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L’orto fa il lavoratore

Dall’Asl al Gas: per la cooperativa Arca, il miglior inserimento lavorativo avviene nei campi e tra i filari di vite, legando agricoltura e disabili Ad Azzanello di Pasiano (Pn) con 100 euro si può adottare un orto. La cifra copre…

Tratto da Altreconomia 108 — Settembre 2009

Dall’Asl al Gas: per la cooperativa Arca, il miglior inserimento lavorativo avviene nei campi e tra i filari di vite, legando agricoltura e disabili

Ad Azzanello di Pasiano (Pn) con 100 euro si può adottare un orto.
La cifra copre l’acquisto delle sementi e la piantumazione. Si affida poi l’aiuola a un gruppo di disabili che stanno inserendosi nel mondo del lavoro e che se ne occupano giornalmente secondo i principi dell’agricoltura biologica fino a che non incomincia la produzione. A quel punto avvisano l’assegnatario, che si assicura la proprietà di tutta la verdura dell’appezzamento versando 50 euro al mese (necessari per “rimborsare alcune spese indispensabili per mantenere funzionali e gradevoli gli orti”). Se poi la produzione dovesse eccedere, le rimanenze possono essere destinate all’auto consumo di chi ha coltivato o alla vendita al minuto. La verdura può essere consegnata a casa settimanalmente, ma ogni assegnatario di orto è invitato ad “andare a trovare” il proprio appezzamento e a prendersene cura ogni tanto. “È un modo per prendersi cura di se stessi e contemporaneamente per incoraggiare i nostri ragazzi” dicono gli operatori di Arca (Allevamento e ricerca con animali, www.arca.coop), la cooperativa di inserimento lavorativo per persone disabili che gestisce il progetto e che sviluppa le sue attività su un assunto più filosofico che imprenditoriale: il benessere si realizza quando le persone, gli animali e l’ambiente hanno tra loro una relazione di reciprocità.
Proprio il legame con la terra ha portato Arca ad attivare il Distretto rurale di economia solidale dell’Ambito Sud della provincia di Pordenone (a cui afferiscono 9 aziende agricole e 7 cooperative). Territorialmente coincide con il distretto all’interno del quale Asl e Comuni organizzano le politiche sociali, e ciò facilita l’interazione tra gli attori di queste e quelli dell’economia solidale. Le collaborazioni che ne sono nate, e che hanno visto in prima fila la cooperativa Arca, hanno avuto molta attenzione, tanto che la Regione Friuli ha concesso al Distretto di economia solidale il riconoscimento speciale al concorso 2007 per l’innovazione nel welfare.
Uno dei primi problemi con cui Arca ha scelto di misurarsi è la crisi dell’agricoltura tradizionale, messa a dura prova da uno sfruttamento “industriale” della terra: il paesaggio rurale, le relazioni tra le persone,
i prodotti agricoli sono piegati all’unica funzione di soddisfare richieste intensive e strandardizzate di catene commerciali extra-locali. Questo non solo mette in crisi le aziende agricole più deboli, ma toglie valore sociale a un’intera comunità. Come spiega Alberto Grizzo, direttore di Arca: “Se chiude la cantina del mio vicino io non perdo solo il suo vino: perdo anche storia, cultura ed opportunità”. Dentro la produzione agricola locale, infatti, vivono saperi ed economie che rischiano di sparire. Quindi la cooperativa ha stretto rapporti con alcuni viticoltori, e insieme hanno lanciato un marchio etico per i vini locali, il cui valore aggiunto è plurimo: certifica una vendemmia fatta esclusivamente a mano e con metodi tradizionali, ed esplicita tra le sue qualità l’aver coinvolto gli anziani del paese e i ragazzi disabili. Durante la prima vendemmia venne realizzato un cd con i canti tradizionali di Azzanello: in questo modo l’azienda agricola e la cooperativa hanno voluto documentare il valore culturale e relazionale dell’esperienza, ma anche offrire uno strumento didattico nelle scuole e di riattivazione della memoria nei centri diurni per anziani.
