Economia
Prezzi bassi in spezzatino d’ali – Ae 40
Numero 40, giugno 2003Con la liberalizzazione del trasporto aereo proliferano anche in Europa le compagnie no frills, senza fronzoli, che propongono viaggi a prezzi stracciati. Ma come si fa a riempire un Boeing da 60 milioni di dollari facendo pagare…
Numero 40, giugno 2003
Con la liberalizzazione del trasporto aereo proliferano anche in Europa le compagnie no frills, senza fronzoli, che propongono viaggi a prezzi stracciati. Ma come si fa a riempire un Boeing da 60 milioni di dollari facendo pagare 99 centesimi a passeggero, e poi avere bilanci in attivo e utili di tutto rispetto? Il trucco c'è, e lo trovate nel taglio dei costi, nelle informazioni non dette e in condizioni lavorative non proprio allettanti
La vacanza inizia davanti al monitor del computer e i colpi nervosi sul mouse hanno il sapore di una sfida: trovare la tariffa migliore. Che significa la più bassa, tanto bassa da far arrossire di vergogna il biglietto dell'autobus. Questa volta la destinazione è Londra, la promessa più allettante un viaggio a soli 0,99 euro. In aereo.
Normale al giorno d'oggi per chi vive, come noi, in piena sbornia da low cost, le compagnie aeree a prezzi stracciati inventate trent'anni fa negli Stati Uniti con la Southwest Airlines, che sono spuntate poi come funghi soprattutto in Europa, dove volano una trentina di sigle nate quasi tutte negli anni '90.
I trucchi più noti, quelli per cui l'irlandese Ryanair (capostipite e guida del “filone” nel vecchio continente) può vantare tariffe del 350% più basse di Alitalia, sono quelli che colpiscono di più il passeggero: niente fronzoli -quindi scordatevi spuntini a bordo e giornale gratuito- e aeroporti secondari.
Ma esistono meccanismi meno conosciuti che hanno comunque un ruolo cruciale nei bilanci delle low cost. A partire proprio dalla strategia pubblicitaria che porta queste compagnie ad offrire quasi ogni giorno tariffe “sensazionali” con inserzioni shock.
Ma provate voi a riempire un Boeing 737-800 (un bestione da 60 milioni di dollari e oltre 160 posti) facendo pagare 99 centesimi a passeggero, e poi avere bilanci in attivo e utili di tutto rispetto. Se le low cost ci riescono, per lo meno quelle che controllano il settore, significa che le cose non sono semplici come sembra.
La superofferta non è altro che l'amo cui far abboccare molti. Passando sopra, magari, alle paroline magiche: “a partire da”. Perché nessuno regala niente, neppure se riesce a tagliare le spese all'osso come le compagnie no frills, senza fronzoli.
Un aereo low cost è uno spezzatino di tariffe molto diverse tra loro: anche 12 sul medesimo volo, frutto di complicati calcoli statistici che, di volta in volta, stabiliscono a quanto “vendere” ciascun sedile senza andare in perdita.
Le tariffe migliori quindi non sono per tutti, anche se trovarle non è così difficile. Basta acquistare tempo prima e partire in determinati giorni della settimana: se volete evitare un salasso dimenticatevi il lunedì e i week-end. Attaccandovi oggi al sito di Ryanair, il primo volo da 99 centesimi lo troverete tra due settimane (o più, se l'estate incombe). Ma se dovete proprio volare nel giro di pochissimi giorni, il biglietto di sola andata Milano-Londra (tasse escluse) potreste pagarlo anche 299,99 euro. !!pagebreak!!
Stessa storia con Easyjet, l'altra compagnia che con quella irlandese si spartisce il mercato low cost europeo: il volo più conveniente costa 14,50 euro e salta fuori nel giro di tre settimane, con decollo un mercoledì (ma anche qui i massimi arrivano a 219,50 euro più varie gradazioni intermedie). Non si tratta di una truffa, è chiaro: il prezzo più elevato di una low cost è comunque molto più basso di un biglietto emesso da una compagnia tradizionale, ma sono cifre che il marketing sconsiglia di sbandierare.
Nel mondo “senza fronzoli” il viaggiatore dev'essere come le tariffe: flessibile. E ricordarsi che al costo del viaggio (comprato con carta di credito, tramite sito web o call center) vanno aggiunte le tasse governative e aeroportuali, le “spese amministrative per la prenotazione”, le sovrattasse assicurative, la “tassa security”: in tutto 20-30 euro in più.
Oltre a 60 centesimi al minuto (e 12,5 alla risposta) se chiamate il call center.
