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L’altra faccia del francobollo – Ae 56
Numero 56, dicembre 2004Dimenticatevi le Poste come le conoscevate. Negli ultimi anni la società è tornata in attivo dopo un passato di perdite, e oggi è una macchina che macina 8 miliardi di euro. Il “segreto” è il settore finanziario,…
Numero 56, dicembre 2004
Dimenticatevi le Poste come le conoscevate. Negli ultimi anni la società è tornata in attivo dopo un passato di perdite, e oggi è una macchina che macina 8 miliardi di euro. Il “segreto” è il settore finanziario, che ormai ha superato il core business della corrispondenza, trasformando le Poste nella terza banca nazionale per numero di conti correnti. In futuro aspettatevi di tutto: anche i postini che vendono fiori porta a porta
La posta in gioco è alta. Vale 8,1 miliardi di euro, tanto quanto il giro d’affari di Poste italiane, cioè una delle principali imprese del nostro Paese. 158 mila dipendenti, 14 mila sportelli, un servizio che tocca quotidianamente tutti i cittadini, fino al 1999 le Poste erano in disavanzo endemico (negli anni Novanta con punte di 4.500 miliardi di lire), oggi invece guadagnano. Che cosa è successo?
Il cambiamento, che tra il 1999 e il 2003 è costato oltre 3 miliardi di eu-ro ha investito tutta l’azienda: sono cambiati gli uomini al comando, sono aumentate le divisioni (oltre alla corrispondenza e alla filatelia si sono aggiunte quella bancaria e quella logistica), è stata introdotta la tecnologia (ancora nel 2000 le Poste non avevano una rete informatica). Ed è stato ridotto il personale (nel 2003 i ricavi sono cresciuti del 5,9% e i costi sono rimasti sostanzialmente stabili, +0,3%).
Basta entrare in un ufficio postale per capire che “qualcosa” non è più come prima: a cominciare dagli uffici delle principali città, l’intera rete degli sportelli ha subìto un restyling, sono stati ridisegnati gli spazi, predominano i colori sgargianti, ha fatto capolino l’angolo della cancelleria dove è possibile acquistare penne, quaderni o cd (per ingannare i tempi di attesa in coda, che non è sparita). La sensazione è quella di trovarsi non in uno ma in diversi posti contemporaneamente. Allo sportello da qualche tempo si può persino attivare una carta prepagata (Postepay Xbox) che consente di effettuare le classiche operazioni di prelievo e pagamento di una carta personale, e anche di accedere ai giochi online della Microsoft.
Ma soprattutto il cambiamento è avvenuto trasformando il core business di Poste o, almeno, duplicandolo: non solo corrispondenza ma anche banca. Oggi il 48% del fatturato di Poste italiane viene da Bancoposta, nato appena nel 2000, e le Poste, per numero di correntisti, sono diventate la terza banca nazionale. Nel 2003 i ricavi di Bancoposta sono cresciuti del 13,3% contro un +1,4% dei ricavi da corrispondenza e un +3,4% di espresso-logistica-pacchi. Altro che francobolli, insomma.
Un risanamento a tappe forzate
La svolta inizia nel 1998 quando le Poste diventano una società per azioni -Poste Italiane spa- con capitale di 2.561 miliardi di lire a totale controllo del Ministero del Tesoro (oggi il Ministero dell’Economia è l’unico azionista delle Poste e le controlla per il 65% direttamente e per il 35% attraverso la Cassa depositi spa). Da quel momento il “risanamento” procede a tappe forzate in vista della privatizzazione (annunciata per la fine del 2004, ma continuamente rimandata) e della liberalizzazione del mercato. Già, perché dopo il gas, le telecomunicazioni, l’energia elettrica, i servizi idrici, anche le Poste dovranno vedersela con il libero mercato. Anche l’Unione europea spinge per l’adozione di sistemi concorrenziali nei settori delle public utilities e ha fissato il termine ultimo per la totale apertura dei servizi postali nel 2009.
Oggi le Poste detengono il monopolio della corrispondenza inferiore a 100 grammi, ma il resto (buste più pesanti, pacchi e pacchetti) è merce contesa tra gli operatori privati, nazionali ed esteri. Se ci avete fatto caso il postino recapita ormai solo le lettere; le buste e i pacchi arrivano con il corriere espresso Sda, che nel 1998 è stato assorbito dal gruppo Poste italiane.
