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Perché questo Ius soli viola la Costituzione

A due settimane dall’approvazione della Camera dei deputati, la riforma della cittadinanza torna oggi (martedì 27 ottobre) in Senato, all’esame della Commissione permanente Affari costituzionali. Tra "ius soli" e "ius culturae", sono diverse le richieste di modifica. E l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) evidenzia due "importanti profili di illegitimità costituzionale"

Oggi, martedì 27 ottobre, la Commissione permanente Affari costituzionali del Senato inizia l’esame del disegno di legge riguardante le “disposizioni in materia di cittadinanza”, già approvato dalla Camera dei deputati due settimane fa. 
 
Le principali novità contenute nel testo sono rappresentate dai cosiddetti “ius soli temperato” e “ius culturae”. Il primo prevede che i minori nati in Italia da genitori stranieri possano acquisire la cittadinanza italiana a patto che uno dei due genitori “sia titolare del diritto di soggiorno permanente” (Art. 1, comma 1, lettera a) -nel caso in cui siano cittadini dell’Unione europea-, oppure del “permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo” -nel caso di cittadini appartenenti a Stati non Ue-.
Lo “ius culturae” licenziato dalla Camera riguarda invece quei minori nati in Italia da genitori sprovvisti dei “permessi” già previsti per il “temperato” o i ragazzi giunti nel nostro Paese entro i 12 anni. Potranno dirsi italiani dopo aver “frequentato regolarmente, nel territorio nazionale, per almeno cinque anni, uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale” (Art. 1, comma 1, lettera d). Con l’aggiunta che se la frequenza riguarda “il corso di istruzione primaria, è altresì necessaria la conclusione positiva del corso medesimo” (tradotto, essere promossi). Per il “temperato” e il “culturae” è previsto che la cittadinanza venga acquisita dopo una “dichiarazione di volontà” di un genitore presso il Comune di residenza, entro i 18 anni dell’interessato (altrimenti il giovane potrà farlo di suo spunto tra i 18 e i 20 anni).
Un soggetto idoneo all’ottenimento della cittadinanza secondo il cosiddetto “ius culturae” che abbia fatto domanda oltre i 20 anni di età, potrà diventare cittadino italiano -passando dal Comune- “purché abbia risieduto legalmente e ininterrottamente negli ultimi cinque anni nel territorio nazionale” (Art. 4). 
 
Le Prefetture -e quelli che l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) definisce “i tempi elevati per la risposta” e gli “spazi di discrezionalità nel concedere o meno la cittadinanza”- entreranno in gioco nel caso di un soggetto privo dei requisiti del “temperato” o del “culturae” che sia “entrato” in Italia dopo il 12esimo anno di età.
 
Atteso come doveroso atto di riforma della legge sulla cittadinanza del 1992 (numero 91), il testo approvato a larga maggioranza dalla Camera è stato tiepidamente accolto. Diverse sono state le richieste di modifica in senso nettamente migliorativo. Tra queste quella del Naga -l’associazione di volontariato “laica e apartitica” nata a Milano nel 1987- che ha titolato emblematicamente “Ius sòla” il proprio comunicato stampa di analisi del provvedimento -contenitore a suo parere di “discriminazioni” e “timidi passi in avanti rispetto al nulla di prima”-. Con sfumature diverse ma sostanzialmente in linea, anche il commento dell’Asgi si è concentrato su alcune “criticità”.
 
Le prime due richieste di modifica riguardano “due importanti profili di illegittimità costituzionale del disegno di legge”. Così come impostati, infatti, i nuovi strumenti non terrebbero conto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, evitando infatti di tener conto di “eventuali svantaggi derivanti dalle condizioni di disabilità dell’interessato”, scrive l’Asgi. Per questo la soluzione potrebbe essere la previsione di deroghe parziali o totali a seconda delle condizioni del potenziale cittadino. Bisogna poi “attribuire ad entrambi i genitori titolari della potestà genitoriale (anziché ad uno solo) il potere di presentare la dichiarazione di volontà per l’acquisto della cittadinanza italiana da parte del figlio”, pena la violazione della parità di trattamento tra genitori scolpita agli articoli 29 e 30 della nostra Costituzione.
 
Accanto a questo, l’Asgi -che ha comunque sottolineato l’occasione persa a proposito della naturalizzazione degli adulti, “rispetto ai quali l’Italia appare oggi significativamente arretrata a livello europeo”- suggerisce altre iniziative “opportune”. La prima, e più importante, è quella di cancellare una “definizione di cittadinanza ‘per censo’” qual è infatti quella che dipende dal requisito “del possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo”. Il Naga, a proposito, ha parlato di “vincolo pesantissimo”. “Occorre sostituirlo con quello del soggiorno regolare del genitore da almeno cinque anni -sostiene Asgi- altrimenti i bambini nati in Italia verrebbero distinti, con riferimento al fondamentale diritto di acquistare la cittadinanza italiana alla nascita, in base alla capacità economica delle loro famiglie, con l’esclusione di tutti i figli di cittadini stranieri che, pur residenti legalmente in Italia da molti anni o addirittura nati nel nostro Paese, non riescono a soddisfare il requisito di reddito e/o di alloggio richiesto per l’ottenimento di tale titolo di soggiorno”. La parola passa al Senato della Repubblica.

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