Popolazioni, miscele, miscugli, materiale eterogeneo. Da qualche anno queste parole stanno facendo breccia tra gli agricoltori biologici e trovano spazio nei loro campi coltivati anche se ancora non sono arrivate all’orecchio, o meglio alla bocca, del grande pubblico. Infatti, a partire dal 2010 in vari Paesi europei il mondo del biologico ha cominciato a lavorare per riportare diversità nei suoi sistemi agricoli e allo stesso tempo mettere in discussione il sistema di regole, costruito negli anni 60 del secolo scorso, che definisce di quali varietà si possono mettere in commercio le sementi e il relativo controllo della qualità. Secondo tali regole una varietà per essere venduta come seme deve essere iscritta al catalogo europeo delle sementi e rispondere a tre requisiti fondamentali: uniformità, stabilità e distinzione.
Risulta chiaro che uno degli effetti collaterali di questo sistema è stato di eliminare la diversità dalla nostra agricoltura, relegandola a nicchia quasi illegale
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