Quando, tra cinque anni, il mercato sarà completamente liberalizzato c’è da augurarsi che il servizio universale di recapito (ovvero la consegna della corrispondenza in tutti i comuni d’Italia -anche quelli in montagna o sulle isole) rimanga un diritto per tutti. Perché questo non è un servizio che paga, anzi è lo Stato che sostiene gli oneri (e attualmente è in ritardo con il rimborso). !!pagebreak!!
I postini cambiano mestiere
Probabilmente per quella data scriveremo più e-mail che lettere, ma intanto oggi il volume della corrispondenza è ancora in crescita, soprattutto per l’aumento della posta pubblicitaria. E bene lo sanno i postini che negli ultimi anni imbucano nelle cassette delle lettere degli italiani molta più carta (con i marchi Postatarget e Promoposta). Oltre ai bulbi di fiori.
Nel lodigiano, a Sud di Milano, i postini si sono messi a fare i “fioristi” per conto delle Poste e tra un’ordinaria e una prioritaria vendono alle casalinghe anche bulbi di tulipani dall’Olanda. A loro non va un centesimo in più, ma intanto si esercitano per trasformarsi da semplici portalettere a venditori door-to-door di prodotti e servizi postali.
Proprio come è avvenuto in altri Paesi europei, ad esempio in Gran Bretagna, dove il postman ormai fa anche il consulente finanziario e assicurativo per la divisione bancaria.
Ma il postino non è l’unico che sta cambiando mestiere dentro le Poste. Sono 500 mila le ore che l’azienda ha dedicato, solo quest’anno, per riqualificare i lavoratori, non tutti necessariamente in ambito postale. Non ci crederete ma Poste italiane oggi è il secondo operatore di centrali telefoniche d’Italia: quasi duemila persone rispondono oggi al telefono nei call centre dell’Inps e di diverse aziende e Comuni come quello di Roma. Altri dipendenti sono stati convogliati verso il settore bancario, perché all’azienda costa meno riqualificare i propri dipendenti piuttosto che assumerne di nuovi con il contratto bancario, considerato che un lavoratore del settore postale guadagna esattamente la metà di uno di quello bancario.
Le assunzioni sono ferme da anni e la carenza di organico crea emergenze quotidiane, basti pensare che nel 1998 i dipendenti erano 187 mila mentre oggi sono 157 mila. Alcuni uffici postali hanno giù chiuso, altri hanno ridotto l’orario di apertura al pubblico. Le ore di straordinario fanno ormai parte del normale orario di lavoro e molti dipendenti hanno ferie arretrate da tempo. L’azienda, in verità, qualcuno ha iniziato ad assumere: sono i lavoratori stagionali con contratto a tempo determinato che si sono appellati alla legge per venire assorbiti a tempo indeterminato. In Lombardia 200 persone hanno vinto la causa, il tribunale ha dato loro ragione e le Poste non hanno potuto fare altro che regolarizzare il loro contratto.
Il piano strategico per il prossimo triennio è molto ambizioso e punta a una nuova fase di investimenti (2.700 milioni di euro) per sostenere la crescita dell’azienda che guarda a nuovi mercati e servizi, tra cui quelli telematici: con la capillarità dei suoi 14 mila uffici postali, infatti, le Poste aspirano a diventare “la rete delle reti” in Italia.
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Aziende al top, Poste arriva sesta
Eni sale al primo posto nella top ten delle aziende italiane e scavalca il gruppo privato Ifi-Fiat. L’azienda statale ha guadagnato la hit parade con un fatturato di 51,48 miliardi di euro e utili per 5,58 miliardi.
Le Poste con ricavi per 8 miliardi di euro balzano al sesto posto, guadagnando una posizione. Perde invece terreno Alitalia, scesa dal quindicesimo al ventunesimo posto, con un fatturato di 4,30 miliardi di euro.
Resta al terzo posto della graduatoria il gruppo Telecom, con un fatturato di 30,70 miliardi di euro. Salda al quarto posto Enel, con un fatturato incrementato a poco più di 30 miliardi di euro, a conferma di un settore energetico che macina ricavi e utili. Guadagna una posizione anche la Esso Italia (6,695 il fatturato 2003), seguita dalla Pirelli che sale dal nono all’ottavo posto, nonostante un fatturato in diminuzione a 6,69 miliardi. Chiude la top ten Edison (precedentemente quinta).
Lettere in viaggio nei centri meccanizzati
La lavorazione della corrispondenza avviene, in maniera crescente, nei centri di smistamento meccanizzati.
