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Opinioni

L’anestesia informativa e il potere dei Mercati

Veniamo costantemente invitati a far di tutto e ad accetare ogni condizione, pur di superare la crisi. Le "riforme strutturali" diventano un mantra. Ma come cittadini finiamo così per perdere "la visione del reale e il senso delle cose che contano, la luce della conoscenza effettiva e del pensiero critico, la rabbia e l’indignazione". Il commento di Roberto Mancini

Tratto da Altreconomia 153 — Ottobre 2013

A sentire un qualsiasi telegiornale (ma sarebbe lo stesso leggendo quasi tutti i quotidiani) si ricava questa rappresentazione della realtà: ci sono timidi segnali di uscita dalla crisi, ma se l’Italia vuole “agganciare la ripresa” deve assicurare stabilità politica, continuando con il governo delle larghe intese e ridimensionando il debito pubblico fino al traguardo del pareggio di bilancio. A esso si deve arrivare per l’unica via possibile: attuando quelle “riforme strutturali” che ci chiedono gli esponenti della Commissione europea da una parte e il vertice della Banca centrale europea dall’altra. Sullo sfondo il Fondo monetario internazionale e l’Ocse in coro rafforzano il ritornello, mentre il rosario delle percentuali relative allo spread e all’andamento dei Mercati -che sono personificati- evoca lo stesso effetto del bastone e della carota: se disobbediamo è subito pronta la punizione, se facciamo i bravi forse qualche briciola ci sarà anche per noi. Ogni tanto viene data la previsione di sicura crescita nel 2014, dopo di che si aggiunge, come se fosse normale, che la disoccupazione aumenterà.
Al telespettatore, come a chi legge un quotidiano, si pratica l’anestesia informativa a ogni notiziario, tutti i giorni, anche i festivi, con un’estensione che copre il 90 % delle notizie diffuse. Non si parla più della vita delle persone e dei popoli, non certo della loro sofferenza e delle iniquità che subiscono, né si parla di idee, ideali, sentimenti, o di arte, di bellezza, di eventi creativi o di progressi nel cammino della scienza. Si parla solo, ossessivamente, del debito e di “riforme”, della crescita e della competitività, delle percentuali e del loro andamento foriero di rovina o di ripresa. Per tutto il tempo. Dall’ambiente mediatico e sociale il flusso “informativo” penetra nella mente delle persone, le mantiene in un clima interiore angoscioso, persuadendole a credere in questa rappresentazione della realtà e a comportarsi di conseguenza. Sempre più docili, flessibili, pronti a tutto pur di attirare gli investimenti dei Mercati. Da questo trattamento narcotico si resta storditi e svuotati: perdiamo così la visione del reale e il senso delle cose che contano, la luce della conoscenza effettiva e del pensiero critico, la rabbia e l’indignazione, la stima di noi stessi e l’attenzione alle persone, la percezione di quello che dobbiamo alle nuove generazioni e la fiducia in loro, la creatività e la cognizione della giustizia, l’iniziativa politica e la speranza.  La verità viene respinta, resa impensabile. Eppure non sarebbe difficile da vedere. Provo a riassumere la situazione reale. I Mercati sono un’istituzione mondiale pilotata da un’oligarchia di speculatori, di grandi banche, gruppi assicurativi e grandi imprese multinazionali, a cui si aggiunge una schiera di manager superpagati, di agenzie di rating, di autorevoli economisti neoliberisti, di figure di spicco nella politica e nel sistema informativo, nonché di quelli che hanno cospicue rendite. Il sistema tecnologico, quello informativo e quello accademico sono solidali con l’oligarchia economica. Invece di contrastarne la prepotenza rafforzando la democrazia, il sistema politico è il più docile e zelante funzionario dei Mercati. E qui troviamo il vero volto dell’attuale Unione europea: un’organizzazione di Stati a disposizione delle volontà dell’oligarchia finanziaria. È da questo pulpito che ogni giorno ci viene la predica delle “riforme strutturali” (e cioè tagliare le pensioni, la sanità, l’istruzione, i servizi sociali, ridurre gli spazi di democrazia, allinearsi automaticamente alla comodità dei Mercati).
Il problema non è il debito degli Stati né i costi della democrazia e dei diritti, ma il furto globale che la finanza perpetra a danno della società: delle persone, delle famiglie, delle generazioni giovani e di quelle future. Il problema non è varare le “riforme strutturali”, ma rifiutarle. Il ritorno alla realtà esige di svegliarsi dall’ipnosi globale per dare una risposta politica democratica, capace di sconfiggere la prepotenza degli oligarchi e infine di processarli per le loro responsabilità penali, al di là delle responsabilità morali e storiche. Fino a che, un giorno, le Borse saranno abolite e se ne parlerà solo nei libri di storia, l’economia sarà al servizio della società, l’informazione rispecchierà la vita e la vita non sarà privatizzata da nessuno. Se apriamo gli occhi, se cominciamo ad agire come i Mercati non vogliono e come la politica attuale non sa nemmeno immaginare, quel giorno non è lontano. —

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