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Ponte, la forza del mito – Ae 77
Ormai è un fatto inconfutabile: il ponte sullo Stretto di Messina, il ponte che doveva unire i due mostri -Scilla e Cariddi-, il ponte delle interminabili ed accese discussioni, delle grandi illusioni e delle altrettanto forti contestazioni, questo ponte non…
Ormai è un fatto inconfutabile: il ponte sullo Stretto di Messina, il ponte che doveva unire i due mostri -Scilla e Cariddi-, il ponte delle interminabili ed accese discussioni, delle grandi illusioni e delle altrettanto forti contestazioni, questo ponte non si farà più. Almeno fino a che durerà il governo Prodi. Il capitale di 2,5 miliardi di euro che era destinato alla costruzione di questa megastruttura è stato destinato, con l’attuale Finanziaria, al completamento delle infrastrutture in Calabria e Sicilia. In particolare per la Sicilia gli investimenti più rilevanti andranno alla rete ferroviaria, mentre in Calabria queste risorse finanziarie dovrebbero servire a completare la superstarda jonica 106 e (chi l’ha percorsa sa quanto è importante) e l’eterna incompiuta, il simbolo dello sfascio e della inefficienza dello Stato nel Mezzogiorno: la famigerata Salerno-Reggio Calabria. Il no al ponte era scritto a chiare lettere nel programma del governo Prodi, ma è stato il ministro dei trasporti Bianchi, già rettore dell’Università di Reggio Calabria, che lo ha annunciato appena insediatosi. Bianchi su questa battaglia si era impegnato da tempo, prima come tecnico e poi come politico nell’ambito del movimento “Progetto Calabrie”, un movimento civico nato nel 2004 per tentare di dare una scossa al ceto politico regionale (purtroppo fallendo l’obiettivo).
Ma, lo stop al ponte sullo Stretto è anche la dimostrazione della forza del movimento ambientalista. Basti pensare che solo 5 anni fa, durante la campagna elettorale per le politiche (quella in cui rivinse Berlusconi), il candidato dell’Ulivo, Francesco Rutelli, annunciò a Messina che lui avrebbe costruito il ponte e l’avrebbe consegnato il 13 giugno del 2011 (sic!!). Anche i leader dei Ds erano, in gran parte, favorevoli al ponte ed il primo governo Prodi continuò a finanziare lautamente la società “Ponte sullo Stretto” per continuare nelle sue ricerche e avviare le procedure per la gara d’appalto. Per la verità è dal 1972 che l’idea del ponte assorbe risorse (qualcosa come 150 milioni di euro, di fatto per “aggregare” tecnici e intellettuali alla causa). Questo ribaltamento di posizioni è stato possibile grazie al gran lavoro di base che i comitati “No Ponte” di Reggio, Villa San Giovanni e Messina, hanno portato avanti in questi anni. Un lavoro certosino, fatto di incontri con le popolazioni locali che avrebbero subito fisicamente l’impatto dell’opera. Un lavoro condotto con tenacia e competenza da tecnici, docenti universitari e ambientalisti doc quali Alberto Riparo, Piero Polimeni, Osvaldo Pieroni, Nuccio Barillà e tanti altri.
Sul fronte opposto, dei fautori del ponte, c’è un tentativo di rivincita, soprattutto in Sicilia dove il movimento pro ponte è guidato dal presidente della giunta regionale. Sono state fatte assemblee e manifestazioni, anche a Roma di fronte a Montecitorio, ma per adesso questo coacervo di interessi e di passioni non ha sfondato sull’opinione pubblica locale. Resta il fatto che manca una vera e propria alternativa al ponte, mentre i trasporti sullo stretto rimangono problematici. Soprattutto, malgrado le idee e la progettualità espressa dal movimento “No Ponte”, manca una volontà politica di pensare ad un’altra idea di questo splendido sito tra Scilla e Cariddi, tra l’Etna e l’Aspromonte.
Il progetto del ponte aveva la forza del mito e veniva a colmare un vuoto progettuale che segna quest’area del Paese da troppo tempo. Se le forze ambientaliste e le istituzioni locali sensibili al rispetto dei paesaggi ed alla promozione del territorio, non saranno in grado di produrre e realizzare un altro progetto per quest’area, l’idea del ponte riprenderà forza e questa volta sarà “dura”, come dicono gli amici della Val Susa che si stanno battendo contro la Tav.