Opinioni
Made in Italy o agromafie
Un rapporto curato da Coldiretti ed Eurispes stima in oltre 15 miliardi di euro il “fatturato criminale” legato a produzione e trasformazione alimentare. Secondo Legambiente, invece, nel 2014 sono 7.985 le infrazioni penali accertate nelle varie filiere agroalimentari, oltre 21 reati al giorno, con 14.917 denunce penali e 126 arresti. Intanto, ben 2.245 terreni fertili sono stati sottratti alle mafie
Tra poche settimane il tema del cibo sarà al centro dell’attenzione mondiale. Il 1° maggio a Milano, infatti, con lo slogan “Nutrire il pianeta, Energia per la vita” inizia l’Expo, l’esposizione mondiale che porterà nella città lombarda milioni di visitatori provenienti da tutto il mondo.
“Attraverso il cibo si può fare politica, economia, sociologia” hanno scritto Luis Sepùlveda e Carlo Petrini nel loro libro intitolato “Un’idea di felicità”, a testimonianza di quanto questa tematica sia rilevante a livello planetario e incida sulla vita degli esseri umani, sul loro sviluppo e sulle dinamiche relazionali tra gli Stati e le persone.
Il cibo, purtroppo, interessa anche al mondo criminale. Per il terzo anno, un focus su ciò che accade nel nostro Paese è dato dal rapporto “Agromafie”, curato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità in agricoltura. L’ultima edizione stima che il fatturato criminale prodotto dalle mafie attraverso la coltivazione, la trasformazione e la distribuzione di prodotti agricoli e alimentari è di 15,4 miliardi di euro. Negli ultimi sette anni le denunce per frodi e contraffazioni alimentari sono aumentate del 277%.
Il fenomeno delle agromafie è una questione nazionale, con situazioni di maggiore pericolosità soprattutto nel Mezzogiorno. La criminalità organizzata, come ha dimostrato anche un altro rapporto, quello sul caporalato, curato dalla Flai-Cgil, si è inserita e condiziona tutta la filiera dell’agroalimentare.
Si va dalla produzione agricola, alla gestione del mercato del lavoro -si stima che circa 400mila lavoratori trovino impiego in nero tramite i caporali, e che un quarto di loro sia sottoposto a condizioni di tipo schiavistico o paraschiavistico-, per arrivare ai processi di trasformazione e commercializzazione, con pesanti infiltrazioni nei mercati ortofrutticoli, nel settore dei trasporti e della logistica. Attraverso prestanome e intermediari compiacenti, le mafie rilevano imprese, ristoranti -Coldiretti stima almeno 5mila attività di ristorazione in mano alle mafie- alberghi, negozi, attività commerciali creando, di fatto, un “circuito vizioso”, che produce illegalità, sfruttamento ed evasione fiscale. Non solo: ci sono anche le cosiddette “ecomafie” e l’inquinamento dei suoli agricoli e delle falde acquifere causato dall’interramento e dallo sversamento illegale di rifiuti speciali e tossico-nocivi avvenuto negli ultimi trent’anni in diverse zone d’Italia e, in particolare, in Campania.
La prova dell’interesse delle mafie per il settore agricolo è dimostrata anche dai dati sui sequestri e le confische di terreni. Secondo i dati forniti dall’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati, in Italia sinora sono stati sottratti alla criminalità organizzata 2.245 terreni a destinazione agricola, cui vanno aggiunti 362 terreni con fabbricati rurali.
“Le agromafie si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta” osserva Coldiretti. L’illegalità nel settore agricolo, rimarca l’organizzazione, “compromette in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio made in Italy”.
L’illegalità costa e tutti noi stiamo pagando. Non solo in termini economici, ma anche a livello di salute e sicurezza alimentare. Vale la pena di ricordarlo in un’Italia dove la questione della sicurezza urbana e la “caccia ai diversi” (vedi a pagina 21) stanno ritornando come temi preponderanti della prossima campagna elettorale per le elezioni regionali. Votiamo non solo nell’urna, ma anche acquistando prodotti di cui abbiamo la certezza della provenienza e del rispetto dei diritti delle persone che quegli alimenti hanno contribuito a coltivare e a commercializzare. —