Prima di salire la scaletta dell'aereo conviene anche riflettere su altri due “segreti” della ricetta low cost, due delle principali teste a cadere nel bilancio delle compagnie. A partire dagli aeroporti.
Il passeggero viene scaricato anche a 100 chilometri di distanza dalla sua reale destinazione e crede che la compagnia lo risarcisca, in qualche modo, proprio con le tariffe speciali. Sbagliato. Perché chi ci guadagna non è certo il viaggiatore. Grazie a “basi” come Milano-Orio al Serio (che, a dispetto del nome, sta in provincia di Bergamo) la compagnia aerea riesce a risparmiare sui costi operativi per sedile/chilometro tra il 40% e il 65% rispetto a una compagnia tradizionale.
Anche qui, strategia precisa e accordi tra le parti: il vettore garantisce traffico aereo in cambio di tariffe vantaggiose da parte dell'aeroporto, che incassa dalle attività commerciali più che dalle tasse che riscuote, cavandoci anche metà-due terzi dei propri introiti. Quindi il paradosso è che a un aeroporto rendono più i bar, i ristoranti e gli autonoleggi, che i voli stessi.
Non pensiate che con queste compagnie la sicurezza sia da mettere in questione: gli aerei sono nuovi e controllati regolarmente, come prevede la legge. Ryanair sa che un volo che costa poco può far arricciare il naso ai possibili clienti, che pensano subito a trabiccoli vecchi e scassati, con conseguenti disastri in volo. Tanto più che, dicono gli esperti, il principale concorrente delle no frills non sono le compagnie tradizionali, ma il trasporto di terra (il treno, gli autobus) e i clienti da attirare sono quelli poco o nulla abituati a spostarsi in aereo. Anche per questo la compagnia irlandese sottolinea con orgoglio di non aver mai avuto incidenti in 18 anni e di aver prenotato, un anno fa, 100 nuovi Boeing (e la concorrente Easyjet, con speculare tempismo, 120 nuovi Airbus).
A rischiare, con queste compagnie, più che i passeggeri sono gli equipaggi. Altra voce di bilancio su cui lavorare di forbici. Le low cost hanno strutture leggere, che vuol dire poche persone che lavorano molto. A volte anche troppo. Secondo la European Cockpit Association (che raccoglie 31 mila piloti in tutta Europa) nel 2000 i salari pagati ai propri piloti dalla Southwest, la principale low cost americana, erano inferiori del 15% rispetto a quelli delle grandi compagnie e in Europa la cifra scende ancora: meno 24%. Analogo discorso per gli assistenti di volo.
Il meccanismo applicato è semplice e discutibile: la base fissa della retribuzione è molto bassa, il resto è legato alle ore di lavoro. Risultato: per guadagnare come i colleghi delle compagnie tradizionali, nel low cost bisogna volare molto di più, superando anche le 900 ore in un anno contro le 600 della media di settore. Sistema di incentivi secondo le aziende, lavoro a cottimo per i sindacati. Tutto entro i limiti massimi di legge, si intende, ma un conto -dice chi chiede condizioni di lavoro giuste- è passare tutte quelle ore in una cabina di pilotaggio per viaggi di lunga percorrenza (come gli intercontinentali), un conto su tratte di breve-media distanza. Significa molti più voli (più decolli e più atterraggi) in una sola giornata. Una spinta in questa direzione arriva grazie al brevissimo “turnaround”, il tempo passato a terra tra un volo e l'altro. Il passeggero tocca la pista di atterraggio, scende dal velivolo, raggiunge la sala per il ritiro dei bagagli e sente già chiamare il volo di ritorno. Magia dei piccoli aeroporti, dove una low cost può contenere i tempi fermi tra i 15 e i 30 minuti, quando in un grande scalo ci può volere anche un'ora. Questo le permette di effettuare un numero maggiore di voli in una giornata e quindi di fatturare di più. Ma sommando tutto, per piloti e assistenti di volo fa una vita molto più stressante e, quindi, potenzialmente meno sicura anche per i passeggeri.
Abbagliati dagli sconti forse nessuno se l'è ancora chiesto: ma volare low cost è anche etico?!!pagebreak!!
Se il business non decolla per tutti
Le galline dalle uova d'oro volano. Attirati dai successi di Ryanair e pochi altri, oggi in molti si stanno tuffando nel low cost. C'è solo l'imbarazzo della scelta: in Europa le nuove sigle spuntano come funghi e dall'Islanda alla Slovacchia sono 31. Nel mondo, oltre che negli Stati Uniti, tentano la stessa strada di Southwest Airlines aziende in Sudafrica, Brasile, Australia, Nuova Zelanda, Malesia.
