Interni
L’insegnante migrante
Miliardi di euro di tagli all’istruzione lasciano a casa migliaia di docenti. Come se non bastasse, un decreto ostacola il cambiamento di provincia alla ricerca di opportunità di lavoro. Prima puntata del nostro viaggio nella precarietà Pasquale Esposito non è…
Miliardi di euro di tagli all’istruzione lasciano a casa migliaia di docenti. Come se non bastasse, un decreto ostacola il cambiamento di provincia alla ricerca di opportunità di lavoro. Prima puntata del nostro viaggio nella precarietà
Pasquale Esposito non è un nome inventato. È un ragazzo vero: ha 29 anni, laurea con lode in tasca. Ha appena finito la scuola di specializzazione che lo abilita all’insegnamento e vive a Napoli. Dopo 2 anni di lezioni frontali, 200 ore in aula, 5mila euro investiti in formazione e innumerevoli pasti saltati per conciliare la vita da cronista (è anche un giornalista professionista) ora fa i conti con i tagli imposti dal ministero della Pubblica Istruzione.
La storia è nota. Tutto è iniziato con la finanziaria 2008: 42mila cattedre in meno da aggiungere ad altri 90mila posti da tagliare per i successivi tre anni.
Il mondo della scuola protesta, sciopera, occupa, ma il ministro Maria Stella Gelmini va dritto per la sua strada. Per tutti i nuovi insegnanti le immissioni in ruolo sono sempre più a rischio e le 25mila assunzioni promesse dal governo Prodi sono diventate un sogno. Lo scorso 3 settembre il ministro Gelmini, in un clima di rabbia, proteste e presìdi permanenti davanti ai Provveditorati delle maggiori città italiane, attacca: “Sul tema del precariato ho assistito a una strumentalizzazione molto pesante che ha cercato di far credere al Paese che la piaga del precariato abbia origine con questo governo. Non è vero che la precarietà è nata con la Finanziaria del 2008”.
Pasquale assiste protestando ai tagli, ma sa che il problema è anche un altro. Intimamente correlato al primo, ma ulteriore e altrettanto grave. Nell’estate dell’anno scorso il ministero di viale Trastevere ha infatti imposto con decreto ad hoc che soltanto i nuovi insegnanti possono cambiare la graduatoria provinciale dove inserirsi. Tradotto: viene tolta di fatto la possibilità a migliaia di precari e aspiranti professori di scegliere città che offrono maggiori probabilità di assunzione.
Pasquale, come altri 18mila, fa ricorso al Tar del Lazio e iniziano la propria battaglia sul “criterio del pettine”. La questione è semplice ma tutt’altro che risolta: per l’assegnazione dei posti in cattedra chi fa domanda in altre province, oltre a quella di prima iscrizione, finisce direttamente in fondo alla lista azzerando il proprio punteggio. Sfiorando così la violazione dell’articolo 16 della Costituzione che garantisce il diritto alla libera circolazione dei cittadini. Il 5 giugno il Tar, con un’ordinanza sospensiva, dà ragione ai docenti sancendo la possibilità dell’inserimento “a pettine”, mantenendo cioè il punteggio personale in tutte le scuole dove si presenta domanda secondo un criterio meritocratico e non territoriale. Rincuorati dalla decisione del Tribunale amministrativo i docenti che si sono presentati al provveditorato ad agosto si sono scontrati con l’ostruzionismo ministeriale: il dicastero vuole impugnare la decisione del Tar al Consiglio di Stato. A metà settembre l’appello non risulta ancora presentato. Se poi anche il secondo grado le desse torto, il ministro Gelmini ha già pronta la contromossa: un decreto ad hoc inserito nel primo provvedimento utile. Una sanatoria, insomma.
Secondo calcoli dei Comitati degli insegnanti precari la mancata chiarezza porterà a un “carosello” di 100mila docenti con relativi contraccolpi sulle classi. Ma i beffati si sono organizzati: il sindacato di categoria Anief ha inviato agli uffici scolastici una diffida per “inadempimento colposo” e chiede l’esecuzione coattiva dell’ordinanza. Una battaglia non ancora conclusa che ha generato dall’inizio di settembre proteste in tutti i provveditorati. I più agguerriti sono i 15mila precari storici che hanno ottenuto al posto di una cattedra annuale un’indennità di disoccupazione di cui non si conosce l’ammontare e la durata e, soprattutto, il soggetto che dovrà finanziarla. Caos all’inizio dell’anno scolastico per le graduatorie incerte, classi affollate (con denuncia del Codacons), tagli alla didattica e una domanda di istruzione e un’offerta di servizi che non s’incontreranno mai. Perché con i tagli si “risparmiano” 8 miliardi di euro.
E il professore meridionale prende la valigia e cambia città. “Non c’era nessuna speranza se rimanevo a Napoli -dice Pasquale-, così ho presentato domanda nelle scuole della provincia di Milano”.