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Ambiente / Varie

La sostenibilità non ha credito

Le “esternalità ambientali” delle imprese che ricevono un prestito non sembrano considerate dalle banche

Tratto da Altreconomia 167 — Gennaio 2015

Nei bilanci degli istituti di credito difficilmente trovate queste quattro parole in fila: “Esposizione dell’impresa alle esternalità ambientali”. Secondo gli economisti Andrea Molocchi e Donatello Aspromonte, però, “se l’ottica dell’azione di una banca che si ispira a criteri di sostenibilità e di responsabilità sociale dev’essere quella di favorire la realizzazione di progetti solidi e socialmente utili, limitando i danni ambientali, allora questa dovrebbe valutare adeguatamente l’idoneità economico-sociale, di ogni progetto”. Molocchi e Aspromonte sono tra i fondatori del progetto ECBA, che sta per Environmental Cost-Benefit Analisys (www.ecbaproject.eu), che dalle pagine di un paper diffuso a settembre 2014 invita le banche a valutare l’erogazione di un credito “assumendo” come parametro anche le esternalità ambientali delle imprese affidate, cioè dei soggetti che chiedono e ricevono un prestito. Garantire credito a chi costruirà, e gestirà, una centrale termoelettrica a carbone, ad esempio, potrebbe avere un impatto ambientale complessivo superiore a un prestito che serve per acquistare materiale rotabile. Usiamo il condizionale, però, perché -come racconta Molocchi- “in Italia la promozione di una cultura scientifica di valutazione delle esternalità ambientali e sociali è stata sinora praticamente assente dalle politiche di governo, in particolare del ministero dell’Ambiente, così come del ministero dei Trasporti, nonostante la sussistenza nel nostro paese di pesanti esternalità ambientali”. Ciò che Molocchi suggerisce è che le banche non avrebbero, oggi, gli strumenti per comprendere le reali implicazioni nel medio e lungo periodo dei progetti che vengono finanziati, e che questo sarebbe dimostrato dal fatto che i tassi d’interesse applicati, dato che molti dei settori che godono di tassi più bassi, perché ritenuti dalle banche più solidi dal punto di vista finanziario, sono in realtà molto esposti alle esternalità ambientali. “Se una banca ha partecipazioni o eroga prestiti a lungo termine ad imprese che nel tempo generano rilevanti esternalità, queste potrebbero esporre l’istituto di credito a numerosi fattori di rischio”. Tra i fattori di rischio, oltre a quello reputazionale (come potrebbe essere l’esposizione nei confronti di un soggetto accusato, ad esempio, di disastro ambientale), ce ne sono alcuni che poggiano su solide basi di mercato, come il rischio di solvibilità di un’impresa (che potrebbe essere condannata a un risarcimento danni, o essere obbligata a bloccare l’attività produttiva), il venir meno delle garanzie reali fornite dai clienti delle banca o di maggiori spese relative all’introduzione di eventuali meccanismi di “internalizzazione” delle esternalità ambientali, ad esempio con una fiscalità che realizzi il principio “chi inquina paga” presente nella giurisprudenza europea. —
 
Nella foto, la centrale “Tirreno Power” di Vado Ligure (SV), di cui Sorgenia detiene il 39%. A breve, Intesa Sanpaolo -creditore dell’azienda energetica- ne diverrà azionista

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