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L’alta velocità in salsa marocchina

Il Tgv che dovrebbe collegare Casablanca a Tangeri costerà 2,5 miliardi di euro. Tra gli sponsor del progetto c’è la Francia. È la transalpina Alstom, infatti, a realizzare l’investimento. Secondo i movimenti locali di "Stop TGV", che intervengono al Wsf di Tunisi, “è una forma di colonialismo economico" 

Tunisi -“È un progetto catastrofico, imposto dalle autorità governative senza alcun dibattito politico”. Le parole di Hassan Akrouid le abbiamo registrate durante il seminario tenutosi al World Social Forum sul TGV Casablanca-Tangeri. Ovvero l’alta velocità in salsa marocchina. Una tratta lunga oltre 250 chilometri, che dimezzerà i tempi di percorrenza -invece di quattro ore e 45 minuti se ne metteranno due e un quarto- e che costerà 2,5 miliardi di euro.

Soldi che, ci spiega l’esponente degli “Stop TGV”, in parte arriveranno sotto forma di prestito (poco meno di 600 milioni) e di dono (82 milioni) dalla Francia, grande sponsor del progetto dai tempi della presidenza di Nicholas Sarkozy. L’accordo siglato tra le autorità marocchine e quelle di Parigi è di quelli blindati, tanto che per l’affare TGV non è stata fatta una gara d’appalto internazionale. Il succoso boccone, guarda caso, è andata tutto alla transalpina Alstom, che si occupa in maniera diretta dei treni per l’alta velocità, mentre ha dato in subappalto i lavori per la linea ferroviaria.

I lavori sono iniziati solo nel 2012, con un ritardo di quattro anni rispetto alla scadenza originaria, fissata nel 2008, e si preveda dovranno finire nel 2015. Silenzio totale sulle valutazione d’impatto ambientale. Il governo sostiene di aver condotto degli studi, che però non sono pubblici. Ma ancor peggiori sono le conseguenze per le comunità rurali disseminate lungo il tragitto, che nessuno si è preso il disturbo di consultare. Per loro solo tante confische di terreni e compensazioni irrisorie. Alcuni si sono arresi, rassegnandosi a emigrare nei sobborghi poveri delle grandi città. Altri resistono, sfidando la repressione delle autorità, che in Marocco è durissima.

Il mancato riconoscimento da parte del governo di associazioni come il ramo locale di Attac o la Comité pour l’Annulation de la Dette du Tiers Monde (Cadtm, che lavora sul debito) di fatto impedisce un miglior coordinamento della protesta. Akrouid e altri attivisti hanno calcolato che con i fondi previsti per il TGV si potrebbero costruire 25mila scuole, 16mila biblioteche e 25 ospedali universitari. Proprio quello che serve al Marocco, dove in un importante centro come Agadir non c’è un nosocomio all’altezza delle esigenze della cittadinanza.

Invece è probabile che il denaro per il TGC andrà a ingrossare il debito del Paese, attualmente attestato sui 70 miliardi di euro, e non migliorerà la posizione nello Human Development Index, dove il Marocco occupa una desolante 130esima posizione.

Chiamato a dare un giudizio sulla condotta della Francia nell’affare TGV, Akrouid non si è certo tirato indietro: “È una forma di colonialismo economico molto chiara e alla fine gli unici che ci rimettono in tutta questa vicenda sono i cittadini marocchini”. E poi, chiarisce ancora l’attivista marocchino, “la maggior parte della popolazione non può contare su delle linee ferroviarie all’altezza”. Vi ricorda qualcosa?

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