Cultura e scienza / Attualità
Nella periferia di Bergamo il teatro promuove arte e inclusione
Fondato nel 2002, il Teatro Caverna ha trovato casa nel complesso quartiere di Grumello al Piano nel 2018. Qui, grazie alla stretta collaborazione con le realtà del territorio, lavora per costruire relazioni e occasioni d’incontro
Grumello al Piano è diverso dall’immaginario diffuso di Bergamo: senza il fascino della Città Alta -con le sue boutique, i ristoranti e i turisti- è un quartiere periferico composto per lo più da case popolari che hanno ospitato prima gli immigrati dal Sud Italia cui poi si sono aggiunte persone dall’Europa dell’Est, dall’America Latina e dall’Africa subsahariana. In un contesto in cui è presente un ricco mix di culture, dove i servizi sono pochi e anche l’oratorio locale non è molto partecipato è attivo il Teatro Caverna. Fondato dallo scrittore, attore e documentarista Damiano Grasselli, si trova nella piazzetta adiacente alla chiesa di San Vittore.
È un piccolo spazio con una quarantina di posti a sedere, “perché per noi conta condividere intimità”, racconta Damiano, che incontriamo per scoprire il percorso che ha portato il suo teatro alla “frontiera” di Grumello. È una storia lunga, che nasce dalla sua amicizia con Francesco Gatti, premio Solinas nel 2000. Entrambi di Treviglio (BG) da ventenni sperimentano le rispettive inclinazioni artistiche: Damiano il teatro, Francesco il cinema. I due, insieme ad altri amici, fondano nel 2002 l’associazione Teatro Caverna, che nasce come compagnia “itinerante e spensierata” su cui nel 2008 irrompe la morte improvvisa di Francesco.
“Perdere un amico a 31 anni è stato un colpo fortissimo. Da allora abbiamo vissuto un periodo di successi e fallimenti, da cui ci siamo ripresi poco alla volta lavorando insieme ad artisti del calibro di Silvio Castiglioni, Marco Martinelli, I Sacchi di sabbia, Claudio Morganti”.
Grazie alla collaborazione con l’ufficio per le Politiche giovanili del Comune di Bergamo il Teatro Caverna ha ottenuto una sede fissa, prima nel 2011 (allo Spazio Polaresco) e nel 2018 a Grumello al Piano, con il compito di contribuire allo sviluppo di attività rivolte agli abitanti del quartiere, in particolare ai più giovani. “Molti ci hanno avvertito che sarebbe stata una ‘sfida’ stare in una periferia in cui la varietà culturale e le tante vulnerabilità sono lasciate al caso”, ricorda Damiano. Il rapporto con il quartiere, infatti, è iniziato tra accoglienza e diffidenza. “Appena messo piede nello spazio -continua-, un passante ci ha detto che saremmo durati al massimo due mesi. Il giorno dopo, il 25 aprile, invece c’era il pienone per lo spettacolo sulle torture subìte dai partigiani”.
Poco alla volta il Teatro entra in contatto con la rete dei genitori, il centro socioculturale e il parroco, con cui nasce un laboratorio rivolto alle donne richiedenti asilo ospiti della parrocchia. Ma è la quotidianità che lo avvicina al quartiere e ai suoi abitanti. “A volte alla nostra porta bussavano ragazzini che ci chiedevano un aiuto per fare i compiti o una merendina. Poi abbiamo scoperto che il parroco aveva messo in piedi una mensa scolastica gratuita per le famiglie che non potevano permettersi quella pubblica”.
Dopo neanche un anno e mezzo, a svelare ancora di più le difficoltà di Grumello ci ha pensato la pandemia da Covid-19. Tra restrizioni e brevi riaperture, il secondo lockdown arriva nel giorno in cui il Teatro Caverna manda in stampa il programma della nuova stagione. “È stato un duro colpo. Volevamo reagire, ma al tempo stesso sapevamo come la gente del quartiere stava vivendo quel periodo. Così a novembre 2020 abbiamo lanciato l’iniziativa di protesta e solidarietà ‘Pane e poesia’”. Senza autorizzazione, nella piazzetta del parco il Teatro inizia a distribuire pacchi alimentare in cambio della lettura di una poesia. Dopo i primi venti ha ricevuto donazioni per circa seimila euro distribuite poi in cibo fino a dicembre 2021. Per Damiano “anziché i numeri, sono le persone che ci hanno spiegato ciò che stavamo facendo. Ricordo un papà che voleva leggessimo delle poesie ai figli e lasciare una donazione; oppure un signore marocchino, l’unico a lavorare in una famiglia di sette, che ci chiedeva una poesia breve perché non capiva bene l’italiano; c’erano giovani lavoratori di bar e discoteche che si sentivano colpiti come noi. Abbiamo così scoperto una diversità ancora più grande. Da allora anche chi ci accusava di non fare nulla per il quartiere almeno ci saluta”.
Il Caverna ha continuato ad applicare l’idea di teatro come lentezza e relazione, alla costante ricerca dell’altro, concetto che viene da uno dei maestri di Damiano, Aldo Capitini: “Ci insegna che il teatro è una casa, un mezzo a ospitare”. Troviamo questi principi dietro le tante attività proposte nell’ambito di Bergamo-Brescia capitale della cultura 2023, tra cui la partecipazione al progetto “Pioverà bellezza”, oppure le passeggiate poetiche al Parco agricolo Madonna dei Campi, tra Grumello al Piano e Colognola, “che sono state un’altra occasione importante per legare con il quartiere”. Quest’anno, inoltre, il Teatro Caverna è stato in Senegal, nel villaggio di Diol Kadd, ospitato dal teatro KËR Théâtre Mandiaye N’diaye, con il quale vedrà la luce un progetto autunnale insieme al Teatro delle Albe di Ravenna.
Ma è dal Piemonte che arriva l’ispirazione principale, strettamente connessa all’opera di Beppe Fenoglio, cui Damiano ha dedicato una serie podcast per Radio Rai 3. Il rapporto con lo scrittore nasce con il romanzo “La malora” e si sviluppa anche grazie al legame con Ugo Cerrato, amico di sempre di Fenoglio. “Scoprendo la sua intimità e fragilità mi sono innamorato del livello intellettuale di Fenoglio, che gioca con la lingua come nessun altro. Credo che sarebbe stato un grandissimo anche se non avesse fatto e raccontato la Resistenza. Vale la pena riproporlo ancora oggi, soprattutto ai giovani perché arriva dritto all’essenziale umano, parla della vita a prescindere dai tempi”.
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