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Se un professionista imputato per fatti di mafia non viene sospeso o radiato dall’albo della propria categoria, ciò favorisce fenomeni di collusione. A Modena se ne sono resi conto, e hanno creato una “carta etica” delle professioni intellettuali
 
“Auspicherei un maggiore intervento sugli indagati per mafia da parte degli ordini professionali, che troppo spesso aspettano la sentenza definitiva per intervenire sugli iscritti”. A parlare è il Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, intervenuto a Palermo a un convegno su colletti bianchi e mafia, il 26 febbraio scorso. Accade così che, “a Palermo, un professionista che collabora con la giustizia viene sospeso, mentre per chi è imputato invece si aspetta la sentenza definitiva -ha detto Grasso-.
 
Sotto questo profilo ci vogliono maggiori regole di deontologia professionale, come ad esempio negli Stati Uniti d’America, dove gli ordini hanno la forza di espellere chi non ha comportamenti adeguati”.
A quasi mille chilometri di distanza, a Modena, negli stessi giorni l’ingegnere Pietro Balugani, presidente del Centro unitario delle professioni (Cup), l’associazione che riunisce i circa 30mila liberi professionisti della provincia emiliana, ha presentato “La carta etica delle professioni intellettuali”. 
Si tratta di un documento che i professionisti hanno deciso di redigere per dare un segnale concreto e visibile della volontà di assumersi una responsabilità precisa: quella di non essere indifferenti al fenomeno mafioso. La carta, composta di undici articoli e diventata oggetto di attenzione del Cup regionale e nazionale, è stata pensata come uno strumento per sensibilizzare alla vigilanza e per favorire la denuncia, in condizioni di sicurezza, da parte dei professionisti. Balugani ci ha spiegato così le ragioni di questa iniziativa: “I professionisti modenesi hanno scelto di parlare, di non nascondersi e di non ‘fingere di non vedere’ quello che è sotto gli occhi di tutti, come ormai numerose inchieste giudiziarie hanno dimostrato: l’infiltrazione della criminalità organizzata nel nostro territorio”.
 
L’ingegner Balugani è molto chiaro: “Il professionista è sentinella di legalità nel campo in cui opera. Egli gode di un osservatorio privilegiato, può segnalare e informare nel caso intravedesse meccanismi poco chiari.  La carta etica diventa, quindi, uno strumento di lavoro”. Nella premessa della carta è scritto chiaramente che l’eticità dei comportamenti non è valutabile solo in termini di stretta osservanza delle norme e della carta etica: “Il professionista deve porre in essere, nelle diverse situazioni, comportamenti ineccepibili sia da un punto di vista professionale, deontologico e morale in quanto consapevole dell’importanza del ruolo che ricopre nella società civile”.
 
La carta prevede una serie di comportamenti ben definiti, che i professionisti-sottoscrittori devono mettere in atto. Tra questi il rifiuto di sottomettersi all’estorsione mafiosa (art.1), il sostegno alle vittime di mafia (art. 2), la collaborazione con enti locali, scuole e università (artt. 4-5), il contrasto al lavoro nero e la tutela dell’ambiente (artt. 7-8), la possibilità di radiazione dell’albo (art. 10) e la possibilità, da parte degli Ordini e dei Collegi, di costituirsi parte civile nei processi nei quali sono contestati i reati di tipo mafioso a professionisti iscritti all’albo (art. 11). 
 
Nelle prossime settimane, ha detto l’ingegnere Balugani, sarà attivato un apposito registro in cui saranno iscritti tutti i professionisti che sottoscriveranno il documento. Inoltre saranno attivate delle borse di studio per tesi di laurea che si occupino di analizzare i temi contenuti nella carta. “Riteniamo che sia un dovere preciso di ogni ordine professionale diffondere tra i propri iscritti un senso di responsabilità civile, sostenendo ed accompagnando la presa di coscienza del singolo che si trovi a fronteggiare una presenza mafiosa nel proprio ambito lavorativo e che magari, per paura, sceglie di non denunciare -ha concluso Balugani-. Chiudere gli occhi, tacere, voltarsi dall’altra parte significa mettere in pericolo le conquiste che tutti ormai ritenevamo acquisite”. 
 
Una presa di coscienza importante, fatta nel Nord Italia, in cui, ancora oggi, alcune persone che hanno responsabilità pubbliche  vorrebbero non sentire pronunciare mai la parola mafia. 
www.avvisopubblico.it

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