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Referendum, gli errori dei video pubblicitari di “Basta un sì”
Le competenze Stato-Regioni sul turismo spiegate a giovanissimi studenti da un professore noioso, il procedimento legislativo ridotto a una partita di ping pong tra due burocrati in giacca e cravatta. Ecco le omissioni evidenti dei video del comitato nazionale del “Sì”
“Questo è il signor Russo, un esperto di come funziona lo Stato italiano”, annuncia la maestra ai suoi studenti nell’incipit di uno dei video caricati sul canale YouTube ufficiale del comitato “Basta un sì” in vista del referendum costituzionale del 4 dicembre. Ad ascoltare il professore c’è una classe di giovanissimi alunni delle elementari. “Oggi sono qui per parlare del turismo”, esordisce il protagonista del filmato “Il professor Russo e il turismo” (oltre 12mila visualizzazioni all’11 novembre). Gli alunni (i cittadini italiani) lo ascoltano mentre scarabocchia sulla lavagna. “Ogni Regione o Provincia autonoma ha le sue regole, la sua burocrazia, il suo piano trasporti. Quindi politiche turistiche diverse”. Dopo venti secondi, gli scolari dondolano sulle sedie o si stropicciano gli occhi. “Se volete aprire un bed and breakfast -continua Russo- in Umbria potrete avere al massimo otto ospiti, nel Lazio sei e in Sicilia venti”. Primi sbadigli, alcuni giocano con le matite. “In Campania o in Veneto il cibo dovrà essere confezionato, in Puglia no. In Emilia-Romagna potrete rimanere aperti al massimo 120 giorni all’anno, in Basilicata non meno di 90. Chiaro il senso?”. Pausa, sguardi inebetiti, stacco. “No, non ha senso. Cambiamo”, spiega un cartello. Suona la campanella e il video è chiuso da un invito a votare “Sì”.
https://www.youtube.com/watch?v=ASXN8t2eAPE
La materia che si vorrebbe cambiare non è esplicitata, ma è probabile che si tratti del “Titolo V” della Costituzione, ovvero i rapporti tra Stato e Regioni (che abbiamo già descritto qui).
Stando al “Sì”, con la revisione costituzionale la materia del turismo dovrebbe uscire dalla cosiddetta “competenza concorrente” e ritornare sotto l’esclusiva responsabilità dello Stato. Il professor Russo lo dice: “Ogni Regione o Provincia autonoma ha le sue regole”. C’è una duplice omissione, però, nella lezione fatta agli alunni. La prima è che alla voce “turismo” la revisione riserva allo Stato “disposizioni generali e comuni”, lasciando alla competenza delle Regioni la “valorizzazione e organizzazione regionale del turismo”. Dunque l’immagine di un accentramento risolutore è falsa. Seconda omissione, ben più grave, è che il professore non dice che, per volere dei “neo costituenti”, il “nuovo” Titolo V -come tutto il capo IV della revisione- non si applicherà alle Regioni a Statuto speciale (come la Sicilia citata nel video) e alle province autonome di Trento e Bolzano (anche queste citate a sproposito). Per nove milioni di italiani, fino alla “revisione” degli Statuti, il “cambiamento” promesso dalla revisione non varrà.
Lo stesso rovesciamento della realtà vale per un altro video di “Basta un sì”, “Fermiamo il ping pong fra Camera e Senato”. Mentre due uomini in giacca e cravatta palleggiano, una voce narrante “descrive” il procedimento legislativo: “Solo in Italia approvare una legge è un continuo rimbalzo tra Camera e Senato. Avanti e indietro, così le leggi impiegano anni per essere approvate”. Ma al referendum “noi possiamo fermare questa partita”. Come la lezione agli scolari, anche questo filmato omette un particolare importante. Nella scorsa legislatura (2008-2013), dati Camera e Senato alla mano, su 391 leggi approvate ben 301 non avevano fatto alcun “ping pong”, o “navetta”. In quella in corso (dati aggiornati al 30 giugno 2016), 180 provvedimenti su 224 sono stati approvati senz’alcun rimbalzo.
Altrettanto paradossale è il contenuto dell’appello per il “Sì” sottoscritto da 150 donne della cultura, spettacolo, impresa e politica. A proposito del Titolo V, si legge: “Con la riforma attuale si mettono finalmente in discussione blocchi di potere politici locali alleati a interessi corporativi, da cui la realtà femminile è costitutivamente assente”. Sarebbe stato sufficiente leggere le “Schede di lettura” messe a punto dal Servizio Studi della Camera dei deputati per rendersi conto che “la definizione dei principi fondamentali per promuovere l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza” delle Regioni, ancora una volta, non trova applicazione nelle Regioni a Statuto speciale.
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