Opinioni
Le mistificazioni e il razzismo
Gli scontri nelle periferie romane non sono il segno di una “guerra fra poveri”. Questa retorica serve a chi non vuole risolvere il disagio sociale vissuto dai soggetti emarginati, compresi rifugiati e rom. La lucida (e anticipatrice) analisi di Lorenzo Guadagnucci, poche settimane prima dell’inchiesta "Mafia capitale"
La retorica della “guerra fra poveri” si è rapidamente diffusa nel circuito che lega mondo politico e media, ed è divenuta la chiave di lettura dei gravi episodi avvenuti nelle settimane scorse a Roma nel quartiere Tor Sapienza, dov’è stata contestata -addirittura aggredita- una struttura d’accoglienza per minori stranieri non accompagnati (in tutto trentasei ospiti, per lo più adolescenti).
La teoria della “guerra fra poveri” ha una storia antica ed è fra gli assiomi più insidiosi quando si affrontano casi del genere, che mischiano sofferenza autentica, sentimenti di avversione per il diverso e uso politico del disagio sociale. L’agenzia Redattore sociale ha riportato le parole di Tommaso Ippoliti, presidente del comitato di quartiere Tor Sapienza: “Non si tratta di un’azione politica. La politica non c’entra niente, come non c’entra niente il razzismo. Sono solo cittadini esasperati, cittadini che andranno avanti nella loro protesta perché le istituzioni non li ascoltano. La gente non vuole gli extracomunitari e non sa più come dirlo, vuole solo legalità. Questa è solo la conseguenza di un abbandono totale del quartiere al suo degrado”. E ancora: “Non ce l’abbiamo con loro perché sono neri ma nella stessa zona sorge il campo rom di via Salviati e nell’ultimo anno si sono moltiplicate le occupazioni abusive di case e strutture. È un insieme insostenibile. Con la presenza di immigrati abbiamo visto crescere anche l’illegalità, i furti, le aggressioni”.
La rabbia sociale, dunque, si riversa sul centro di accoglienza e i suoi pochi ospiti, oltreché sul campo rom della zona, ma la causa del disagio -dice chi protesta e ottiene che i 36 ragazzi del Centro siano trasferiti- è l’abbandono del quartiere, la sua degradazione a periferia dimenticata. Chi parla di “guerra fra poveri” lascia intendere che a Tor Sapienza sia in corso una sorta di conflitto civile, uno scontro tra fazioni parimenti emarginate, in una lotta fratricida. Questo tipo di retorica occulta però la dimensione del potere, crea una sorta di velo sulla gestione politica delle periferie cittadine e rimuove il clima politico e sociale di questi anni. Le vittime delle aggressioni fisiche e verbali -chi abita il campo rom, gli ospiti del Centro di accoglienza- vengono messi sullo stesso piano dei “cittadini esasperati che protestano”. Scompaiono anche gli imprenditori politici del razzismo, quei soggetti che lucrano visibilità e consenso additando gli immigrati e i rom come fonte di sprechi e causa di criminalità (a Tor Sapienza, oltre ad alcuni capipopolo, si sono distinti singoli e gruppi legati a Casa Pound e altre formazioni della destra radicale). Spariscono, nella retorica della “guerra fra poveri”, anche le campagne condotte a forza di manifesti affissi nelle zone “calde” -cioè vicino a strutture e alberghi utilizzati per ospitare qualche migliaio di richiedenti asilo- per “denunciare” il costo per lo Stato dell’accoglienza garantita ai profughi di guerra. Anche la retorica antizigana, un classico del degrado della politica in Europa, si è spostata dalla generica avversione per i rom e dagli stereotipi sull’incapacità di integrarsi e i rapimenti di bambini, al costo per lo stato dei cosiddetti “campi nomadi”. La visita di Matteo Salvini, capo della Lega Nord, a un campo che da molti anni ospita a Bologna alcune famiglie sinte, è da questo punto di vista esemplare. Un piccolo incidente con un gruppo di attivisti di sinistra -concluso con un vetro dell’auto sfondato- è diventato la notizia del giorno e il capo leghista, protagonista di una disdicevole provocazione, culmine di un’odiosa campagna contro i rom, ha potuto pontificare con i toni della vittima dai maggiori mezzi d’informazione, inclusi i salotti televisivi più in voga. Alla fine la concreta condizione dei rom -segregati anche oltre le più disagiate periferie e bersaglio prediletto degli imprenditori politici del razzismo- scompare dalla scena.
La teoria della “guerra fra poveri” è una mistificazione. Il disagio sociale vissuto in quartieri come Tor Sapienza non ha nulla a che vedere né col costo dei campi rom né con i soldi spesi per ospitare qualche migliaio di persone fuggite dalle guerre in corso a sud del Mediterraneo. Il degrado delle periferie è piuttosto l’esito di scelte politiche infelici. La rabbia che cova sotto la cenere, e che diventa facile esca per operazioni politiche spregiudicate, è parte del declino economico, sociale, morale del nostro tempo. La “guerra fra poveri”, alla fine, più che una spiegazione di quel che avviene, si rivela uno strumento di potere. —