Opinioni
Messina città aperta
Contro ogni pronostico, Renato Accorinti diventa sindaco del capoluogo siciliano. Non violenza, diritti e solidarietà battono astensionismo e sfiducia —
L’Uomo del No Ponte, Renato Accorinti, è diventato il sindaco di Messina. Nessuno ci avrebbe scommesso un euro: tutti i sondaggi davano vincente l’avvocato Calabrò, sostenuto da Pd, Udc, e parte del Pdl che, a Messina, è passato dall’altra parte. Al primo turno le otto liste collegate a Calabrò hanno preso il 65 per cento dei voti espressi, mentre lui ha preso il 49,94%, non arrivando al quorum per soli cinquanta voti! La lista di Renato Accorinti “Cambiare Messina dal basso” ha preso poco più del 9 per cento, mentre lui ha preso quasi il 24 per cento superando il leader del residuo Pdl che non ha superato il 18 per cento. Si è andati così al ballottaggio dove, come è noto, Renato Accorinti ha vinto con il 53 per cento. È entrato a piedi scalzi nel salone del Comune dicendo: “Questa è la casa del popolo e ci vuole rispetto”. In quella città che i calabresi e non pochi siciliani chiamano la “città dei buddaci” , dal nome di un pesce che vive sul mare con la bocca perennemente spalancata, la città dove tutti parlano e non combinano niente, ha fatto il miracolo, ha prodotto un cambiamento politico radicale che nessun sociologo o giornalista aveva previsto. Come è potuto accadere che in una città governata dal dopoguerra da un gruppo di potenti famiglie che controllavano il Policlinico (3.000 dipendenti), l’Università, la Gazzetta del Sud (principale quotidiano locale), il porto, la magistratura e tutti gli appalti pubblici, siano stati sconfitti da un veterano della lotta contro il Ponte sullo Stretto, da un cristiano-buddista, che si è fatto tutte le marce per la pace in Sicilia e sul Continente degli ultimi trent’anni? Un uomo semplice, umile, un anti-leader, che è stato letteralmente spinto in alto da gruppi di giovani impegnati nelle lotte ecologiste e nell’altreconomia (Gas, commercio equo, reti di economia solidale), da una minoranza di valenti professori universitari, da semplici cittadini che erano stufi di un sistema di potere massonico che ha portato al collasso ed al degrado questa bella città. Senza un euro, basandosi solo sul volontariato, Renato Accorinti ha girato in bici tutta la città per mesi e mesi, fermandosi a parlare con la gente, usando un linguaggio semplice. Qui non c’è stato come a Ragusa, Beppe Grillo, che con la sua forza comunicativa ed i suoi messaggi tranchant, ha fatto vincere il sindaco grillino, un bravo e stimato giovane professionista. A Messina c’è stato altro: un movimento dal basso che è cresciuto come un torrente in una notte di piogge intense, ed al mattino è arrivato gagliardo sulle rive dello Stretto. La gente ci ha creduto e si è mobilitata perché ha dato fiducia a quest’uomo a mani nude, con la sua maglietta arancione “NO Ponte”, a quest’uomo trasparente che ha avuto il coraggio di presentare, con un mese di anticipo, la sua giunta comunale, fatta di professori universitari e tecnici impegnati nella tutela ambientale e nelle lotte sociali e culturali.
Certo, adesso la sfida sarà ardua e rischiosa. Nel consiglio comunale la lista “Cambiare Messina dal basso” conta solo 4 consiglieri su quaranta, una stragrande maggioranza in mano all’opposizione. Ma, questi signori della politica degli affari, questi maestri del clientelismo, dovranno stare attenti: se tenteranno di boicottare la giunta Accorinti dovranno fare i conti con la maggioranza dei cittadini messinesi. Renato l’ha detto: “Questa è la vostra casa, il nostro percorso è solo cominciato, senza la vostra partecipazione non andremo da nessuna parte”. E subito dopo, come primo atto da sindaco, ha fatto abbattere i tornelli che impedivano ai cittadini il libero accesso al municipio. Quanto è successo a Messina potrà accadere in tutt’Italia se la gente uscirà dal mero voto di protesta o dall’astensionismo galoppante, ed avrà fiducia in se stessa, se riuscirà a credere veramente e fino in fondo che questo modello sociale è fallito e bisogna impegnarsi per un’alternativa radicale, senza se e senza ma. —