Interni
Pubblica amministrazione, trasparenza e partecipazione
Dal 1 gennaio 2010 tutte le amministrazioni pubbliche erano obbligate ad attivare l’albo pretorio digitale, che dal 1 gennaio 2011 ha il suo pieno valore legale. Ciò significa che dovranno predisporre l’inserimento nei propri siti web di tutti i provvedimenti…
Dal 1 gennaio 2010 tutte le amministrazioni pubbliche erano obbligate ad attivare l’albo pretorio digitale, che dal 1 gennaio 2011 ha il suo pieno valore legale. Ciò significa che dovranno predisporre l’inserimento nei propri siti web di tutti i provvedimenti amministrativi da esse attuati. Questo permetterà ai singoli cittadini di conoscere, seduti davanti al proprio computer domestico, tutto quanto l’amministrazione ha prodotto e, se coinvolto, di procedere automaticamente all’accesso. Ciò significa che ogni cittadino, anche il più lontano, potrà avere in diretta la conoscenza di quanto i singoli uffici regionali, provinciali, comunali hanno prodotto, o accedere ai procedimenti di un qualsiasi ministero.
La cosa non è di poco conto, per quanto riguarda la trasparenza amministrativa. Non sarà più possibile che un cittadino si veda montare accanto casa un impianto fotovoltaico o eolico, costruire una fabbrica o una strada, senza avere la possibilità di esserne informato e di fare le giuste osservazioni.
Nella nostra provincia di Pesaro Urbino, però, è proprio successo il contrario. Dirigenti poco accurati non hanno pubblicato i procedimenti amministrativi di ben 133 impianti energetici, in barba alle leggi vigenti, attivando così una serie di impianti discussi, non solo dalle associazioni protezionistiche, ma soprattutto da una mole di cittadini che si sono sentiti non coinvolti, violati nei loro diritti di confinanti, esproprianti, vicini. Ciò ha significato un via vai continuo presso l’ufficio energia della Provincia, di avvocati e persone che chiedevano giustamente l’accesso agli atti, ovviamente con il conseguente aumento di contenziosi. Chi scrive ha richiesto gli atti dell’impianto fotovoltaico di Ripe di Montelabbate, eppure a mesi di distanza, ancora e nonostante la relativa diffida, non ha ricevuto i documenti richiesti. E pensare che il presidente della Provincia di Pesaro Urbino, Matteo Ricci, assieme al sindaco di Firenze Matteo Renzi, hanno partecipato, alla fine del 2009, alla conferenza dedicata ai giovani, su cittadinanza e democrazia partecipativa.
Ricci pare non aver chiare la legge, che definisce amministrazione pubblica “tutti i soggetti di diritto pubblico o di diritto privato limitatamente all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario” (legge 241/90 sulla trasparenza amministrativa); autorità pubblica è una definizione che identifica, invece, “le amministrazioni pubbliche statali, regionali, locali, le aziende autonome e speciali, gli enti pubblici e i concessionari di pubblici servizi, nonché ogni persona fisica o giuridica che svolga funzioni pubbliche connesse alle tematiche ambientali o eserciti responsabilità amministrative sotto il controllo di un organismo pubblico” (secondo il decreto legislativo 195/2005 sull’accesso ai dati ambientali).
Ecco perché anche i gestori privati di servizi pubblici sono di fatto equiparati alla pubblica autorità e, in quanto tale, soggetti alle stesse norme. Quante volte riceviamo da questi soggetti cartelle, lettere, fatture, con una firma illeggibile, oppure il solo nome del gestore, o anche il numero del call center. La normativa prevede che debba essere individuato e individuabile il responsabile del procedimento, così come per l’ente pubblico. Ad aiutare il cittadino viene la Posta elettronica certificata (Pec), un semplice indirizzo e-mail ma equiparato per legge a una raccomandata con ricevuta di ritorno, di valore legale. Le richieste alle pubbliche amministrazioni possono essere effettuate tramite Pec: ciò, per chi come me si occupa di tutela ambientale, con la conseguente mole di invio di richieste, osservazioni, diffide, è, di fatto, una notevole agevolazione.