Nel centro di Peschiera Borromeo, alle porte di Milano -uno dei più grandi d’Europa-, passano ogni giorno qualcosa come 3,2 milioni di lettere (il 20% del traffico meccanizzato italiano). La corrispondenza viene smistata in modo completamente automatico dall’apertura dei sacchi fino alla preparazione dei “mazzetti” di lettere suddivisi per destinazione geografica.
I macchinari sono dotati di un sistema automatico di riconoscimento del francobollo, di timbratura e di lettura dell’indirizzo. Il tutto ad altissima velocità e con l’intervento dell’operatore limitato solo alla lavorazione della posta non meccanizzabile (perché manca il francobollo o l’indirizzo è incompleto).
In Italia lo smistamento verrà gradualmente concentrato in 14 centri meccanizzati di cui 3 in Lombardia e 19 manuali (fino al 2000 ce ne erano 150 manuali).
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Tre milioni di conti, carte di credito, fondi d’investimento
Quando il postino fa concorrenza alla banca
Poste italiane è diventata un competitore diretto delle banche. Anzi, con i suoi 14 mila uffici le Poste sono, di fatto, prime per numero di sportelli sulla penisola e la terza banca italiana per numero di correntisti: solo nel 2003 la quantità di conti correnti è aumentata del 30% circa, passando da 2,8 a 3,6 milioni (oltre il 10% di quelli dell’intero circuito bancario che sfiorano i 34 milioni ) e la giacenza complessiva è aumentata del 10,2% da 24,2 a 26,7 milioni di euro.
La chiave del successo sono i costi per i clienti del conto corrente postale: apertura e chiusura del conto sono gratuite, il tasso di interesse è pari all’1,25% lordo, le spese per la tenuta del conto, senza limiti di operazioni, sono al massimo pari a 30,99 euro all’anno. Molto difficile trovare un conto corrente bancario che offra condizioni migliori.
Il lancio di nuovi servizi non conosce sosta e il marketing è molto aggressivo per sottrarre clienti alle banche. Bancoposta, infatti, è attivo anche nell’area degli investimenti, a partire dal suo prodotto “storico”: il buono fruttifero postale la cui raccolta è cresciuta del 25% raggiungendo quota 12 miliardi di euro. Gli interessi sono contenuti ma l’investimento è sicuro. Le Poste ci guadagnano poco per cui hanno inventato anche altri prodotti finanziari propri e si sono messe a vendere alcuni prodotti di altre banche. Capita così che il risparmiatore compri obbligazione di Banca Nazionale del Lavoro o sottoscriva fondi comuni di investimento della Cassa di Risparmio di Ferrara.
Nel maggio 2001 è stata creato Bancoposta Fondi Sgr, società di gestione del risparmio di Poste italiane per offrire soluzioni di investimento più sofisticate, che opera in collaborazione con due dei principali gruppi internazionali del settore: Schroeders e Pioneer Investment.
Infine, con la compagnia assicurativa Poste Vita -attiva dal 1999 e che in cinque anni di attività ha raccolto premi per oltre 4,8 miliardi di euro e un milione di clienti- le Poste sono diventate anche una delle principali compagnie assicurative italiane. Insomma le Poste si stanno spostando in fretta verso i servizi finanziari e le banche stanno guardando con qualche timore a questo nuovo protagonista. Soprattutto quelle online, bisognose di un contatto diretto con il pubblico e senza, possibilmente, gli oneri di gestione e del personale. Proprio come è successo con Banca Mediolanum, l’istituto bancario del presidente del Consiglio, che grazie a un accordo con il Ministero delle comunicazioni ha ottenuto la possibilità di domiciliare per i propri correntisti i bonifici nella fitta e capillare rete di uffici postali. Stiamo a vedere cosa succederà nel prossimo futuro, quando le poste verranno collocate in Borsa: il rischio, infatti, è che Bancoposta venga scollato dalle Poste per “fare cassa”. !!pagebreak!!
Come fare soldi con la pubblicità. E gli ecologisti si disperano
Con l’avvento dell’e-mail la quantità di lettere e cartoline che noi tutti spediamo è diminuita. Eppure la quantità di posta in circolazione è aumentata. Come mai? Colpa della posta pubblicitaria. Vediamo.
In diversi condomìni le cassette postali sono accompagnate da una targhetta litografata: “Vietato deporre posta pubblicitaria, art. 633 del codice penale” (un articolo che riguarda l’invasione di terreni ed edifici al fine di trarne profitto). Funzionava come deterrente fino a qualche anno fa ma adesso è meno efficace.
