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“Nella società c’è voglia di mafia”

Raffaele Cantone, magistrato. Dal 27 marzo 2014 al 23 luglio 2019, è stato presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. © Sermig

L’allarme lanciato da alcuni magistrati italiani è rimasto inascoltato. Ma le leggi non bastano, serve una solida cultura della legalità. La rubrica di Pierpaolo Romani (Avviso Pubblico)

Tratto da Altreconomia 218 — Settembre 2019

“Nella società c’è voglia di mafia”. Lo ha affermato il Procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi, lo scorso 18 luglio, alla vigilia della commemorazione della strage di via d’Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. “La lotta alla mafia non è una priorità dello Stato italiano”, ha scritto il 19 luglio su “Repubblica” Giuseppe Lombardo, magistrato della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Il 13 aprile, intervistato dal “Mattino” , il Procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho aveva detto: “Si sono affievoliti gli anticorpi sociali. L’informazione scatta quando ci sono delitti di sangue. C’è poca voglia di insospettirsi quando ci si trova di fronte a qualcuno con enorme e improvvisa disponibilità finanziaria”.

Parole pesanti come pietre, pronunciate da magistrati che da anni sono in prima linea nella lotta mafie e corruzione. Parole che avrebbero dovuto suscitare dibattit

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