Nelle modifiche del 28 ottobre 2010, del Codice dell’amministrazione digitale, voluto dal ministro Brunetta, è stata inserita una mia considerazione, riguardante la conferma dell’obbligo anche per i gestori privati di servizi pubblici dell’utilizzo della Pec per i contenziosi con gli utenti. Ecco, allora, che diventa necessario anche per questi soggetti pubblicare la propria Pec nei rispettivi siti. Non averla, o non metterla in evidenza, comporta, come per le pubbliche amministrazioni, una trasgressione di legge.
La stessa norma sull’accesso agli atti riconosce la partecipazione al procedimento non solo ai privati interessati, ma anche ai comitati costituitisi anche spontaneamente e che fanno parte di un territorio, chiamandoli “portatori di interessi diffusi”, mentre le associazione riconosciute a livello nazionale sono definite “portatori di interessi collettivi”, riconoscendo così a loro non solo l’interesse privatistico, ma anche quello pubblicistico: ecco quindi che le associazioni ambientaliste, dei consumatori, di categoria, sindacati, acquistano in più il riconoscimento della tutela allargata e pubblica.
Accade spesso però che venga invocata la legge sulla privacy a diniego dell’accesso agli atti: le amministrazioni si oppongono a quanti richiedono l’accesso ai procedimenti, attraverso il meccanismi della tutela dei dati sensibili, che però sono ben descritti dalla normativa; anzi va detto che l’accesso ha priorità sulla privacy e non ha senso ricorrere a chiedere il consenso ai “controinteressati” che hanno chiesto ad esempio, un “permesso di costruire”, per far accedere agli atti il cittadino che li richiede. Così hanno fatto il comune di Cagli (Pu), che addirittura l’ha aggiunto nel proprio regolamento di accesso, o il comune di Urbania (Pu), per opporsi alla semplice richiesta di avere le autorizzazioni paesaggistiche rilasciate dallo stesso Ufficio tecnico comunale per tre impianti fotovoltaici.
Sentenze dei diversi Tribunali amministrativi regionali e circolari esplicative ritengono che la concessione edilizia sia un atto pubblico di per sé, pubblicato all’albo pretorio, scritto nel cartello di cantiere, e ciò deve escludere ogni carattere di privacy. Anzi sarà la nostra domanda di accesso ad essere soggetta se mai, alla richiesta di consenso.
Non esiste, però, la possibilità di “non risposta” per la pubblica amministrazione: entro 30 giorni nel caso che regolamenti interni non provvedano diversamente, se questa non risponde, è necessario fare una espressa diffida scritta, da parte del cittadino richiedente, dare un termine preciso di scadenza, individuando il responsabile dell’atto e in caso di ulteriore silenzio inviare alla procura competente. Una sentenza della Cassazione dell’aprile 2009 non solo ha confermato che le omissioni sono punibili, ma ha rafforzato la condanna ravvisando un’aggravante proprio nel rifiuto alla risposta, raddoppiando così la pena.
Se si volesse invece procedere amministrativamente, per gli atti locali -Comune, Provincia, Regione- occorre rivolgersi ai difensori civici; bisogna dire comunque che dal marzo 2010 queste figure sono scomparse a livello locale, mentre dovrebbe essere attivato quello provinciale, che ancora in provincia di Pesaro Urbino non è stato nominato, mentre è presente quello regionale. Per gli atti statali è prevista una apposita Commissione presso la Presidenza del Consiglio a cui ricorrere. C’è infine la possibilità di arrivare anche al Tar, dove la difesa può essere sostenuta anche dal privato stesso, senza necessità dell’avvocato, che è invece necessario per il ricorso in appello.
Resta il fatto che l’accesso agli atti per il cittadino è sempre una impresa da dimostrare e sostenere, a causa di amministrazioni e dirigenti poco a conoscenza della materia, o che addirittura vedono nel cittadino richiedente un rompiscatole, o quando peggio contrastano in tutte le maniere possibili l’accesso alle informazioni richieste.
Sono in molti che si riempiono la bocca di libertà e democrazia, ma la risposta più bella viene da una canzone di Giorgio Gaber:
“La libertà non è star sopra un albero, non è neanche avere un’opinione,
la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”.
Un invito quindi alle amministrazioni ad essere aperte alle richieste della gente ed una sollecitazione ai cittadini, per capire il vero senso di partecipazione.