Il risultato commerciale dell’iniziativa è stato decisamente incoraggiante. Il prodotto ha incontrato molto interesse di molti da parte dei gruppi di acquisto solidali (Gas) della zona, ma anche di imprese attente alla responsabilità sociale e di singoli cittadini. Quest’anno ci sarà la quarta vendemmia condivisa e anche gli imprenditori che all’inizio guardavano al progetto con più cautela ne sono appassionati sostenitori.
Il legame con il mondo agricolo è stato all’origine di una iniziativa unica nel suo genere: far vivere ragazzi disabili presso appartamenti in semi autonomia nelle aziende agrituristiche. L’idea ha preso le mosse da una constatazione: il sotto-utilizzo degli agriturismi, vuoti per molte settimane all’anno, rappresenta lo spreco di una risorsa abitativa e un mancato introito per le aziende agricole. Dal canto suo, la cooperativa era ben conscia della difficoltà di trovare una casa parzialmente protetta per i ragazzi disabili: mancano le risorse per la costruzione di nuove strutture dedicate, e comunque gli ospiti desiderano vivere in un ambiente relazionale normale di famiglia o di paese piuttosto che in strutture separate e stigmatizzanti. La soluzione ad entrambe le questioni si è presentata alla luce del principio di reciprocità, e ne è nata una sperimentazione in cui la Provincia assegna un contributo annuo di 5mila euro alle aziende agricole che mettono a disposizione un appartamento in agriturismo per due ragazzi disabili. In questo modo gli enti pubblici riducono sensibilmente i costi delle rette; i ragazzi beneficiano di un’abitazione in un contesto gradevole e familiare sperimentando la vita in semi-autonomia; le imprese agricole realizzano un’entrata economica immediata e stabile e sono coinvolte in un circuito relazionale che crea contatti, visibilità ed opportunità di lavoro.
La scelta di dare valore all’ambiente e al paesaggio è per Arca motore di numerose altre iniziative: i “giardini terapeutici”, ad esempio, che rispondono al bisogno delle persone di stare a contatto con la natura e i processi naturali di crescita e di rinnovamento. Così nella parte dedicata alla memoria si trovano odori e forme di giardini del secolo scorso: erbe aromatiche in secchi di metallo, sedie di bambù su cui riposare, cappelli di paglia per farsi ombra e cespugli di osta, una pianta diffusa nei vecchi parchi e poi decaduta. Nello spazio dedicato all’infanzia, invece, abbondano gli spazi naturali assecondando lo sviluppo del paesaggio con elementi di gioco al confine con la “land art”, come grandi tubi flessibili rossi conficcati nel terreno da cui escono imbuti talvolta pieni di fiori come primitivi impianti “per ascoltare la terra”. Accade così che una cooperativa nata nel 2005, pochi dipendenti, un fatturato modesto (150mila euro) ma un’idea chiara in mente, sia al centro di iniziative che mobilitano collaborazioni, investimenti e innovazioni ben superiori al proprio diretto giro d’affari.

La tenacia del vino
Hanno appena piantato mezz’ettaro di Pugnitello, un vitigno autoctono quasi scomparso. D’altra parte, da più di 20 anni la Cooperativa agricola Valdarnese di Paterna (www.paterna.it) coltiva vigne senza piegarsi alle mode. L’azienda ha avviato 30 ettari di produzione biologica nel 1985. Da allora, i tre soci hanno affinato tecniche e prodotti (il loro Chianti è segnalato per il rapporto qualità/prezzo) senza perdere di intraprendenza. Sono tra gli animatori del mercato coperto di Montevarchi (www.ilmercatale.it), un’esperienza di vendita quotidiana di prodotti locali di agricoltura e allevamento. Collaborano con le cooperative sociali per la formazione professionale di persone in difficoltà, e l’anno scorso 3 loro “studenti” hanno terminato la preparazione e sono stati assunti in un’altra coop. Preferiscono la vendita diretta per le loro 30mila bottiglie, ma esportano anche nel mondo.
“La voglia di identità” che mettono al centro del loro lavoro ha mille forme. Quella di “piccolo pugno” del grappolo di Pugnitello rende giustizia alla tenacia di questa storia.

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