Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Ambiente / Opinioni

Le nostre “prove preventive” a difesa del suolo

© Pok Rie, pexels

Basta uno smartphone per fotografare e documentare lo stato del paesaggio prima che venga aggredito. Così si rafforza la partecipazione dei cittadini. La rubrica di Paolo Pileri

Tratto da Altreconomia 252 — Ottobre 2022

Quasi sempre al termine di una serata pubblica a parlare di suolo e del suo consumo, dal pubblico mi chiedono che cosa è possibile fare di concreto: le persone vogliono fermarlo il declino e non solo discuterlo. La mia risposta è sempre la stessa: documentare con anticipo. Tutti noi abbiamo in tasca uno smartphone con cui possiamo fotografare le aree ancora non urbanizzate ma a rischio: edifici e parcheggi abbandonati, i portoni con i cartelli “Vendesi”, aree dismesse pubbliche e private.

Non sono immagini banali ma prove schiaccianti con cui ci portiamo avanti. Se documentiamo lo stato delle cose prima che vengano aggredite e le opportunità da recuperare anziché consumare suolo, se mettiamo in piedi archivi di dati e informazioni, se li pubblichiamo sui social network e su internet, mandiamo un messaggio chiaro e preventivo a chi governa, riducendo gli spazi di manovra di quanti (urbanisti tecnici e politici) si prendono il lusso di decisioni insostenibili. Magari proprio sapendo di poter giocare d’anticipo perché i tempi di organizzazione delle difese da parte dei cittadini finiscono per essere insufficienti.

In questo modo dismettiamo un po’ i panni di chi da una vita rincorre decisioni già prese non sapendo dove sbattere la testa per cercare prove in fretta e furia. Se invece anticipiamo con immagini ben ordinate e chiare, con dati semplici e leggibili da tutti, il loro giochino si rompe perché l’evidenza mette i bastoni tra le ruote del “si è sempre fatto così”. Il metodo delle “prove preventive”, chiamiamolo così, non può che irrobustire la partecipazione popolare e rendere più vigile il modo di stare sulla scena. Ma farebbe bene anche a quella politica fatta di finzioni recitative di pratiche democratiche con cui dice di migliorare un ambiente che alla fine peggiora.

Le leggi regionali sul consumo di suolo che fanno tutt’altro che fermarlo, i piani urbanistici che si auto-eleggono virtuosi pur cementificando, i vari politici che si sono scagliati contro il rapporto Ispra sul consumo di suolo per i suoi dati a loro non graditi, un ministro della Transizione ecologica che si spazientisce per un paesaggio che frena lo sviluppo del fotovoltaico, il Piano nazionale di ripresa e resilienza che etichetta, senza motivo, molte sue opere come indifferibili e urgenti consumando così suolo, le Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026 che stanno asfaltando le Alpi quando avrebbe dovuto essere un evento a impatto zero: tutte prove di quelle finzioni politiche che sventolano sostenibilità fragile, permettendosi, pure, di sottrarsi al pubblico dibattito.

“Quattro” è il numero di lettere delle parole “dati” e “foto”, due strumenti potentissimi che possiamo usare per anticipare e smentire le decisioni insostenibili che chi ci governa si permette di prendere

Se è vero, e lo è, che la democrazia conta su di noi per costringere chi di dovere a tutelare i nostri patrimoni (Colin Ward, 2018), noi possiamo dare una mano alla democrazia e alla tutela dell’ambiente fornendo prove preventive a loro difesa. Inoltre un processo collettivo di raccolta di fotografie e dati è qualcosa di fattibile da ognuno che, così, può sentirsi parte di un lavoro culturale concreto che irrobustisce la conoscenza e la consapevolezza sua e di tutti. “Impara il più possibile sul cambiamento climatico se vuoi fermarlo” diceva Al Gore nel documentario “Una scomoda verità” (2005). E qui vale lo stesso. Se la tornata elettorale ci avrà spinto nella palude nera delle restrizioni democratiche avremo una ragione in più per darci nuove mosse e mettere in sicurezza quel che rimane di partecipazione e libertà, smascherare i negazionisti e gli indifferenti ecologici che rischiano di aver sempre più strada spianata.

Paolo Pileri è ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “L’intelligenza del suolo” (Altreconomia, 2022)

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati