Ugo Biggeri è presidente di Banca Etica da un anno e lavora per riscriverne la scommessa imprenditoriale. In vista dell’assemblea di fine maggio, lo incontriamo a un anno dall’ultima volta: era il numero di Ae del luglio 2010 e lui è sempre disponibile ed esaustivo.
Ugo, come sta Banca popolare Etica?
Sta bene, riesce a realizzare in modo più che soddisfacente la sua missione, vanta “numerosi tentativi di imitazione” e ha i conti in ordine e migliori di moltissime altre banche. Certo se me l’avessi chiesto 12 mesi fa non avrei forse detto che era necessaria tanta concentrazione sugli aspetti operativi che sono ancora molto delicati, ma mi sono convinto che siano lo snodo per continuare a crescere come motore dell’economia civile, sia in termini numerici che culturali.
Una banca meno sbilanciata verso grandi progetti e più attenta alla propria struttura?
Il lavoro fatto sull’organizzazione societaria va in quel senso, certo. Banca Etica è un’impresa complessa che -ad esempio- mescola volontariato e professionisti unendoli nella stessa missione. Delle cinque aree operative che abbiamo identificato tre sono classiche dell’intermediazione finanziaria, commerciale, crediti, amministrazione e finanza, ma due sono elementi fondamentali che devono essere alla pari degli altri tre: innovazione e aspetti culturali e partecipativi. Al loro interno c’è la nostra capacità di rete, la lettura dei bisogni, il posizionamento culturale di mercato, la fabbrica dei prodotti, la comunicazione, la ricerca, i nostri soci attivi, l’identità stessa di Banca Etica.
Banca Etica è un’alternativa utile e praticabile? O come molti sistemi di nicchia è elitaria?
Credo che sia un alternativa utile, praticabile ed eticamente condivisibile. Lo dimostrano le richieste inevase di adesione al collocamento dei nostri prestiti obbligazionari, troppo numerose nonostante stiamo sotto l’Euribor (mentre quelli delle altre banche, che stanno sopra, non trovano acquirenti), o la crescita del capitale sociale (attualmente attorno ai 32 milioni di euro).
È una banca che lavora con criteri condivisibili -e quindi non elitari- come la trasparenza, la partecipazione, o le scelte fatte sui fidi in collaborazione con i gruppi territoriali, aperti al contributo di chiunque voglia dedicarci del tempo. Non è certo l’unica scelta possibile, sta ai cittadini sviluppare la sensibilità che sentono più calzante; per noi, nel settore dei servizi bancari, è la migliore scelta in base a criteri di operatività, partecipazione, proprietà e coerenza. E perché è il centro di un mondo mutualistico, sostenibile anche economicamente. Se fossimo più grandi probabilmente potremmo abbassare alcuni costi, ma ci tengo a dire che Banca Etica non potrà mai esser paragonata ad istituti che per recuperare il malcontento post crisi accettano di raccogliere in perdita (o quasi) per ingraziarsi i clienti, o a strutture con due secoli di bilanci alle spalle. È una banca di servizio, che vive di operazioni semplici, alla portata di tutti, purché si sia disponibili a mettersi in gioco in modo differente rispetto a quello cui ci hanno abituato le banche del sistema.
Dove siete cresciuti di più nell’ultimo anno? E perché?
La crescita più importante l’abbiamo avuta negli impieghi (+ 20% nel 2010 ed attualmente a quota 4.875) e nel capitale sociale (più 5 milioni nel 2010), e il motivo è molto semplice: abbiamo dimostrato di essere una banca degna della fiducia dei suoi clienti. I fidi poi li sappiamo ormai fare molto bene, tanto che abbiamo lo 0,5% di sofferenze nette (i soldi prestati che non tornano, ndr). Cresciamo in tutta Italia nella raccolta del risparmio (siamo a 670.656.000 euro di risparmio gestito) e nel numero di soci (sono 35mila), soprattutto nelle grandi città dove i servizi paralleli (ad esempio le banche convenzionate) e la sensibilità funzionano da contesto. Più in generale però va detto che Banca Etica cresce perché è ancora molto piccola rispetto al sistema che vorrebbe contagiare, visto che rappresenta tra lo 0,1 e lo 0,6 per mille dell’operatività bancaria in Italia. C’è ancora molto spazio, insomma.
