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La riconversione delle scarpe

Gigi Periniello e Fabio Travenzoli si sono conosciuti grazie alle suole delle scarpe. Il primo è un agente di commercio per un’azienda marchigiana di suole stampate, il secondo è il proprietario di una piccola fabbrica familiare di scarpe, che esiste…

Gigi Periniello e Fabio Travenzoli si sono conosciuti grazie alle suole delle scarpe. Il primo è un agente di commercio per un’azienda marchigiana di suole stampate, il secondo è il proprietario di una piccola fabbrica familiare di scarpe, che esiste dalla fine del 1800, Astorflex. Entrambi provengono dal commercio tradizionale e tuttora la maggior parte del loro reddito proviene da attività esterne all’economia solidale. Un anno fa hanno però concepito l’idea di produrre delle scarpe interamente fatte in Italia, per i gruppi di acquisto solidali (Gas). 
“Faccio da sempre parte dell’enorme Gas di Padova Altragricoltura Nord Est -racconta Gigi-. Ad un certo punto ci siamo resi conto che acquistavamo solo alimentari. Cominciavamo ad avere bisogno anche di capi d’abbigliamento e la cosa che conoscevo meglio erano le scarpe”. Così è nata l’idea.

Dal 1989, dopo la caduta del muro di Berlino, Astorflex ha iniziato ad avere problemi a restare nel mercato delle calzature. Cominciavano ad arrivare i prodotti dall’Est europeo a prezzi estremamente competitivi e per far fronte alla nuova situazione la ditta ha scelto, come tanti, di delocalizzare una parte della produzione in Romania. Ancora oggi è lì che fanno cucire le tomaie (la parte superiore delle scarpe). Astorflex lavora prevalentemente per la grande distribuzione e per alcune multinazionali come Bata e Levi’s. “Non ho molta scelta -chiarisce Fabio-. Sono piccolo e sconosciuto per presentarmi sul mercato con il mio marchio. Di fatto vengo trattato come un terzista”. Le grandi aziende chiedono a Travenzoli di produrre delle scarpe a un certo prezzo e per starci dentro e ottenere un profitto lavora con materiali di bassa qualità e impiega manodopera estera pagata molto meno che in Italia. “Mi chiedono spesso di produrre scarpe a 20 euro, che poi nei negozi vengono vendute anche a 150 euro” precisa Fabio. Le royalty sull’uso di un certo marchio pesano oltre il 30% del prezzo finale della scarpa. La sfida è riuscire, all’interno di questo contesto, a rilocalizzare una parte della produzione di Astorflex in Italia, con materie prime di qualità e con un prezzo accessibile.

Gigi sottolinea la profonda differenza del loro nuovo approccio rispetto al mercato convenzionale: “Noi non siamo partiti da un prezzo, ma da un prodotto”. Insieme hanno scelto dei modelli classici di scarpe, le polacchine “desert boot” e i sandali. Poi hanno cercato i materiali con cui comporle. La suola è costituita dalla para, gomma naturale addensata con acido formico e lavorata in Italia per portarla al giusto spessore. Con l’acetone si scioglie e si attacca alla scarpa. Tutti i residui di lavorazione si recuperano per farne nuova suola. Il sottopiede è in cuoio, non in crosta, che è la parte meno pregiata della pelle e che di solito si usa per risparmiare sui costi. Sottopiede e fodera interna, le parti a diretto contatto col piede, sono conciate vegetali, e sono quindi prive di cromo. L’impatto ambientale della concia delle pelli è decisamente inferiore. I loro fornitori sono alcune concerie toscane che impiegano ancora metodi tradizionali a concia lenta, che non prevede l’uso di sostanze di origine petrolchimica, ma tannini ottenuti dalla mimosa e dal castagno. Per il camoscio esterno alle polacchine non sono ancora riusciti ad usare una concia interamente vegetale, mentre la tomaia dei sandali è pelle rovesciata conciata vegetale al 100%. Un problema dell’evitare di usare prodotti chimici è legato al fissaggio dei colori, che restano molto sensibili alla luce del sole e tendono ad ingrigirsi col tempo. Per legare le diverse componenti vengono usati adesivi all’acqua. Sul mercato delle calzature si trovano pelli di diversa qualità. Per risparmiare sul prezzo in genere si acquistano da America Latina (in particolare Argentina) e Bangladesh. Per la produzione per i Gas Astorflex chiede la garanzia ai suoi fornitori di usare solo pelli di macellazione italiana.

“Abbiamo dovuto reimparare a fare ciò che avevamo dimenticato” racconta Fabio. Con la delocalizzazione della produzione di alcune componenti delle scarpe sono andate perdute delle competenze che caratterizzavano il territorio in cui Astorflex lavora, a Castel d’Ario, tra Mantova e Verona. “Abbiamo anche dovuto determinare i costi -Fabio continua-. Non sapevamo più quantificare determinati lavori che da una ventina d’anni non facevamo più”. Ora sono in grado di produrre 150 paia di scarpe al giorno, con ritmi quindi industriali. Il successo coi Gas è stato enorme, in due sole stagioni (un anno solare) il fatturato delle scarpe “rilocalizzate” è arrivato fino al 10% del fatturato totale (5 milioni di euro) dell’azienda. In parte anche grazie a questa nuova attività, Fabio ha assunto quattro nuovi operai. Ora la fabbrica conta 34 dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato. Per Astorflex i margini di profitto sono gli stessi di quelli ottenuti con la grande distribuzione, il 4% circa. Gigi invece prende due euro al paio, è lui che si occupa della commercializzazione: “Praticamente tutte le sere mi incontro coi Gas di tutta Italia”. Ne ricava finora circa 700, 800 euro al mese, il suo sogno è quello che possa diventare il suo lavoro principale, mentre attualmente è il suo secondo lavoro.

Il canale di vendita è principalmente quello dei Gas, a cui si aggiunge la vendita on line e una ventina di botteghe del mondo. Ai mercatini vanno solo se invitati e solo per far provare le scarpe, senza quindi vendere. Il prezzo di una polacchina da adulto è di 42 euro. Il prezzo è completamente trasparente, sul sito si troveranno indicate tutte le voci che lo compongono. A breve verranno anche pubblicati i nomi di tutti i fornitori, con relative certificazioni di qualità.

Per la primavera 2010 Gigi e Fabio vogliono uscire con dei nuovi modelli. Ci stanno lavorando alcuni modellisti del veronese. La tomaia, più complessa, verrà affidata a fabbriche in prossimità. “La nostra è una battaglia contro l’inciviltà -dichiara Gigi. Vogliamo dimostrare che è davvero possibile produrre delle scarpe di qualità interamente fatte in Italia a prezzi accessibili. Ma questo è realizzabile solo cambiando il sistema commerciale, relazionandoci direttamente con il consumatore. Ai rapporti di forza imposti dalle grandi imprese noi proponiamo delle relazioni vere”.

update: su Carta uno scambio di pareri tra Paolo Trezzi, di Lecco ed i titolari di Astorflex

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