Un ecologista si dispera osservando la cassetta “delle lettere” debordante di plichi pubblicitari; e non sa bene come reagire. Ad esempio (caso vero): riceviamo il voluminoso “Pagine sì”, imitazione delle pagine gialle. Telefoniamo e ci rispondono vaghi: “Abbiamo preso il nome da elenchi che ci hanno fornito”; e poi: “Se non le piace lo butti via, che problema c’è?”. Il problema c’è! Alberi tagliati per farne carta con gran spreco di energia e acqua e prodotti chimici, inchiostro che ha inquinato i fiumi, e poi Tir su e giù per l’Italia. Tutto per niente. Le Poste italiane hanno la loro parte di responsabilità. Molta pubblicità ormai ci arriva non indirizzata, grazie a convenzioni fra le Poste e i mittenti. Dice Letizia che fa la portalettere precaria in Toscana: “Per noi il carico, in senso letterale, è aumentato; le Poste italiane fanno soldi grazie alle convenzioni per la distribuzione di pubblicità. Perfino il sindacato su questo non eccepisce, anzi, pensa che potrebbe aumentare l’occupazione, figurarsi”.
Per resistere all’invasione dei volantini muovetevi con tutto il condominio
Contro l’invasione della posta pubblicitaria è meglio muoversi come condominio (e lo stesso si può fare sul posto di lavoro).
1. Per non ricevere più corrispondenza non indirizzata e spedita
tramite le Poste italiane (con il logo Promoposta o una fila di triangoli su uno dei lati della busta), è possibile chiedere formalmente all’ufficio postale di zona di non deporre la posta nella nostra buca. Da allora, il postino avrà il dovere di astenersi.
2. Invece, per la corrispondenza pubblicitaria indirizzata (con il logo Postatarget), Poste italiane svolge solo un’attività di vettore e non entra nel merito del rapporto esistente tra mittente e destinatario. In questo caso dovremo telefonare o scrivere al mittente e chiedergli di cancellarci dai suoi elenchi. Se riteniamo che il mittente abbia reperito i nostri dati in modo non autorizzato, denunciamo il fatto all’Autorità garante della privacy (e intanto minacciamo l’azione nella lettera al mittente di cui sopra).
3. Per quanto riguarda la pubblicità non mandata attraverso le Poste ma deposta brevi manu nella nostra cassetta, il metodo più efficace è telefonare al supermercato o al negozio che ci invadono con i loro volantini.
4. Scriviamo bene in vista sulla cassetta “Vietato deporre posta pubblicitaria a norma degli art. 633 e 614 del codice penale”, che si riferiscono alla violazione di domicilio. Può fare ancora da deterrente.
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Dalla logistica all’e-commerce, come cambia l’Europa
Gli olandesi arrivano prima
In Europa le poste si trasformano in gruppi multisettoriali specializzati in logistica integrata, e-commerce, servizi bancari e finanziari. La maggior parte delle società postali europee è ancora di proprietà statale. Due però, sono state privatizzate (almeno in parte): per primo il gruppo olandese Tpg, quotato sul mercato fin dal 1994 sotto l’ombrello della Kpn, società a partecipazione statale attiva nelle telecomunicazioni. Nel giro di due anni lo Stato ha venduto il 55% della sua parte e il controllo è passato nelle mani del gruppo logistico Tnt. Le poste olandesi hanno effettuato 38 operazioni internazionali di acquisizioni (20), joint-venture (11) e alleanze strategiche (7). Nel 2001 hanno costituito con Poste italiane la Omnidata Spa che opera in Italia nell’erogazione di servizi di direct marketing. Oggi il gruppo Tpg impiega 160 mila persone in 64 Paesi con i due marchi -Tnt e Royal Tpg Post- che nel 2003 hanno consentito un fatturato di 11,86 miliardi di euro e un utile netto di 300 milioni di euro. L’altra grande società postale in parte privatizzata è Deutsche Post sbarcata alla Borsa di Francoforte il 30 novembre 2000 quando il Governo ha dato il via alla privatizzazione incassando 6,6 miliardi di euro. Pochi mesi fa le poste hanno portato in Borsa anche la Deutsche Postbank, la più grande banca di retail della Germania con 11,5 milioni di clienti e un bilancio di 132 miliardi di euro (l’opposizione ha accusato il governo di avere venduto questo gioiello pubblico solo per fare cassa).
