Ospitalità in verde – Ae 71
Girare il mondo lavorando nelle fattorie biologiche: 43 Paesi, 250 soci in Italia. L’idea di Wwoof Se state cercando un modo economico per viaggiare, saltate queste pagine. Qui si parla di agricoltura, di lavoro nei campi, di relazioni e scambi….
Girare il mondo lavorando nelle fattorie biologiche: 43 Paesi, 250 soci in Italia. L’idea di Wwoof
Se state cercando un modo economico per viaggiare, saltate queste pagine. Qui si parla di agricoltura, di lavoro nei campi, di relazioni e scambi. Poi si viaggia anche, certo, ma l’obiettivo principale del “Wwoof” è un altro. Dietro la sigla c’è un’esperienza nata in Gran Bretagna per “diffondere l’agricoltura biologica tra le persone”, dando allo stesso tempo un aiuto molto concreto a chi di agricoltura biologica vive tutti i giorni: Wwoof sta proprio per World Wide Opportunities on Organic Farms ed è un movimento fondato quasi per caso nel 1971 dalla londinese Sue Coppard, che all’epoca faceva la segreteria: “Mi mancava disperatamente la possibilità di andarmene in campagna”, ricorda oggi. Così, da un fine settimana passato con altre 15 persone a ripulire dalle erbacce una fattoria inglese, è nata l’idea e oggi il Wwoof è diffuso in 43 Paesi nel mondo, dagli Stati Uniti alla Nuova Zelanda, alla Cina, al Ghana.
In Italia Wwoof è approdato nei primi anni ‘90 e oggi conta 250 fattorie socie (i cosiddetti “host”), che per il 40% sono in Toscana e che l’anno scorso hanno ospitato 1.250 soci viaggiatori (i “wwoofer”). “Quasi tutti sono stranieri -dice Claudio Pozzi, presidente di Wwoof Italia- ma stiamo cercando di far conoscere l’esperienza anche agli italiani”. Il meccanismo è semplice: si sceglie un Paese, si contatta il Wwoof locale (ogni organizzazione nazionale è indipendente dalle altre), si paga la quota di iscrizione annuale (25 euro per l’Italia), si riceve la lista degli “host”. Ai wwoofer sono richiesti di solito cinque giorni di lavoro alla settimana, ma la regola varia a seconda delle realtà. Così potreste trovarvi a raccogliere erbe aromatiche in Sud Italia, a fare formaggi e yogurt nel biellese, oppure a coltivare fiori tropicali sull’isola di Maui, Hawaii.
E anche se i Wwoof nazionali ti spiegano che questa non è una vacanza economica e stop, il tempo per riposarsi e fare il “turista” lo si trova sempre. Vittorio Ferrario è di Albavilla, in provincia di Como, ma vive gran parte dell’anno a Aidone, a 35 chilometri da Enna. Qui, da marzo a ottobre, manda avanti “I giardinazzi”, una piccola azienda agricola specializzata nella produzione di cosmetici naturali, realizzati a partire da frutti, erbe, miele, olio di mandorla locali. Tutto bio.
Da sette anni Vittorio è anche un “host” e ospita una quindicina di persone l’anno, a ritmi di tre per volta (“ho una casa piccola”) e per almeno due settimane. “Arrivano molti americani e australiani -dice Vittorio-, spesso studenti in anno sabbatico in giro per il mondo, ma ho anche avuto un wwoofer inglese sessantenne”. I lavori vanno dal taglio dell’erba nel frutteto alla semina degli ortaggi e a tutti, come spesso nei Wwoof, è chiesta una mano nella conduzione della casa. “Però dev’essere chiaro che i wwoofer non vengono a lavorare per me, ma con me” (contatti: Vittorio Ferrario, tel. 368-70.41.944, email puroesemplice@tin.it).
Le tipologie di “host” sono molto varie, quindi c’è ampia possibilità di scelta. Conferma Claudio Pozzi di Wwoof Italia: “Si va dalle piccole esperienze votate all’autosufficienza (come Baita Paiei, di cui parliamo qui sotto, ndr), a quelle più orientate al mercato, con aziende agricole che arrivano anche a 500 ettari”.