Ma non per tutti i cieli sono rosa: negli Usa, tra il 1996 e il 2001 il segmento low cost ha perso un milione di dollari (con una scia di fallimenti) e in Europa nello stesso periodo le perdite sono state di 300 milioni di dollari, con quattro compagnie rimaste a terra: Ab Airlines, ColorAir, Debonair, AirLib Express.
Il successo, secondo gli analisti della McKinsey, “non è solo un gioco copia-e-incolla”, e il trasporto aereo senza fronzoli non è pane per tutti. Entro il 2009 le compagnie aeree low cost potrebbero raddoppiare la loro quota di mercato, arrivando al 14%, ma sarà un traguardo per pochi.
Già oggi le due compagnie più grandi, Ryanair e Easyjet, controllano l'88% del settore e il futuro andrà in questa direzione, come, al di là dei fallimenti, sembrano confermare le recenti acquisizioni di Buzz da parte di Ryanair e di Go, confluita in Easyjet.
Intanto sempre più compagnie tradizionali cercano di far fronte al fenomeno, magari fondando la propria low cost. Per la stessa Alitalia si parla di una trasformazione in questo senso della divisione charter Eurofly, magari in collaborazione con Meridiana (dopo i falliti contatti con Volare Airlines).
Ma nei costi non figura l'inquinamento
I problemi restano a Terra. Nel senso del pianeta. Perché un numero maggiore di voli significa aeroporti più grandi e affollati e, quindi, problemi di rumore e qualità dell'aria. Ma soprattutto un maggiore surriscaldamento del pianeta. “Se si permette ai viaggi aerei di crescere senza controlli -spiega Jonathan Duffy su Bbc online- sarà un disastro per il pianeta”. Gli aerei inquinano molto: andata e ritorno dal Regno Unito per la Florida produce, per ogni passeggero, lo stesso quantitativo di anidride carbonica annuale di un automobilista medio. A questo si aggiungono gli ossidi di azoto e gli ossidi di zolfo presenti nelle scie degli aerei che potrebbero aumentare l'effetto “isolante” dei cirri (nuvole) sul clima.!!pagebreak!!
Trasporto aereo in picchiata
Il trasporto aereo boccheggia. A parte la parentesi low cost, la crisi nel settore va avanti da anni. Le vittime sul campo sono già diverse, basti pensare ai fallimenti clamorosi di Swissair o della belga Sabena.
La conta delle vittime è arrivata con la chiusura del primo trimestre finanziario delle società, nelle scorse settimane. Lufthansa ha registrato perdite per 356 milioni di euro, Klm per 252, Sas per 208. E non sono le uniche: nel club della crisi ci sono anche Air France, Iberia e Alitalia.
La compagnia italiana (per oltre il 62% in mano al ministero del Tesoro) nei primi tre mesi del 2003 ha perso 198 milioni di euro e rischia di chiudere in passivo il prossimo bilancio.
Le pezze potrebbero arrivare, secondo l'amministratore delegato Francesco Mengozzi, da una riduzione dell'Iva sui biglietti emessi in Italia, dei diritti di imbarco e di quelli di approdo, su misure per gestire gli esuberi.
E se Lufthansa dichiara che non lascerà a casa nessuno, ha però ridotto il salario di 52 mila dipendenti, Klm licenzierà un migliaio di persone e British Airways il 23% di chi lavora per lei.
Si vola meno, confermano anche le statistiche Iata, l'associazione di categoria delle compagnie aeree: il 2003 si è aperto con un calo di 1,3 milioni di passeggeri.
Gennaio 1993, i cieli europei vengono liberati
I cieli in Europa si aprono all'inizio degli anni '90. È il processo di liberalizzazione di questo periodo a permettere anche la proliferazione delle low cost. Prima di quella data, le aziende nei cieli erano molte di meno, e dominate dalla compagnia di bandiera che lavorava in regime di quasi-monopolio. Le tratte internazionali venivano decise attraverso accordi bilaterali tra i diversi governi.
Il 1° gennaio del 1993 entra in vigore un provvedimento dell'allora Comunità europea, che stabilisce tre regole fondamentali. A partire dal libero accesso a ogni rotta senza restrizioni di capacità (a meno che non sussistano ragioni ambientali, infrastrutturali o di servizio pubblico); vengono poi aboliti i controlli sui prezzi, per cui le compagnie possono decidere in autonomia il prezzo dei propri biglietti; infine, vengono armonizzate le regole comunitarie per la concessione delle licenze operative.