Del gruppo Deutsche Post fa parte anche lo spedizioniere Dhl, leader nel mercato europeo, che contribuisce per il 53% agli oltre 40 miliardi di euro di fatturato del gruppo e che è in continua espansione: ai primi di novembre il colosso ha acquistato il più grande gruppo indiano di corrieri espresso Blue Dart.
In Inghilterra la Royal Mail gode ancora di una situazione di quasi monopolio, ma la sua salute è stata messa in grave crisi (perdita annunciata di circa 22,5 milioni di euro) a causa dell’apertura -forzata- del suo mercato alla concorrenza: quella delle spedizioni di stampati che rappresentano il 30% del mercato postale inglese.
E a poco sembra servire la diversificazione particolarmente creativa delle poste di Sua Maestà: in uno qualsiasi degli oltre 16 mila uffici si possono spedire fiori e cioccolata o prenotare un viaggio a Disneyland.!!pagebreak!!
L’Italia e le altre: tutte le spedizioni a confronto Italia
Poste italiane lente e inefficienti: questo luogo comune è duro a morire nonostante il servizio di recapito abbia raggiunto -in tempi brevi- standard europei.
La lettera ordinaria è il prodotto più economico offerto dalle Poste. Il francobollo costa 0,45 euro; nel 2003 il 90% delle lettere ordinarie è giunto a destinazione entro tre giorni dopo la data di spedizione. La prioritaria costa 0,60 euro e dovrebbe arrivare entro le 24 ore successive alla spedizione (obiettivo raggiunto nel 2003 neel’87% dei casi). La raccomandata: il costo arriva intorno ai 3 euro.
La particolarità di questo servizio sta nel fatto che si può verificare, in qualsiasi momento tramite telefono o internet, in quale fase della spedizione è la lettera e in che giorno è giunta nelle mani del destinatario. Il Contratto di Programma 2003-2005 fissa -con la Carta di Qualità emanata con Decreto del Ministero delle Comunicazioni- nuovi obiettivi di qualità e prevede per il 2005 la consegna del 94% della posta ordinaria in tre giorni, mentre l’88% della posta prioritaria dovrà essere consegnata in un giorno.
Francia
L’ordinaria costa poco di più di quella italiana (0,50 euro), ma arriva prima: il 77% delle ordinarie arrivava a destinazione entro un giorno; nel giro di due giorni oltre il 93%. Il servizio prioritario non esiste (del resto, con la rapidità del servizio ordinario non conviene pagare di più).
Gran Bretagna
La posta di sua Maestà è classista, nel senso che le spedizioni si suddividono in prima e seconda classe a seconda della rapidità e dei costi della consegna. La spedizione più economica, quella di seconda classe, costa 21 penny, 0,30 euro. Il 98% delle lettere ordinarie giunge a destinazione entro il terzo giorno dalla spedizione, con un risparmio del 25%. La prima classe arriva, come la nostra prioritaria, nel 90% dei casi entro le 24 ore. La vera differenza è il costo (inferiore del 30%): 28 penny, equivalenti a 0,42 euro (meno di una ordinaria italiana). Le poste inglesi sono controllate a vista da Postwatch (www.postwatch.co.uk) organismo indipendente che vigila sulla qualità dei servizi, organizza anche campagne di pressione in caso di inefficienze e pubblica annualmente un rapporto.
Spagna
Il costo di un francobollo di posta ordinaria è molto inferiore rispetto a quello italiano (0,25 euro). Il servizio prioritario (espresso) è invece molto più costoso (1,90 euro).
Germania
La posta ordinaria costa 0,55 euro ed entro due giorni ne arriva a destinazione il 94%. Il servizio prioritario non esiste.
In Brasile anche la lotta alla povertà passa per l’ufficio postale
La lotta alla povertà passa dalla posta. Il governo Lula, in Brasile, vuole portare gli uffici postali nelle zone più povere del Paese. Oggi sono 30 milioni i brasiliani che non sono raggiunti dal servizio universale e che non hanno accesso ai servizi postali.
Per spedire una lettera o inviare un pacco devono affidarsi agli operatori privati che richiedono delle tariffe molto elevate.
Il governo utilizza la posta per fornire servizi sociali, come la consegna gratuita di materiale scolastico (61 milioni di libri nel 2003), medicinali di base, o materiale informativo come quello sull’allattamento materno. Recentemente anche la Posta brasiliana ha aperto una divisione bancaria e per molte persone che non avevano accesso a una Banca nel loro paese si è aperta la possibilità di aprire un conto corrente. L’apertura di nuovi uffici postali significa anche aumentare i posti di lavoro.