Quella del “Puntato” è una storia che inizia quando la sua “anima”, al secolo Mauro Tavoni, aveva 17 anni: “Con un gruppo di amici abbiamo risistemato tre antiche baite di pastori sulle Alpi Apuane e da lì è nata l’associazione il Sentiero”, che oggi gestisce le tre strutture site nel comune di Stazzema (Lucca) e utilizzate come centro di educazione ambientale per le scuole, per ospitalità in genere (8 euro al giorno per chi si autogestisce, 30 per la pensione completa) mandando avanti l’azienda agricola (agricoltura biologica, apicoltura, castanicoltura, coltivazione del bosco). Dal “Puntato” passano 3 mila persone ogni anno (ma solo 4 o 5 wwoofer) e le baite, a un’ora e mezza di cammino dal paese più vicino, sono alimentate totalmente da energie rinnovabili (contatti: Mauro Tavoni, tel. 338-93.50.953, email info@il-sentiero.it)
Puntando più a Sud, potreste arrivare all’azienda agricola “Le grotte”, una cooperativa di Lentini, in provincia di Siracusa, che su un centinaio di ettari coltiva agrumi, olivi e ortaggi. “Ai wwoofer chiediamo sei ore di lavoro al giorno -spiega Pietro Cunsolo- e oltre alla cura delle coltivazioni, le attività comprendono anche la realizzazione di olio di oliva, marmellate, carciofini sott’olio”. Una bella esperienza, che arricchisce soprattutto dal punto di vista umano: “Abbiamo aderito al Wwoof perché ci piaceva l’idea di conoscere persone da tutto il mondo che condividono le nostre idee su alimentazione, agriculura e altro, e in questo siamo riusciti bene”.
Perché poi il vero cuore a storia è proprio questo: essere un’occasione di incontro e di aiuto reciproco. Info: www.wwoof.it
Un sogno che ha bisogno di gambe
Il sogno di Mara e Luca, abbarbicato a 1.600 metri d’altezza, per camminare ha bisogno delle vostre gambe. Dicono: “Abbiamo fatto scelte di vita ‘forse’ un po’ radicali”. Ma, spiegano, “crediamo che attualmente sia necessario”. Così Mara Ciappei e Luca Zucconi, “ex-genovesi” di 39 e 40 anni, sono arrivati a Baita Paiei, un’ora a piedi dal paese di Casteldelfino (Cn) o 15-20 minuti dalla fine della strada asfaltata. “Frequentavamo la Valle Varaita da tempo come camminatori -racconta Luca- e da tempo pensavamo a un’esperienza di vita diversa, anche comunitaria”. Mara nel capoluogo ligure faceva l’educatrice, Luca aveva un negozio di prodotti biologici. Nel 1999 la svolta: “Abbiamo trovato questa baita, il posto sembrava perfetto: al limitare del bosco, soleggiato perché esposto a Sud, ricco d’acqua di sorgente”. Lasciano Genova e si trasferiscono in questa casetta di legno e pietra, investendo tutto quello che hanno nella ristrutturazione, per trasformare Baita Paiei in un “rifugio bioecologico”: utilizzano legno non trattato (e quando possibile riciclato), l’illuminazione è a energia solare, il riscaldamento a stufe a legna. La cucina è biologica, vegana e vegetariana. I detersivi, in gran parte autoprodotti, sono biodegradabili. Inizia il progetto di accoglienza: sia in estate che in inverno si organizzano week-end e settimane di sensibilizzazione “al rispetto dell’ambiente, della terra e di tutti i suoi esseri viventi”, con escursioni (Mara è guida naturalistica) che possono arrivare fin sul Monviso o nella cerreta dell’Alevè (la più grande delle Alpi) e corsi di cucina, panificazione, pasticceria naturale e macrobiotica, autoproduzione del sapone. I costi sono contenuti: 40 euro al giorno per la pensione completa, 30 la mezza pensione e 16 il bed & breakfast. Undici posti letto a castello o su stuoini nel sottotetto. Dal 2002 la Baita è socia del Wwoof. A tutti è chiesta una mano in cucina e nella conduzione della casa e dell’orto. I primi tempi funzionano bene, la voce si diffonde tra “amici e amici di amici”. Poi, da un paio d’anni, la crisi. Dice Luca: “Stiamo cercando di capire come rilanciare l’iniziativa”. Se le cose dovessero continuare a girare male? L’ipotesi più drastica, quella di vendere tutto e ripercorrere a ritroso il sentiero verso la città, è un’idea che fa male. Non si può lasciar morire così un bel sogno. Info: Baita Paiei, tel. 0175-95.215, www.baitapaiei.it