Esteri / Attualità
Monitor, osservatorio sul mondo (aprile 2023)
La violenta repressione in Perù dei sostenitori dell’ex presidente Castillo. El Paso vota la “Carta municipale per il clima” per tutelare le proprie risorse idriche. Macron annuncia la fine della “Françafrique”. In Europa un inchiesta giornalistica fa luce sull’inquinamento da Pfas nel continente
La dura repressione delle proteste in Perù
America Latina
I Relatori speciali delle Nazioni Unite per la difesa dei diritti umani hanno espresso profonda preoccupazione per le accuse di repressione, uccisioni arbitrarie, arresti, detenzioni e sparizioni forzate in Perù. In un comunicato diffuso lo scorso 6 marzo hanno esortato le autorità a stabilire un dialogo serio con la popolazione per porre fine alla crisi politica del Paese, che ha causato 48 morti tra i manifestanti e le forze di polizia, oltre 1.300 feriti e centinaia di arresti.
Il 7 dicembre 2022 la destituzione e l’incarcerazione dell’ex presidente Pedro Castillo (accusato di aver tentato di sciogliere il Congresso) aveva acceso la miccia delle proteste. I primi a scendere in piazza sono stati i sostenitori di Castillo (tra cui i sindacati) a cui si sono aggiunte le comunità contadine del Sud e delle Ande centrali che nel luglio 2021 avevano votato in massa per il presidente deposto. La violenta repressione da parte del governo (che ha bollato come “terroristi” tutti i manifestanti) non ha fatto altro che alimentare ulteriormente le proteste, coinvolgendo strati sempre più ampi della popolazione.
Il voto storico a El Paso per la sfida climatica
Stati Uniti
Il 6 maggio 2023 gli abitanti di El Paso -città nell’Ovest del Texas- saranno chiamati a votare per l’adozione di una “Carta municipale per il clima” il cui testo è stato elaborato da associazioni ambientaliste locali. Se la proposta passerà, spiega il Guardian, El Paso andrà a implementare una politica climatica globale che comprenderà il divieto di usare l’acqua della municipalità per le attività di estrazione dei combustibili fossili al di fuori dei confini cittadini. Ad esempio nei pozzi del Permian Basin, enorme giacimento che rappresenta circa il 40% di tutta la produzione di petrolio degli Stati Uniti. La “carta” prevede poi incentivi per lo sviluppo delle energie rinnovabili, l’istituzione di un dipartimento per il clima e punta a riportare in mani pubbliche il gestore della rete elettrica, dopo che nel 2020 era stata acquistata da un fondo legato a JP Morgan.
In un articolo del 28 febbraio, The intercept racconta la storia della reintroduzione dei lupi nel parco naturale di Yellowstone, negli Usa, e del guardiaparco che ha gestito i conflitti con gli allevatori.
L’inquinamento “eterno” da Pfas al centro di un’inchiesta giornalistica
Europa
Negli stessi giorni in cui l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) ha pubblicato una proposta per restringere l’impiego di circa 10mila sostanze perfluoroalchiliche (Pfas), l’inchiesta “The forever pollution project” ha rivelato che l’inquinamento da Pfas in tutta Europa è molto più esteso di quanto si pensasse e riguarda oltre 17mila siti. Il progetto mostra inoltre che nel continente ci sono 20 impianti di produzione e più di 2.100 località che possono essere considerati hotspot: ovvero luoghi in cui la contaminazione ha raggiunto livelli pericolosi per la salute delle persone esposte. Queste sostanze, infatti, sono collegate a diverse patologie -tra cui cancro e infertilità- con un costo sanitario che grava sui sistemi sanitari europei per un importo stimato tra i 52 e gli 84 miliardi di euro. L’inchiesta (che ha coinvolto i giornalisti di 18 redazioni, tra cui l’italiana Radar magazine) ha anche rivelato un’ampia attività di lobby da parte di associazioni di industriali, think tank e studi legali che stanno lavorando per influenzare la Commissione europea e gli Stati membri per indebolire i prossimi interventi normativi.
Livelli record di inquinamento dell’aria in Thailandia
Asia
Secondo le stime del ministero della Salute pubblica della Thailandia, tra il primo gennaio e l’8 marzo 2023 più di 1,3 milioni di persone si sono ammalate a causa dell’inquinamento dell’aria nelle principali città del Paese. Solo nel corso della prima settimana di marzo circa 200mila persone sono state ricoverate per problemi di salute legati alle pessime condizioni dell’aria. All’inizio di marzo, la capitale Bangkok, che conta circa 11 milioni di abitanti, è stata avvolta per giorni da una fitta foschia opaca. Le concentrazioni di particolato fine (PM 2.5) hanno raggiunto i 70 microgrammi per metro cubo, un valore che supera ampiamente il limite di 15 fissato dall’Organizzazione mondiale della sanità. Per far fronte a questa preoccupante situazione, le autorità sanitarie hanno raccomandato agli abitanti delle città l’utilizzo di mascherine FFP2 quando escono all’aperto. Mentre a bambini, donne incinte e persone con problemi cardiaci o respiratori è stato raccomandato di restare a casa. Inoltre, l’amministrazione metropolitana di Bangkok ha istituito posti di blocco per controllare gli scarichi delle auto, come ha spiegato il portavoce, Aekvarunyoo Amrapala. Mentre gli asili pubblici sono dotati di “stanze senza polvere” con depuratori d’aria per proteggere i bambini. “Lo smog tossico che ricopre lo skyline della città -scrive il quotidiano Le Monde– è legato alle emissioni dei veicoli e delle industrie, oltre che ai fumi della combustione delle colture stagionali, comune in questo periodo dell’anno”.
Dopo quasi vent’anni di negoziati, il 5 marzo gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno concordato il Trattato globale per la protezione degli oceani. L’accordo permetterà di tutelare anche le aree oltre le 200 miglia dalle coste.
Il diritto violato dei libanesi all’accesso all’elettricità
Medio Oriente
La pessima gestione del settore elettrico da parte delle autorità libanesi ha violato il diritto della popolazione ad accedere a questo servizio fondamentale. La denuncia arriva da Human Rights Watch che evidenzia come oggi il governo riesca a fornire elettricità solo per due o tre ore al giorno, costringendo larghe fasce della popolazione a utilizzare generatori alimentati con combustibili fossili.
Due milioni di euro sarebbero stati sottratti dagli agenti di frontiera greci durante i respingimenti verso la Turchia. Lo denuncia un’inchiesta di Solomon.
Macron annuncia la fine della Françafrique
Africa
“L’era della Françafrique è finita”. Parola di Emmanuel Macron che, con un viaggio di quattro giorni tra Repubblica Democratica del Congo, Gabon, Congo e Angola ha cercato di cancellare l’immagine di Parigi come arrogante potenza europea (che negli ultimi sessant’anni ha messo in atto profonde ingerenze nella politica e nell’economia di diversi Paesi africani) mantenendo al tempo stesso la propria influenza nella regione. Già da molti anni la Françafrique -termine che indica in maniera negativa proprio questa politica post-coloniale- era sempre meno tollerata sia dai governi sia dalle popolazioni locali. Un malcontento che ha alimentato violente proteste anti-francesi nel Sahel e ha portato, nel novembre 2022, al ritiro della missione Barkhane nata nel 2013 per contrastare i gruppi jihadisti attivi nella regione. Ad approfittare del vuoto militare e di influenza lasciato dalla Francia è stata la Russia: in Mali mercenari della compagnia Wagner hanno preso il posto dei militari francesi in (presunta) funzione anti-terrorismo.
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