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Economia / Opinioni

L’acqua sprecata, gli utili dei gestori e quell’analisi che manca sulle tariffe

© Adam Cai - Unsplash

A ridosso della Giornata mondiale dell’acqua tornano i luoghi comuni sulle perdite della rete (e l’eccellenza lombarda che non c’è) e sulla presunta necessità di ritocchi al rialzo delle bollette fino a 44 euro l’anno a testa. Ma questa è la tesi dei gestori. Occorre invece puntare l’attenzione sul metodo tariffario dell’autorità Arera, spiega Remo Valsecchi

Domenica 21 marzo 2021, a ridosso della Giornata mondiale dell’acqua, nelle pagine dedicate all’”Economia” del Corriere della Sera è stato pubblicato un articolo dal titolo “Acqua sprecata, in Italia il 43% di perdite”. Sommario: “Il sondaggio REF: ogni cittadino disposto a spendere 44 euro l’anno per migliorare il servizio idrico”. Confesso che mi ha sbalordito per la sua superficialità: la stampa ha una funzione e un dovere nei confronti dei suoi lettori, l’informazione, appunto, cioè la rappresentazione il più possibile prossima del “vero”, cosa che non riscontro nell’articolo. Ho più volte scritto al Corriere della Sera senza alcun riscontro, probabilmente perché ho opinioni diverse. Ecco perché ho deciso di scrivere questa “lettera aperta”.

Non si può citare un sondaggio (nel sottotitolo e nella conclusione dell’articolo) senza indicare il campione, le modalità utilizzate e tutti i risultati emersi poiché potrebbe essere, come si può ipotizzare in questo caso, un sondaggio tra amici e conoscenti e quindi assolutamente non significativo. Comprendo che il sondaggio non è stato fatto dal Corriere ma resta il dovere di accertarne l’autenticità indicandone le modalità ed i risultati anche ai lettori.

E non si può nemmeno iniziare un articolo, importante anche per i riflessi socio-economici dell’argomento nel nostro Paese, affermando che l’acqua “è un bene sempre più prezioso”. Prezioso per quale ragione? Forse perché è l’oro blu o perché, per la sua essenzialità, necessita che ne venga garantito l’accesso a tutti, anche a chi vive in condizioni disagiate, cioè a quelli che comunemente vengono chiamati gli “ultimi” (definizione che mi infastidisce perchè negli obiettivi delle strategie politiche dovrebbero essere i “primi”)?

Vengono riportati dati in modo superficiale, incoerente ed inattendibile, quando si fanno medie, come nel nostro caso, di perdite nazionali pari al 43%, segnalando, inoltre, le medie per zone. Chissà perchè la situazione peggiore è sempre il nostro Sud e le Isole. Non è il caso di essere più precisi approfondendo e ricercando le ragioni reali di questa situazione? Potremmo renderci conto che le ragioni stanno nella “rilevanza economica” della gestione, tesa a fare utili, legittimi per le società che svolgono attività commerciali, ma non nella gestione di un servizio pubblico che, al contrario, dovrebbe essere sostegno dei cittadini e volano per lo sviluppo.

Ad esempio nelle varie “false” eccellenze del Nord, in particolare della Lombardia, c’è anche quella delle minore perdite di acqua, ossia della differenza tra quanto prelevato ed erogato, che, con la media, sarebbe del 32,4%. È la vecchia storia del pollo, anche in questo caso c’è il “gestore”, non l’utente, virtuoso e il non virtuoso. Faccio un esempio per cercare di essere più chiaro. Nella ricca provincia di Brescia, dove i gestori significativi sono due, le perdite sono del 45,12% nel 2019 (47,19% nel 2018) da parte di A2A Ciclo Idrico, società controllata con il 100% da A2A spa, e il 49,50% nel 2019 (48,59% nel 2018) da parte di Acque Bresciane, società interamente pubblica di secondo livello (fonte EGATO Brescia). 

Un ulteriore esempio potrebbe essere quello della Conferenza 1 Nord Toscana (province di Massa Carrara e Lucca), dove la tariffa supera i 3 euro per metro cubo e le tariffe per il settore alberghiero, vitale per un territorio a vocazione turistica, sono superiori a 5 euro per metro cubo, le perdite sono del 53,11%. Smettiamola, inoltre, di comparare il costo al metro cubo di capitali di altri Paesi con quelle italiane, non hanno alcun significato se non accompagnate da un’analisi morfologica del territorio ma anche dai bilanci dei gestori. È un’informazione ingannevole.

Cominciamo invece a fare le analisi delle tariffe, partendo dal “metodo tariffario” (MT) predisposto da Arera (l’autorità con il compito della regolazione del servizio idrico), errato perché non si pone l’obiettivo della ottimizzazione del servizio ma l’utile del gestore, e comparandole con i bilanci dei gestori che sono pubblici. MM, gestore del servizio a Milano, realizza utili con una tariffa inferiore a 1 euro al metro cubo, Acea ATO2, controllata da ACEA spa, dove il socio di maggioranza è il Comune di Roma Capitale, con una tariffa inferiore a 2 euro al metro cubo, realizza utili, prima delle imposte, pari al 18,2% dei ricavi e li distribuisce quasi tutti a titolo di dividendo, salvo, poi, con gli stessi dividendi finanziare il gestore con addebito di interessi del 5,78% (nell’ultimo bilancio approvato circa 50 milioni di euro). Queste cose REF Ricerche non può dirle?

Vogliamo davvero aumentare le tariffe di 44 euro per abitante? È quello che i gestori si aspettano, non per ottimizzare o qualificare il servizio ma solo per realizzare maggiori utili e, magari, dividerli. Ritengo che una corretta informazione debba essere indirizzata al cambiamento di un sistema che migliori la gestione del servizio idrico, ma non solo, e che trasformi uno strumento di vessazione dei cittadini in uno strumento per il miglioramento della qualità della vita.

Non voglio dilungarmi oltre, sono già stato troppo lungo, ma il problema, non l’oro blu, merita approfondimenti e non superficialità. Io lo sto facendo lavorando ad un dossier, senza benefici economici personali, senza sponsor o clienti, ma solo al servizio dei cittadini, perché, su questi temi dovrebbe essere un “dovere civico”. Qualche giorno fa ho chiesto di poter intervenire ad un convegno organizzato da CISPEL Toscana, dove era presente anche REF Ricerche, mi è stato detto che non erano previsti interventi. Certo, in questo Paese importante è “suonarsela e cantarsela” senza interferenze magari non condivise. La stampa nell’interesse dei cittadini e dei suoi lettori dovrebbe essere strumento per il cambiamento anche di questo modo salottiero ed elitario di affrontare i problemi dei cittadini senza escluderli.

Remo Valsecchi, già commercialista, già membro del Forum nazionale dei movimenti per l’acqua

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