Hai ereditato parecchi dossier: i rapporti con Etimos, Etica sgr, la Fondazione e le tante partecipate.
Credo che la parola “sistema” sia da abbandonare per Banca Etica. A parte Etica sgr, che è una società con la quale condividiamo un bilancio consolidato sottoposto a vigilanza da Banca d’Italia, con le imprese finora definite “di sistema” abbiamo fatto un’operazione di chiarezza della governance che stiamo terminando. Ad esempio Etimos è un socio fondatore con il quale esiste un particolare legame storico, ma oggi non c’è più alcun legame di controllo ed è una società indipendente di cui Banca Etica è socia in misura decisamente minoritaria. Mi son convinto, alla fine, che non dobbiamo definire chi ci sta intorno, ma il modo in cui ci relazioniamo con altre realtà. In definitiva mi sembra che il concetto di “rete” sia più adatto di quello di “sistema”, anche perché è un concetto inclusivo ed aperto e non esclusivo e chiuso. Banca Etica è parte dell’ampia rete che opera per il bene comune, la solidarietà, il cambiamento sostenibile, l’equità, e le piacerebbe essere un punto di riferimento nelle scelte finanziarie di questa rete, che è informale per lo più. Ci vediamo come un facilitatore dell’economia civile. E poi Banca Etica stessa è a sua volta una rete di tantissime realtà e persone che sono socie e clienti della banca. Con loro abbiamo legami che possono essere giuridici, storici, economici, operativi, culturali e di visioni comuni.
Nei prossimi mesi cosa ci aspetta?
Continueremo a lavorare per la banca, cioè per i suoi soci, i suoi clienti e i suoi lavoratori. Ho intenzione di dedicare tempo ed energie alle reti di cui ho parlato, di valorizzarne il senso di appartenenza, di creare il dibattito che serve per far cambiare la cultura condivisa di questo Paese sulla materia finanziaria. In buona sostanza ho intenzione di fare quello per cui Banca Etica è nata. I cambiamenti -ed il nuovo cda ha rappresentato un profondo cambiamento- e i ripensamenti portano sempre con sé delle criticità e la difficoltà di trasmettere a tutti la visione complessiva. La parte più attiva dei lavoratori e dei soci di Banca Etica sia motore partecipe della diffusione di questo dibattito.
28 maggio, a bologna l’assemblea
L’assemblea ordinaria di tutti i soci della Banca popolare Etica si terrà sabato 28 maggio 2011, alle ore 10.00, a Bologna, presso la Sala Congressi Atc di via Saliceto 3. L’assemblea è chiamata ad approvare il bilancio di esercizio 2010, la relazione del consiglio di amministrazione e quella del collegio sindacale. Ai sensi dell’articolo 26 dello Statuto sociale, hanno diritto ad intervenire all’assemblea e ad esercitarvi il diritto di voto solo coloro che risultano iscritti nel libro soci da almeno novanta giorni, ovvero dal 30 gennaio 2011.
Per semplificare le procedure, i soci possono pre-registrarsi entro il 22 maggio 2011 attraverso il sito.
Il possesso e l’utilizzo del coupon con codice a barre stampato sul talloncino indirizzo del Bancanote, l’house organ della banca, consente una registrazione semplificata sia in caso di pre-registrazione sia in caso di registrazione il giorno dell’assemblea.
Nel corso dell’assemblea è previsto anche il rinnovo del Comitato etico. Eccone i candidati: Alberto Berrini, Claudio Ferrari, Davide Biolghini, Ercole Ongaro, Giorgio Cingolani, Giorgio Fiorentini, Giovanni Acquati, Giuditta Peliti, Marina Galati, Massimo Gavagnin, Leonardo Becchetti, Paola Donati, Pasquale Iorio, Riccardo Moro e Tiziana Bonora.