Il decano statunitense: trent'anni e 64 milioni di passeggeri
L'inizio di tutto si chiama Southwest Airlines. L'anno è il 1971. La compagnia aerea lancia voli locali tra Dallas, Houston e San Antonio, le tariffe sono molto basse. I primi profitti arrivano due anni dopo e nel 1974 il milionesimo cliente. Oggi è la quarta compagnia aerea negli Stati Uniti con 64 milioni di passeggeri l'anno, 58 città servite e una flotta di 355 aerei. Nel 2002 ha chiuso il bilancio con un fatturato di 5,5 miliardi di dollari.!!pagebreak!!
Tariffe ridotte, all'italiana
Piloti militari e niente catering
Qualcuno l'ha già definita la Ryanair italiana, forse un po' frettolosamente. Fatto sta che il gruppo “Volare”, di proprietà del gioielliere vicentino Gino Zoccai, ha lanciato ad aprile Volareweb.com, il marchio scelto per le nuove tratte super economiche. Come low cost la compagnia si presenta, adottando le tecniche classiche del settore: niente catering, biglietti in vendita su Internet, aeroporti secondari. E lavoratori più produttivi, cioè personale navigante che a parità di salario il deve volare anche 300 ore in più l'anno rispetto ai colleghi in Alitalia o Meridiana.
Le condizioni di lavoro del gruppo Volare non sono considerate buone nel settore, tanto che quando due anni fa l'azienda comprò Air Europe, in molti si rifiutarono di firmare il nuovo contratto. Vennero licenziati in 47 e furono reintegrati solo con l'intervento del giudice del lavoro e l'azione dei sindacati.
Nel trasporto aereo tutto è possibile -o quasi- perché non esiste un contratto collettivo nazionale, ma limiti ministeriali su cui vengono modellati i contratti delle singole compagnie. Quelli di Alitalia e Meridiana sono considerati tra i migliori, e usati come riferimento per gli altri.
Da poche settimane nel gruppo Volare è migliorata la situazione per gli assistenti di volo, perché è stato firmato un contratto con la Filt-Cgil che riporta l'azienda “in un contesto strutturato”, come spiega Mauro Rossi, che per il sindacato segue il trasporto aereo: “Abbiamo fissato i limiti di impiego -conferma-, il numero di tratte o ore massime effettuabili”. Che significa 8 ore di volo al giorno per 13 di servizio per il corto e medio raggio e 13 ore di volo per 17 di servizio per il lungo raggio. Prima del contratto “i limiti orari di Volare potevano arrivare anche alle 1.000 ore l'anno, mentre ora dovrebbero assestarsi tra le 750 e le 850”. Così le retribuzioni dovrebbero rientrare nei limiti di settore, mentre prima la quota fissa era molto bassa e gran parte del salario era legata alla produttività. Più difficile la situazione per i piloti, quasi tutti provenienti dall'aeronautica militare come l'amministratore delegato Vincenzo Soddu e dove, dice Mauro Rossi, il sindacato ha più difficoltà a entrare.
“Volare” si presenta come low cost anche se in realtà è un “ibrido”: la compagnia offre infatti sia voli di linea con gli aerei Volare Airlines e che voli intercontinentali con Air Europe, usando anche grandi aeroporti. Il low cost è un segmento dell'attività di Volare Airlines (e non una compagnia autonoma) con tariffe che partono da 19,99 euro per un massimo di 159,99 euro a tratta.
Per i disabili conti salti
I disabili sono un costo da tagliare. Per lo meno in certi aeroporti. Se volate con pochi euro e avete bisogno di una sedia a rotelle, oltre al prezzo del biglietto potreste dover sborsare altri 40 euro. Il caso è stato sollevato da yanous.com, settimanale francese sull'handicap. Le compagnie sotto osservazione erano AirLib Express (fino a 69 euro per un volo Parigi-Marsiglia per l'assistenza) e Ryanair. La compagnia irlandese, nell'ottica del taglio di tutti i costi possibili, non copre questo tipo di servizio, garantito dagli aeroporti. Solo che alcuni scali si fanno pagare. Sono 5 per la precisione gli scali “salati”: Dublino, Londra Gatwick, Leeds Bradford, Londra Luton, Shannon, Londra Stansted. Solo 6 destinazioni su 56 servite da Ryanair ma, guarda caso, proprio le 6 più gettonate di passeggeri. Le tariffe vanno da un minimo di 8 euro al massimo di Luton che richiede cifre “a partire da” 16-42 euro.