di incertezza, in particolare per fotovoltaico ed eolico.

Le fonti rinnovabili hanno avuto fino a oggi la priorità di dispacciamento: possono sempre immettere in rete l’energia che producono, regola che è coerente con il fatto che l’energia pulita, prodotta senza inquinare e immettere CO2, deve avere priorità sull’energia da fonti fossili. L’entrata in vigore del nuovo Testo unico del dispacciamento elettrico (Tide) il primo gennaio 2025, elimina questo meccanismo e introduce la logica di neutralità tecnologica, dando una priorità alle rinnovabili solo nel caso di offerte a parità di prezzo al momento della risoluzione del mercato.

Il valore del kilowattora nel mercato dipende dal punto di incontro della curva della domanda e dell’offerta. Oggi in Italia (e in Europa) è in vigore il meccanismo del “prezzo marginale” per cui le offerte, per ogni ora e per ogni zona di mercato, vengono ordinate per prezzo fino al raggiungimento della domanda (prima le rinnovabili, seguite dal nucleare importato, dal carbone e infine dal gas) ma alla fine tutti i produttori vengono pagati al valore dell’ultima offerta accettata, il prezzo di equilibrio che è il più alto di quelli proposti.

Questo meccanismo, nato per tutelare i produttori con costi più alti, implica oggi che il prezzo dell’energia, da qualunque fonte sia prodotta, dipenda dalla quotazione del gas naturale. Schema che ha dimostrato i suoi limiti con la crisi del 2022, quando l’allora Governo Draghi ha obbligato i produttori da rinnovabili a restituire allo Stato, per 17 mesi, la differenza dei ricavi ottenuti a prezzo di mercato rispetto a quelli calcolati su un prezzo di riferimento molto più basso.

Il produttore da rinnovabili può anche trovarsi in situazioni di eccesso di offerta, dovute all’assenza di sistemi di stoccaggio dell’energia e di sufficienti interconnessioni tra le zone di mercato (è il caso della Sardegna), che portano i prezzi a valori molto bassi, talvolta nulli. Ed ecco che un kilowattora prodotto dal sole in alcuni momenti può valere zero.

La quota di fabbisogno elettrico coperto dalle fonti rinnovabili in Italia nel 2023 è del 36,8%

Da questi spunti risulta evidente che non potrà essere il “mercato” ad accompagnare l’Italia al raggiungimento degli obiettivi al 2050, presentando incertezze troppo elevate per chi investe nelle rinnovabili. E non lo potranno neanche essere i contratti bilaterali di lungo periodo (Power purchase agreement), destinati solo a una parte ridotta dell’offerta. La transizione energetica dovrà essere regolata e coordinata dall’Europa e dai singoli Paesi perché richiede un ridisegno logico e fisico della rete e dei meccanismi di mercato. Una possibile soluzione è quella di pensare un mercato a due livelli, che negozi le fonti rinnovabili prioritariamente, avvalendosi dello stoccaggio (su cui deve essere definito un piano di sviluppo nazionale) in caso di eccesso di offerta, e in seconda istanza a chiusura della domanda le fossili, applicando un meccanismo di prezzo medio ponderato e non marginale. Per garantire la “bancabilità” dei progetti può, infine, essere istituito un sistema di prezzi minimi garantiti per i soli nuovi impianti rinnovabili per i primi 10-15 anni di esercizio. Saprà l’Europa accompagnare con successo questa trasformazione epocale?

Giacomo Prennushi è un attento osservatore del mercato dell’energia, con una lunga esperienza nello sviluppo di nuove iniziative e nel marketing, maturata in alcune importanti realtà del mercato italiano, e una passione particolare per le energie rinnovabili e il digitale

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