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Ligresti, Unicredit salva se stessa

Le pagine economiche dei quotidiani sono piene, negli ultimi giorni, di “cronache” relative ai movimenti della galassia di imprese che afferiscono a Salvatore Ligresti. L’uomo ha quasi 80 anni, è nato a Paternò (Catania) e per vocazione è un “palazzinaro”….

Le pagine economiche dei quotidiani sono piene, negli ultimi giorni, di “cronache” relative ai movimenti della galassia di imprese che afferiscono a Salvatore Ligresti.
L’uomo ha quasi 80 anni, è nato a Paternò (Catania) e per vocazione è un “palazzinaro”. La città di Milano, dove opera dagli anni Sessanta, è piena di torri di uffici made in Ligresti, rigorosamente sfitti. Nel tempo, però, è diventato un grande assicuratore (con Fondiaria-Sai), un immobiliarista (con Immobiliare Lombardia), un banchiere (azionista in Unicredit, una figlia nel cda di Mediobanca), un costruttore (in partnership con i Gavio e i Benetton controlla Impregilo, la più grande imprese italiana del settore), editore (la figlia è nel cda di Rcs-Corriere della Sera).
Nei momenti di difficoltà finanziaria, come quello che la famiglia Ligresti ha affrontato dall’autunno 2010 all’inverno del 2011, quando l’indebitamento netto viaggiava intorno ai 2 miliardi di euro, una situazione di poteri così intrecciata conta.
Per alcuni soggetti, ad esempio Unicredit, salvare Ligresti significa salvare sé stessi e i proprio bilanci (perché svalutare i proprio crediti, o dichiararli inesigibili, alle banche non piace). Come ha scritto Giovanni Pons su la Repubblica (16 marzo 2011) “tuttavia per Unicredit non sarà facile giustificare un intervento a livello di capitale nel gruppo Ligresti, anche se cercherà di giustificarlo con la necessità di proteggere i propri crediti verso la filiera, che complessivamente ammontano a circa 600 milioni”.
Quello che Pons scongiurava, è accaduto ieri: “Il cda di Unicredit -spiega un’agenzia Ansa- dà il via libera al salvataggio del gruppo Ligresti. La banca ha infatti siglato un accordo con Premafin, la holding che controlla Fonsai, mettendo sul piatto 170 milioni di euro per salire al 6,6% del capitale della compagnia nell’ambito dell’aumento di capitale da 460 milioni già deliberato. La cifra, che rappresenta un forte premio rispetto alle quotazioni di Fonsai (per acquistare il 6,6% del capitale ordinario sul mercato basterebbero 54 milioni), entrerà in gran parte nelle casse di Premafin, cioè dei Ligresti, permettendo alla holding di non diluirsi sotto il 35% e mantenere cosi’ il controllo di Fonsai”. Contestualmente, Ligresti si è dimesso dal cda di Unicredit.
Come a dire: “Missione compiuta”. La giostra può ripartire, grazie anche alle generose previsioni del Piano di governo del territorio approvato a febbraio dal Comune di Milano, che concede al gruppo Ligresti nuovi -e importanti- diritti edificatori. Quei terreni oggi valgono un patrimonio, e a nessuno importa che gli immobili vengano effettivamente realizzati. Basterà una perizia per certificarne il valore.    

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